Gli ultimi dati confermano una contrazione dei posti di lavoro rispetto allo scorso anno, com’era previsto. Autonomi e dipendenti a tempo determinato i più colpiti. Ma lo sconvolgimento in atto fa anche intravedere nuove forme per ricominciare; l’analisi di Antonio Grizzuti.
Ma che il mondo del lavoro fosse cambiato era oramai evidente anche prima di questo 2020 interamente stravolto dal virus. L’affievolirsi dei sindacati, l’imporsi degli inglesismi nel lessico professionale, l’apertura perenne dei centri commerciali, l’organizzazione per obiettivi e non più per orario di lavoro sono solamente alcune delle novità che, nel corso dell’ultimo decennio, hanno visto mutare considerevolmente il contesto all’interno del quale i lavoratori sono chiamati a prestare la propria opera. Il passaggio non è stato facile e viene scandagliato, guardando anche al domani, da Stefano Parenti, psicologo e psicoterapeuta. In che senso l’uomo ha bisogno di lavorare? Non sogniamo un po’ tutti di sistemarci per poi incrociare le braccia nell’ozio? Perché lavoro?
La penna di Pippo Corigliano chiude il Primo piano del Timone per ricordarci che c’è un di più che sfugge ai più… (per leggere il Primo piano acquista il Timone o abbonati)
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