Alain Cocq ha dichiarato che smetterà di farsi alimentare e idratare alle ore 00.00 di sabato 5 settembre 2020 (oggi, per chi legge) e la sua agonia potrà essere seguita in diretta Facebook.
Questa la decisione cui l’uomo è giunto dopo aver interpellato anche Emmanuel Macron rispetto alla possibilità di darsi la morte ingerendo un “farmaco” (lo scriviamo tra le virgolette perché il termine è improprio, dal momento che non si va a curare, bensì a uccidere): pur mostrandosi a lui vicino, infatti, con una risposta scritta resa nota nella giornata di giovedì 3 settembre il presidente francese non ha potuto far altro che constatare che «l’aiuto attivo a morire non è oggi permesso nel nostro Paese». Questo alla luce del fatto che, ad oggi, la legge francese (n° 87 del 2016), consente che solo in specifici casi, tra i quali quando la morte è imminente, il paziente possa richiedere una «sedazione profonda e continua che provochi un’alterazione della coscienza mantenuta fino al decesso, associata ad analgesia e all’arresto dei trattamenti di sostegno vitale».
In merito alla sua decisione, scriveva Cocq sempre sul suo profilo Facebook, non più tardi di qualche giorno fa: «Desidero fornire alcune precisazioni sullo svolgimento relativo alla fine della mia vita. Nel caso avessi una risposta positiva alla mia richiesta, allora sabato 5 settembre nel pomeriggio prenderò in diretta la mia caramella, come la chiamo, e mi addormenterò con un sonno che mi porterà sollievo permanente di tutti i miei dolori, che sarà seguito – da 10 a 30 secondi dopo – dalla mia morte. Nel caso di un rifiuto, che sarà la risposta più probabile, allora venerdì 4 settembre prima di coricarmi sospenderò l’alimentazione, l’idratazione e tutte le cure, tranne la morfina».
Ma chi è Alain Cocq? È un uomo di 57 anni, residente a Digione, in Francia, che all’età di 23 anni ha scoperto di essere affetto da una patologia incurabile e degenerativa ancora senza nome, la quale in sostanza provoca «assenza o insufficienza della circolazione sanguigna all’interno degli organi e dei tessuti». Come lui, solo altre due persone al mondo, peraltro già decedute.
Cocq si dichiara «cattolico non praticante» e, a coloro che gli hanno fatto notare che l’eutanasia non è consentita per un cattolico, ha ribattuto con: «Non giudicate!».
Lui oramai ha scelto, non è dato sapere quanto liberamente e quanto no, e quanto sia stato accompagnato a comprendere il valore che si racchiude anche nella sofferenza: ora che la sua invalidità lo costringe a letto e che la sua morte naturale inevitabilmente si avvicina, ha deciso di immolare la propria vita alla causa del diritto all’eutanasia.
Una vicenda, la sua, che nella drammaticità rivela quanto la finestra di Overton si stia spostando rapidamente nel senso di normalizzare l’eutanasia: da un lato, tramite l’uso della neolingua, che tramite il linguaggio va a incidere su quella che è l’analisi della realtà, come appare per esempio nel fatto di far passare per “cure” l’alimentazione e l’idratazione, o nel catalogare come “caramella” quella che è invece una pillola atta a dare la morte; dall’altra, facendo leva sulla spettacolarizzazione: l’agonia di un malato diventa un evento pubblico, da vivere in diretta, rompendo qualsivoglia argine di privacy e rispetto.
Vedremo così si evolverà la vicenda nelle prossime ore: naturalmente la speranza è che Cocq cambi idea e torni sui suoi passi. Ma se così non fosse, da credenti, la speranza è sempre che, prima dell’ultimo respiro, arrivi a piangere nel segreto del suo cuore una «lagrimetta» di pentimento e possa aver così salva l’anima.
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