La Francia prosegue la battaglia verso la legge definita contro il “separatismo islamico”, ovvero sull’ingerenza dei principi religiosi islamici nella vita laica del Paese. Lo fa attraverso la nuova normativa, salutata dal Ministro degli Interni Gerald Dermanin come «un nuovo strumento dello Stato per combattere il separatismo e proteggere i cittadini dagli attentati». La legge contro il fondamentalismo islamico, il cui nome ufficiale è “per il rispetto dei principi della Repubblica”, preoccupa ed interroga tutte le confessioni religiose.
Questa legge, infatti, «rischia di violare le libertà fondamentali che sono la libertà di culto, di associazione, d’istruzione e persino la libertà di opinione». Questo è quanto denunciato in una lettera congiunta pubblicata su Le Figaro dai rappresentanti della chiesa cattolica, protestante e ortodossa in Francia. La normativa, voluta da Emmanuel Macron per contrastare l’Islam radicale, è al centro quindi di forti polemiche perché colpirebbe la religione musulmana e non il fondamentalismo e, secondo i cristiani, colpirebbe più in generale la libertà di culto.
Anche la Chiesa cattolica si sta mobilitando contro questo disegno di legge. Al microfono di Boulevard Voltaire, monsignor Marc Aillet (foto) sviluppa le ragioni dell’opposizione a questo disegno di legge
«Sottoscrivo pienamente le preoccupazioni espresse dalle Chiese cristiane in Francia. Con questa legge chiamata contro il separatismo, si passerebbe da un regime di separazione (sancito dalla legge del 1905) a un regime di subordinazione delle religioni allo Stato. Alla fine, è riprendere la pretesa di Bonaparte di porre le religioni in Francia sotto la supervisione dello Stato. Questo è ciò a cui si arriverà in Francia con questo controllo della libertà religiosa… Non dobbiamo dimenticare che la Repubblica è nata in un clima apertamente ostile alla Chiesa cattolica, alla sua influenza e alla civiltà giudaico-cristiana che incarna. La legge sul “separatismo” si applica a tutte le religioni e non nomina mai separatismo islamista, l’unico preoccupante».
Aline Lizotte, filosofa, teologa e saggista cattolica franco-canadese, denuncia le minacce totalitarie del governo:
«Con il pretesto di tutelare il “diritto privato” delle persone, costrette a sottostare ad atti che una cultura diversa non ammette, atti che anche le Chiese cristiane rifiutano (matrimoni forzati, mutilazioni sessuali di giovani ragazze, ereditarietà della disuguaglianza, incitamento all’odio, discriminazione multiforme), il progetto legislativo generalizza le restrizioni del diritto pubblico per tutte le assemblee religiose, anche quelle che non hanno nulla a che fare con questi atti… Può lo Stato francese rinunciare così alla parola data pubblicamente a qualsiasi Chiesa e comunità religiosa, privando il diritto pubblico della libertà religiosa con il pretesto di garantire il rispetto dei diritti privati? Ovviamente deve proteggere tutti i cittadini che sono sotto il suo governo.
Ma quando per farlo attacca il diritto alla libertà religiosa e cerca di far prevalere le sue indagini e interferenze in settori su cui non ha competenza legislativa, agisce come un governo tirannico. Soprattutto perché ha altri mezzi per agire. Quando gli Stati Uniti ammisero i mormoni come cittadini americani, proibirono loro la poligamia. Tuttavia, non hanno tentato di distruggere alcuna forma di chiesa o associazione religiosa. E hanno offerto loro la protezione del diritto pubblico per le loro assemblee e le funzioni gerarchiche delle loro comunità. Ciò che questo governo vuole eliminare non è che il cristiano che prega o grida davanti al suo Dio, ma che la gerarchia – i vescovi, i pastori e i ministri – possa avere un’influenza sociale determinante come Chiesa, soprattutto come Chiesa gerarchica. La Chiesa dovrebbe avere un’influenza preponderante sui progetti sociali dei programmi di governo, principalmente su tutti quelli che toccano i costumi, che promuovono le libertà dei valori trascendenti, quelli della fede e del pensiero, che guardano le grandi tradizioni che hanno strutturato questo Paese tanto per la famiglia quanto per l’educazione.
Questa è la lotta in cui siamo impegnati. Non è la nostra pietà religiosa che viene messa in discussione, non è solo la nostra libertà religiosa privata, è la nostra comunità o la nostra Chiesa. È il diritto pubblico di appartenere a gruppi che mantengono la libertà di pensare e vivere diversamente da ciò che ci offrono questi piccoli gruppi per i quali la legge della Repubblica è superiore alla legge di Dio».
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