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Vescovo di Rovigo: «Per vincere il covid abbiamo bisogno anche di Dio»
NEWS 17 Gennaio 2021    di Redazione

Vescovo di Rovigo: «Per vincere il covid abbiamo bisogno anche di Dio»

Rimasto in isolamento dallo scorso 11 dicembre per aver contratto il Covid, il vescovo di Adria-Rovigo, monsignor Pierantonio Pavanello (foto in alto), ha ottenuto il tampone negativo il 7 gennaio scorso. Anche le difficoltà dovute al principio di polmonite bilaterale che era stata riscontrata si sono risolte senza gravi conseguenze. Venerdì scorso, 15 gennaio, si è recato in pellegrinaggio al Santuario della Beata Vergine del Pilastrello a Lendinara (Ro) dove ha celebrato Messa. Pubblichiamo di seguito ampi stralci dell’omelia (fonte: Rovigooggi.it)

di Pierantonio Pavanello*

Quando ho cominciato ad intravedere vicina la guarigione dal covid e dalle sue conseguenze, mi è venuto spontaneo pensare che come primo atto pubblico alla ripresa delle attività avrei dovuto venire qui nella Casa di Maria, a ringraziare il Signore attraverso di Lei, «salute degli infermi» e «mediatrice di grazia», per tutti i doni ricevuti nel tempo della malattia: la guarigione in primo luogo, ma non solo come avrò modo di dire più avanti. E’ stata una decisione nata dal cuore, come quella di un figlio che desidera incontrare la Madre, una decisione che è frutto di una storia di fede e di devozione a Maria che affonda nell’esempio e nell’insegnamento dei miei genitori e che si è consolidata nel cammino della mia esistenza. (…) Ora divenuto polesano d’adozione sono qui ai piedi della Beata Vergine del Pilastrello (foto) per ringraziare e lodare con Lei il Signore e invocare guarigione e salvezza per i tanti ammalati di questa terribile epidemia.

(…) Permettetemi di dare a questo punto una mia personale testimonianza. Premetto che la forma da cui sono stato colpito fortunatamente non è stata grave (anche se avrebbe potuto diventarlo se la perizia e l’attenzione di chi mi curava non avesse individuato per tempo e curato efficacemente una pericolosa polmonite virale). Ho vissuto per un mese da solo nella mia residenza nel palazzo Vescovile, vedendo solo di tanto in tanto un’infermiera che veniva a visitarmi. Anche se non ho avuto grandi dolori, ho dovuto affrontare qualche disturbo fisico fastidioso. Eppure questo mese di malattia è stato un tempo di Grazia, in cui il Signore mi ha dato molte consolazioni: penso alla partecipazione carica di affetto di tante persone che si sono fatte presenti attraverso i molti mezzi che oggi abbiamo a disposizione, a chi si è adoperato per farmi la spesa e per portarmi qualcosa di già preparato per il pranzo, ai momenti di preghiera particolarmente intensi e alle risonanze nuove e speciali che i salmi e la Parola di Dio suscitavano nel mio cuore. Davvero, quando si entra nell’esperienza della fede «tutto è Grazia»!

Vorrei approfittare di questo momento, che è intimo e personale, ma ha anche un carattere pubblico, per richiamare l’attenzione su un aspetto che in questi mesi forse è passato in secondo piano, preoccupati come siamo stati (lo siamo tuttora) dell’aspetto sanitario, di quello sociale ed economico. Nella vicenda della pandemia c’è anche un aspetto religioso, spirituale di cui dobbiamo tenere conto e che può darci un potente aiuto ad uscire migliori da questa grande prova.

Il virus ci ha costretti a fare i conti con la nostra vulnerabilità: abbiamo toccato con mano che non siamo onnipotenti, che siamo esseri limitati e fragili. Non solo, abbiamo verificato che quelli che ritenevamo i nostri punti di forza (pensiamo alla globalizzazione, allo scambio con tutte le parti del mondo, alla possibilità di modificare l’ambiente naturale) sono in realtà una debolezza.

La presa d’atto del nostro limite può suscitare delusione, rabbia, addirittura disperazione. In realtà accettare di essere limitati, fragili, imperfetti non è altro che accogliere la verità del nostro essere: siamo esseri finiti, ma (e qui entra in gioco la visione religiosa della vita che ci apre un orizzonte completamente diverso) siamo creature: la nostra vita non è frutto del caso, c’è un Padre che ci ha creati e che continua ad accompagnarci, un Padre che non ci toglie il limite della nostra condizione, ma che ci insegna a vivere dentro questo limite e a trasformarlo nel punto di partenza per vivere nella carità e nella giustizia, facendo dell’umanità una sola famiglia dove tutti sono fratelli.

Per vincere il covid abbiamo bisogno anche di Dio, non il Dio onnipotente dei filosofi, ma il Dio di Gesù Cristo, il Padre Misericordioso. La misericordia di Dio è il dono che Lui ci fa dello spirito di fraternità e amicizia. La misericordia, è bene richiamarlo, non consiste nel privilegio di renderci invulnerabili. Dalla fede in questo Dio ci vengono il coraggio e la fiducia che proprio nei momenti difficili si aprono nuove vie, capaci di ricongiungere uomo e natura, uomo e uomo, uomo e Dio.

Al termine della Messa rinnoverò l’atto di affidamento a Maria compiuto all’inizio della pandemia, il venerdì 6 marzo dello scorso anno. Affidiamo a Lei, la nostra Madre, il nostro popolo chiedendo di salvarci da questo terribile flagello, In modo particolare chiediamo la guarigione per gli ammalati, la forza per coloro che li curano e la saggezza ai responsabili della cosa pubblica. Impariamo da Lei a vivere con fede e con umiltà questo tempo difficile perché diventi per noi e per tutta l’umanità un tempo di Grazia.

*Vescovo di Adria-Rovigo


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