«La politica estera brasiliana deve essere parte del momento di rigenerazione che il Paese sta vivendo oggi». Era il 14 novembre 2018 quando Jair Bolsonaro, da pochi giorni eletto 38° presidente della Repubblica Federale del Brasile, annunciava su Twitter il nome del nuovo Ministro degli esteri. Colui che avrebbe rappresentato nel mondo gli interessi del gigante sudamericano – 210 milioni di abitanti, quinto Stato più esteso al mondo, grande quasi 30 volte l’Italia – e la visione politica di un governo scaturito da una vittoria dirompente, per molti impensabile fino a poco tempo prima. Il nome era quello di Ernesto Araújo, nato a Porto Alegre nel 1967, studi letterari all’Università di Brasilia e poi all’Instituto Rio Branco, l’alta scuola di relazioni internazionali porta d’accesso a Itamaraty, la Farnesina verdeoro. «Un diplomatico e un intellettuale», disse di lui Bolsonaro. E, avrebbe potuto aggiungere, fieramente cattolico. Con lui il Timone ha voluto fare il punto su alcune questioni.
Onorevole Ministro, le democrazie moderne sono nate contro le monarchie, per dare sovranità al popolo. Oggi chi cerca di difendere la sovranità popolare è definito «populista», «sovranista». Difendere la sovranità popolare sembra una posizione addirittura reazionaria. Come mai, secondo Lei?
«Innanzitutto non credo sia del tutto esatto, da un punto di vista storico, affermare che le democrazie moderne siano nate in opposizione alle monarchie. Per noi non è stato certamente così. Il sistema monarchico che il Brasile aveva nei primi 67 anni della sua vita indipendente (1822-1889) era probabilmente più democratico del sistema repubblicano che lo sostituì, o certamente… (per leggere l’intervista abbonati o acquista Il Timone)
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