«Il Natale celebra la nascita di Gesù di Nazareth. Con la nascita di Cristo misuriamo i secoli e si fonda la nostra civiltà». Grande è stato lo sconcerto in Spagna quando la presidenta della Comunità autonoma di Madrid, la popolare Isabel Díaz Ayuso ha inaugurato il tradizionale presepe alla Puerta del Sol curato dall’associazione dei presepisti madrileni. Un riferimento a Cristo, parlando di Natale e di Presepi. E che riferimento, perché la Diaz Ayuso è cattolica e ha rimesso per certi versi Gesù Cristo al centro della storia.
Ecco perché grande è lo stupore dei media, anche quelli cattolici, che hanno sottolineato il coraggio dell’esponente politico spagnolo, nell’affrontare il tema della fede cattolica. Anche per chi, come lei, a quanto pare, e stando alle sue dichiarazioni, pur avendo perso la fede, condivide «i valori della fede cattolica di rispetto della vita e della famiglia». E’ quello che suggeriva Benedetto XVI quando invitata a «vivere come se Dio esistesse».
È proprio vero quello che scriveva Vittorio Messori nel suo incipit di Ipotesi su Gesù: di Cristo non si parla tra persone perbene. E nemmeno se c’è da inaugurare un presepe, che fino a prova contraria dovrebbe essere il suo luogo, il suo habitat, il suo contesto naturale. Niente da fare. Anche nel contesto neutro e neutrale di un appuntamento tradizionale e apparentemente innocuo, parlare di Gesù desta stupore. E magari anche qualche fastidio.
Infatti, si scopre che l’emittente RTVE nel seguire la notizia ha stagliuzzato proprio i riferimenti che la governatrice ha fatto all’incarnazione divina durante il suo discorso e si è concentrata su quelli più accettabili. Mezzucci, si dirà, ma fanno capire come il sistema mediatico sia intrinsecamente alieno dal tema della fede. La Diaz Ayuso infatti non ha mostrato di temere affatto certe alichimie linguistiche della politica, ma per i giornali sembra che la cosa debba scivolare via come acqua sul goretex. Non così la gente che invece, anche sui social ha ammesso di aver apprezzato le parole della Ayuso, segno che il problema non è il parlare della fede nei contesti pubblici, ma il timore di passare per bigotti o troppo clericali.
«Sui Vangeli, la cultura greca e il diritto romano si fondano la nostra cultura, le nostre politiche, la nostra visione del mondo», ha ribadito con coraggio e senza timore di essere derisa.
Ha poi proseguito: «Per questo la Spagna è sempre stato un popolo universale e inclusivo, che promuoveva l’ibridizzazione in America e che trattava l’altro, il diverso, come persona. Essere cattolico è l’antitesi dell’essere razzista e antisolidale. Inoltre, è la celebrazione della famiglia, e dell’infanzia. Sono tutti pilastri della nostra civiltà occidentale».
C’è tutto: la difesa della persona dagli attacchi della dittatura dei nuovi diritti, la fede cattolica come catalizzatore di popoli, la famiglia naturale da difendere, l’infanzia da proteggere, proprio in un momento in cui in Spagna si sta votando l’ennesima legge liberticida contro l’educazione, la ley Celàa. Effettivamente, messo in questi termini non c’è niente di più politicamente scorretto e se il Natale di Cristo è questo allora è comprensibile che i giornali generalisti abbiano cercato di censurarla. Avercene di politici che, pur dichiarando di aver perso la fede parlano meglio di tanti cattolici adulti.
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