La «lunaticità» della Chiesa si manifesta soprattutto nelle continue oscillazioni davanti a noi della sua luminosità. Come la luna, anch’essa è in sé sempre allo stesso modo «rivestita di sole», ma non allo stesso modo appare al nostro sguardo. Arrivano momenti in cui il fulgore è sottile come una lama e basta appena a indicare una presenza, e momenti in cui ogni luce pare addirittura inghiottita dalla notte: c’è un’ora delle tenebre, anche se non c’è una loro vittoria definitiva.
Ci sono nella storia giorni che sembrano addirittura consumare progressivamente fino all’estinzione ogni bagliore ecclesiale. Poi il chiarore ritorna e cresce e pare addirittura farsi più forte e più bello.
Anche nella vicenda del mio spirito la Chiesa alterna le sue fasi diverse, ma non scompare mai, se non quando voglio chiudere gli occhi e positivamente escluderla dal mio cielo.
Poi ci sono le eclissi, quando la Chiesa pare frapporsi fra me e il sole di giustizia, e quasi capovolgendo la sua missione originaria mi rende difficile il mio cammino verso Cristo. Ma sono momenti rari e brevi, anche se profondamente angoscianti. Istanti in cui tutto sembra perduto: perché senza la luce del Risorto non posso neppure intravvedere il Padre e senza la Chiesa oggi viva e operante, anche il Signore Gesù è una ipotesi lontana e scarsamente probabile. E proprio in quegli istanti tutto si riconquista, perché la fede cresce più forte e come nuovamente donata. (Giacomo Biffi, Quando ridono i cherubini, Edizioni studio domenicano 2006, pag. 114-115)
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