Pubblichiamo ampi stralci dell’omelia pronunciata da monsignor Nazzareno Marconi alla Domus San Giuliano di Macerata il 31 agosto 2020 (fonte: Diocesi di Macerata)
Di Nazzareno Marconi*
(…) Al Vescovo spetta di ricordare ciò su cui si fonda la fede e la vita credente e magari mettere sull’avviso quando percepisce che, dietro le pieghe di un passaggio storico, ci sia forse più di quello che appare a prima vista. Ho infatti la sensazione che sia in atto un confronto non solo sulle soluzioni tecniche per risolvere problemi di natura economica, produttiva, di sicurezza sociale o altro. C’è anche un livello più profondo, in cui si tratta di decidere quale idea di uomo e di società si vuole portare avanti.
Scegliere bene da questo punto di vista è più difficile perché la visione cristiana è presente nei vari schieramenti, ma in maniera parziale, accentuando un aspetto o l’altro, ma quasi ovunque lasciando indietro elementi tutt’altro che secondari.
Perciò potrei dire che: chiunque vincerà sarò un po’ scontento, o meglio che dal mattino dopo mi batterò perché non vengano dimenticati quei temi e quei valori che per noi Cristiani non possono essere lasciati da parte. Chiunque sarà eletto sappia perciò che in città ci sarà un Vescovo scomodo.
Attenti a una visione antropologica parziale. (…)
Quale visione dell’uomo ci viene proposta?
La questione dell’uomo non è perciò secondaria, non è una fissazione dei preti e dei filosofi. Perciò è importante chiedersi: che visione dell’uomo abbiamo e che tipo di mondo vogliamo costruire? Ed anche chiederlo a chi ci domanda la fiducia ed il voto.
In questi tempi si è parlato spesso di “nuovo umanesimo”. Se con questo si intende che bisogna riscoprire il valore dell’uomo rispetto alla macchina ed al denaro, può essere un linguaggio buono. È quello che dice anche il bello slogan della nostra Università: “L’umanesimo che innova”. Ma se si trattasse di realizzare un progetto di uomo del tutto nuovo e molto diverso da quello delle generazioni che ci hanno preceduto, sarebbe il caso di preoccuparsi. Se l’uomo nuovo che si vuol costruire e moltiplicare fosse: un individuo solitario, pieno di diritti e senza doveri, senza natura e senza storia e radici, che afferma sé stesso senza legami con gli altri. Allora questo supposto “umanesimo” non sarebbe né cristiano, né compatibile col cristianesimo. Lo dico chiaro, sarebbe un progetto davvero pericoloso.
Il rischio della tecnocrazia.
Purtroppo il grande male di questo secolo, e di questi decenni, è la tecnocrazia: cioè il pensare che l’uomo possa raggiungere la felicità tramite la tecnica. Quindi se il nostro corpo è fragile e mortale la tecnica può risolvere: basta trovare le norme e i protocolli di cura giusti. Se c’è violenza ed ingiustizia, bastano leggi chiare e forze dell’ordine ben equipaggiati per risolvere tutto. Nell’economia, la tecnica ben registrata potrebbe far aumentare senza fine il benessere… Ci siamo così dentro a questo modo di pensare, che crediamo senza grossi dubbi al fatto che basti un aumento del PIL per essere tutti felici!
Ma per quanta tecnica useremo non potremo sfuggire alla vecchiaia ed alla morte. Avere tanti soldi ci farà trovare tanti amici interessati, ma non ci garantirà l’amore vero di nessuno. Il senso della vita e la voglia di viverla, non lo può dare nessun elettrodomestico, per quanto sofisticato.
La salvezza dell’uomo, la tua salvezza, cioè la tua vita piena e buona non è un problema di tecnica, ma di umanità, di incontro, di dialogo, di collaborazione, di relazione positiva e buona con gli altri. Questo insegna l’umanesimo cristiano.
Il cuore della nostra fede, come dice la seconda lettura, è che non ci salviamo da soli, ma che è “Gesù mandato dal Padre che ci salva”. (…)
*Vescovo di Macerata-Tolentino-Cingoli-Treia
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