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E se Gesù non fosse mai nato?
NEWS 29 Dicembre 2019    di Redazione

E se Gesù non fosse mai nato?

Le radici della nostra civiltà affondano in Lui e senza di Lui semplicemente non sarebbero. Ecco alcuni esempi in pillole:

OSPEDALI

La fioritura degli ospedali e della cura dei malati nasce dalla fede, dall’identificazione del povero e del malato con Cristo sofferente. Nella sua vita terrena, Gesù è stato guaritore di corpi e di anime e lui stesso sofferente, come dicevano i teologi medievali: “Christus medicus et infirmus”. C’è anche un modo di intendere l’uomo nel suo valore intrinseco e di vedere nel corpo non – come credeva Platone – un «involucro, immagine di una prigione» (Cratilo, 400 C), bensì la componente fisica della persona umana, per la prima volta concepita e apprezzata in modo unitario. I numerosi ospedali nati nel Medioevo, in genere presso monasteri, venivano chiamati “Domus Dei”, “Casa di Dio”. In America Latina, in Asia e in Africa i primi ospedali sono stati fondati dalle missioni cattoliche e protestanti e ancor oggi la sanità delle Chiese cristiane occupa un ruolo importante in non pochi paesi. (F. Agnoli)

DIGNITA’ DEI BAMBINI

Con la diffusione del cristianesimo aborto e infanticidio divengono culturalmente inaccettabili e quindi fenomeni più rari e circoscritti. Se nell’Impero romano l’esposizione di neonati non desiderati era diffusa, i cristiani condannavano tale pratica come omicidio. Come ebbe a dire Giustino Martire (100-165 d.C.), «ci è stato insegnato che è malvagio esporre perfino i neonati […] perché in tal caso saremmo degli assassini» (citato in “Writings of Saints Justin Martyr, Christian Heritage 1948). Le legislazioni, a partire da Costantino, vietano l’infanticidio e aiutano le famiglie bisognose perché non ricorrano alla vendita dei loro figli per motivi economici. (fonte)

DIGNITA’ DELLA DONNA

Una delle grandi novità storicamente rilevabili apportate dal cristianesimo riguarda la concezione della donna. Sovente secondaria e marginale, almeno in linea di diritto, nel mondo greco; sotto perpetua tutela dell’uomo, padre e marito, nel mondo romano; ostaggio della forza maschile, presso i popoli germanici; passibile di ripudio e giuridicamente inferiore nel mondo ebraico; vittima di infiniti abusi e violenze, compreso l’infanticidio, in Cina e India; forma inferiore di reincarnazione nell’induismo tradizionale; sottoposta alla poligamia, umiliante affermazione della sua inferiorità, nel mondo islamico e animista; vittima presso diverse culture di vere e proprie mutilazioni fisiche; sottoposta al ripudio del maschio, in tutte le culture antiche, la donna diventa col cristianesimo creatura di Dio, al pari dell’uomo. (Francesco Agnoli, fonte)

MATRIMONIO

Il matrimonio cristiano è imprescindibilmente monogamico e indissolubile. Esso quindi sottintende e implica anzitutto la pari dignità degli sposi: non è lecito ad un uomo avere più mogli, nel suo gineceo o nel suo harem! Non è lecito, in virtù della sua maggior forza, ripudiare la moglie, come fosse un oggetto, né sostituirla con delle schiave! E neppure, ovviamente, il contrario. Tutta la storia della chiesa, per quanto riguarda la morale coniugale, tende a salvare proprio questa pari dignità: vietando ovviamente ogni antico diritto di vita o di morte dell’uomo sulla donna; tutelando il più possibile il libero consenso degli sposi, già partire dai primi secoli quando Agostino ricorda che “l’intervento dei genitori non è di diritto divino”, cioè non è necessario, come per gli antichi, e aggiunge umoristicamente che “altrimenti Adamo avrebbe dovuto essere presentato a Eva da suo Padre”; innalzando l’età del matrimonio della donna (che per i romani erano sovente i dodici anni) e quindi la sua responsabilità e libertà; ostacolando il più possibile la possibilità dei genitori di violare la libertà dei figli, e in particolare ai padri di decidere il marito della figlia; combattendo l’abitudine dei matrimoni combinati, soprattutto tra i nobili; contrastando in ogni modo i matrimoni forzati, in cui solitamente era la donna a fungere da vittima; impedendo, in questo caso a tutela della salute dei figli, i matrimoni tra consanguinei…(F. Agnoli, fonte)

ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITU’

Se infatti siamo tutti figli dello stesso Padre, è giocoforza riconoscere la nostra uguaglianza dinnanzi a Lui. Per questo Marc Bloch nota giustamente che il solo sedere accanto, durante la liturgia divina, di padrone e schiavo cristiani, fu una rivoluzione culturale immensa. Lo schiavo, figlio anche lui del “Padre Nostro”, non era più da meno di una porta (Plutarco), neppure un mero instrumentum vocale (Catone), ma era, appunto nientemeno che figlio di Dio. Così nella Lettera di Barnaba si poteva leggere: “Non comandare amaramente alla schiava o allo schiavo tuo che sperano nello stesso Dio, onde non ti avvenga di non temere Dio che è sopra te e sopra loro”; analogamente Lattanzio affermava che padroni e servi “sono pari” perché “fratelli”, mentre Clemente Alessandrino insegnava: “Gli schiavi debbonsi adoperare come noi adoperiamo noi stessi, giacché sono uomini come noi, e Dio è eguale per tutti, liberi e schiavi”. Fu dalla visione teologica cristiana, dunque, che derivò il progressivo sgretolarsi dello schiavismo romano, che era sì già in crisi, ma non certo defunto; fu per questa stessa fede che Costantino vietò la crocifissione, i giochi gladiatorii negli stadi, dove gli schiavi venivano divorati dalle belve, il marchio a fuoco sugli schiavi stessi e la vendita dei bambini esposti. (F. Agnoli, fonte)

