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La Francia individualista (e disperata) sotto le insegne di un topless
NEWS 28 Agosto 2020    di Andrea Zambrano

La Francia individualista (e disperata) sotto le insegne di un topless

Liberté, Egalitè e … nudité. Spiace rompere il quadretto così ben formatosi che ieri ha finalmente unito la Francia nel nome della difesa del topless. In realtà, quello di tenere i seni al vento in spiaggia è una moda che non esalta il diritto alla libertà, ma solo una pretesa alla nudità. Perché il diritto alla libertà – se è per questo – ce lo aveva anche la famiglia che a Sainte-Marie-la-Mer ha vibratamente protestato con la gendarmerie. Si chiama libertà educare i propri figli anche al rispetto del corpo e alla cura degli occhi. Al pudore, alla morigeratezza.

Signori mei, se la Francia ormai cadente più delle tette al vento di queste signore sicuramente avvizzite (una donna giovane e bella ha ben altre occasioni per mostrare le sue grazie a chi vuole lei) si unisce in un sol grido per questo e non per le chiese incediate e i preti ammazzati sugli altari, vuol dire che la frittata è fatta.

Tutti insieme a protestare per il patrimonio nazionale lasciato dalla liberazione erotica, partita dalla vicina Saint Tropez: il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che dichiara che la polizia ha sbagliato a far coprire quelle donne perché «la libertà è un bene prezioso» e dall’altro lato i lepeniani che addirittura riconducono l’affronto fatto a queste zizzone impenitenti alla Sottomissione teorizzata da Michel Houellebecq nell’omonimo libro.

Che vecchiume, che chincaglieria è l’immaginare le tette al vento come un simbolo di libertà, sa di anni ’60, sa di spiagge porcaio di Cap d’Agde. Sa di inno all’emancipazione ormai rinsecchito. Sa di diritto alla nudità e alla sessualizzazione esibita in cui credono ormai solo pochi giornali e qualche vestale rimasta impigliata con i pantaloni in vecchie Due cavalli scarburate.

«La pratica del topless in realtà – si stupiscono le agenzie – sta diminuendo, secondo un sondaggio realizzato dall’istituto Ifop su 5000 donne europee, delle quali 1000 francesi. Nel 1984 le francesi che stavano in spiaggia in topless erano il 43%, dieci anni fa sono scese al 28% e oggi al 20%». Il motivo? «C’è il timore di venire infastidite, il fatto che togliersi la parte superiore del costume possa venire interpretato come un ammiccamento sessuale, e la paura di una critica al proprio corpo».

Perché, spiegateci, se una esibisce le sue grazie all’occhio degli altri, poi dovrebbe pretendere che i maschietti non le diano il voto? Addirittura, in Francia è materia di sociologia: «In un mondo che valorizza la giovinezza e la bellezza tenere il reggiseno in spiaggia è più una questione di paura del giudizio degli altri che di pudore, più un problema estetico che morale». Ecco dunque da dove nasce questo elogio del topless come patrimonio nazionale: è minacciato dal tempo che passa, dall’ossessione del machismo e dall’ansia di rispondere ai cliché della bellezza che non sono severi, ma giusti. Eccoli i valori.

A nessuno – scusate – sorge il dubbio che forse il topless non tira più perché semplicemente le donne, al di là delle mode che passano, siano invece molto più pudiche e migliori di come le volete per forza dipingere dopo decenni di liberazione? Che magari una donna lo sa anche senza aver fatto studi di teologia che il suo corpo è tempio da custodire? Sacello inviolabile perché destinatario di vita e nutrimento, come sono appunto le zone erogene delle donne?

Non è Sottomissione l’opera di Houellebecq da citare, ma Le particelle elementari: la liberalizzazione sessuale come ideale collettivo che si mostra invece come l’imposizione di un nuovo individualismo, che ha distrutto l’idea di coppia e di famiglia. Il povero protagonista Bruno aderisce per necessità e solitudine al canone liberale dell’avventura e trova una donna disperata e disinibita come lui: fanno sesso confondendo il piacere con la licenza, senza curarsi di niente e nessuno intorno, adombrando l’amore soltanto quando ormai è troppo tardi. Finirà con un suicidio, quando lei, Christiane, immobilizzata dalla malattia, comprenderà che la prospettiva del suo declino fisico l’avrebbe portata al nulla. Cos’era più prezioso da salvaguardare? Il diritto alla nudità di donne libere e individualiste o il diritto alla libertà di educazione di una comunità fatta di mamma, papà e figli? La risposta sconfortante è negli strepiti sessantottardi di oggi. Eccola ici la Francia delle nudità costituzionali.


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