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22.12.2024

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Direttore d’orchestra e il Paese reale
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7 Marzo 2021

Direttore d’orchestra e il Paese reale

«Ha commesso un grave errore nell’assumersi la responsabilità di declinare al maschile il proprio ruolo». Il tono solenne è quello delle grandi occasioni, degli sbagli imperdonabili, quelli di fronte a cui non si transige. A parlare è nientepopodimeno che la Conferenza delle donne democratiche della Toscana, dove per “democratiche” si intende ça va sans dire, del Partito Democratico, che scrivono: «Il linguaggio è stato e continua ad essere fondamentale nella battaglia di genere. Rinnegare questo assunto significa commettere un terribile errore storico. Lei è una direttrice e deve andarne fiera. Ha ragione quando dice che le competenze e il merito fanno la differenza. Ma lo fa anche il genere. Che non deve essere negato. Mai». Il tono è quello delle grandi occasioni, o meglio degli errori imperdonabili.

Nel mirino una donna, rea di non essere allineata al pensiero unico: Beatrice Venezi, 31 anni appena compiuti, la più giovane in Europa a dirigere un’orchestra. Elegantissima in un abito lungo di Armani, rosso magenta tempestato di paillettes nere, verdi e blu, con gonna sinuosa e drappeggio sul davanti, ha affiancato Amadeus in una delle serate del Festival di Sanremo. «Quando ci siamo incontrati a Sanremo Giovani – ha detto il conduttore – mi ha chiesto di essere chiamata “direttore d’orchestra” e non “direttrice”», e lei conferma: «Per me contano altre cose: la preparazione, il modo in cui si fanno le cose. La mia professione ha un nome che è “direttore d’orchestra”». Un soffio di freschezza, un bel coraggio, nel Festival che si trascina stanco tra poltrone vuote e le solite uscite blasfeme di fronte a cui nessuno alza più nemmeno un dito, uno schiaffo che al politicamente corretto che, come da copione non le è stato perdonato.

«A pochi giorni dall’#8marzo – scrivono le (sedicenti?) donne democratiche – ci auguriamo che la direttrice Venezi chieda scusa a tutte le #donne per questa uscita infelice e decisamente poco connessa col Paese reale, quello delle donne e degli uomini che ogni giorno combattono per una società di #diritti per tutte e tutti».

Non solo le Donne democratiche pretendono che chieda scusa, ma la accusano anche di – sic – essere decisamente poco connessa col Paese reale, il che sarebbe anche comico, se non fosse tragico il momento che stiamo vivendo. In compenso decisamente connesse – non col Paese reale ma con le Donne democratiche toscane – è il movimento “cugino” Non una di meno, che per lunedì ha organizzato il consueto sciopero (si saranno accorte che con la crisi occupazionale, è un lusso averlo ancora, un lavoro?). Il manifesto dice così: «Dai nostri diversi femminismi, intrecciati e potenziati dalla nostra connessione transnazionale, convochiamo tutt* l* donne, lesbiche, non binarie, trans, intersex, queer, migranti, indigen*, ner*, afrodiscendenti, allo sciopero femminista globale dell’8M 2021. Invitiamo tutte e tutt* ad interrompere ogni tipo di lavoro produttivo e riproduttivo, a riacquisire visibilità ovunque». A Milano il collettivo ha pensato bene di acquisire visibilità vandalizzando le vie cittadine: piazzetta Maurilio Bossi è “diventata” «piazzetta Sylvia Rivera, icona e militante per i diritti lgbtqia+, 1951-2002», Foro Bonaparte, è stato ribattezzato «Foto Tina Modotti, fotografa, attrice, militante rivoluzionaria, 1896-1942», via Mogadiscio è diventata «piazza Isabella Marincola, attrice, italiana, nera, antifascista, 1925-2010». L’iniziativa è stata rivendicata così: «le vie e le piazze della nostra città sono quasi sempre dedicate a uomini e a persone bianche, a volte degne di nota, ma spesso perché colonizzatori e stupratori o sterminatori in qualche guerra».

Che dire? Ormai se non ci metti un asterisco, un arcobaleno, o almeno la declinazione al femminile, vieni impallinata, ovviamente nel nome della tolleranza, del rispetto, dell’inclusione e della difesa delle donne (tranne quelle non allineate). Solo che – pur con il vento (culturale) in poppa – certe battaglie fuori dal tempo (e dal buon senso) non catalizzino alcun interesse se non quello di pochi ideologizzati come da copione amplificato dai media mainstream.

Noi – e il Paese reale – preferiamo Beatrice Venezi, direttore d’orchestra.

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