ECONOMIA

L’abitudine protocristiana di parlare di salvezza dell’anima in termini economici condusse in Occidente prima di tutto allo standardizzarsi di linguaggi economici fortemente intrisi di teologia, o se si preferisca strutturati a partire dai vocabolari giuridici dello scambio, e in secondo luogo alla divulgazione di una razionalità economica chiaramente orientata in senso religioso, ossia codificata in termini di ritualità religiosa. Se la ricerca di un profitto e l’aumento di un capitale monetario così come la competenza di un cambiavalute potevano valere da modello logico di riferimento per tutti quanti, da cristiani, intendevano accumulare un patrimonio di buone pratiche collettive che poi, investito e moltiplicato, si sarebbe tradotto nella felicità eterna, ne risultava che la dinamica dei mercati e le logiche dell’investimento profittevole venivano a trovarsi al centro della vita pubblica dei cristiani non soltanto per ragioni di utilità ma anche e soprattutto per ragioni metodologiche e religiose, inerenti cioè strutturalmente all’identità civica e politica di quanti si dicevano cristiani. (…) Due fenomeni storici furono tuttavia decisivi nel processo che condusse gradualmente questa definizione sacralizzata delle relazioni di mercato ad affermarsi come linguaggio corrente dell’esperienza economica e politica: la diffusione delle istituzioni monastiche e la collaborazione o per meglio dire la fusione politico-religiosa che si realizzò in Europa fra poteri ecclesiastici e poteri regi e imperiali. (G. Todeschini, fonte)

SCIENZA NATURALE

Risulta determinante lo spirito con cui ci si pone di fronte al mondo materiale. Il cristiano crede che il mondo è buono. La materia fu ulteriormente nobilitata dall’Incarnazione, allorché «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). La materia è ordinata e razionale, perché fu creata da un Dio fonte di razionalità. Nel Libro della Sapienza leggiamo che il Creatore «ha tutto disposto secondo misura, calcolo e peso» (Sap 11,20), una delle frasi della Bibbia maggiormente citate durante il Medioevo. L’ordine del mondo materiale è frutto di una libera scelta di Dio. Egli avrebbe potuto creare il mondo in molte altre maniere, ma scelse di crearlo così. Ciò indica l’importanza delle nostre convinzioni teologiche in rapporto al nostro modo di concepire il mondo materiale. Si attribuisce a Dio, allo stesso tempo, la razionalità e la libertà. Se si pone troppa insistenza sulla sua razionalità a scapito della sua libertà, ci si trova allora di fronte a un mondo chiuso e necessario, senza nessuna possibilità di scienza. Se, al contrario, si accentua troppo fortemente la libertà di Dio a scapito della sua razionalità, eccoci di fronte a un mondo totalmente imprevedibile, e, ancora una volta, senza alcuna possibilità di scienza. I cristiani credono che l’ordine della natura sia accessibile alla mente umana e credono che sia possibile acquisire conoscenze sul mondo, perché Dio comandò all’uomo di dominare la terra (Peter E. Hodgson, Disf)

POLITICA

L’idea di bene comune e di legge naturale, corroborate dalla Rivelazione, sono alla base dei sistemi politici cristiani. Sistemi che sono ben rappresentati dalla celebre espressione di Gesù, mentre gli viene chiesto se sia giusto pagare le tasse a Roma: “Date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio”. Questa formula è densissima, e occorre sottrarla alla sua banalizzazione tipica dell’era contemporanea. Essa dice certamente della necessità di non confondere e sovrapporre la Chiesa allo Stato, il Papa all’imperatore. Ma non si ferma qui, come vorrebbe il pensiero laico e liberale contemporaneo. Innanzitutto, Nostro Signore ordina di dare a Dio ciò che gli spetta, e questo dovere ricade innanzitutto su ogni sovrano, sia esso un re o un parlamento. In questo modo, la fede si ritaglia un ruolo pubblico innegabile, e si propone come guida dello Stato per riconoscere il vero e il bene. La storia dimostra che, senza questa bussola, gli Stati scivolano sempre nel più disumano relativismo. Dall’altro lato, Gesù ricorda al cristiano che è suo dovere essere un leale suddito del potere costituito, a patto che l’autorità non sia iniqua e rispetti la Chiesa e il bene comune con le sue leggi e i suoi decreti. Questa mirabile lezione del cristianesimo fu alla base di secoli di ordinamenti politici, anche se oggi il mondo – sotto questo profilo – ha obiettivamente imboccato una strada completamente diversa. (M. Palmaro, Il Timone, dicembre 2013)


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