«Gesù stesso sulla via di Emmaus non viene riconosciuto tanto che Gesù spiega la verità della Bibbia, che significa la verità della sua stessa presenza, spiega perché i discepoli non credono più. Quindi l’apologetica – comunque la si chiami – serve eccome, anche oggi. Il Vangelo è vero o no? Questa domanda esisterà fino a che esisterà il mondo ». Quarantatré anni dopo la pubblicazione del suo Ipotesi su Gesù – caso editoriale storico nel panorama cattolico: tradotto in 22 lingue, più di un milione di copie vendute – Vittorio Messori spiega così la nuova edizione ampliata del suo libro, per le edizioni Ares.
«Per me quel libro è sempre stato un po’ un mistero, a quei tempi la Chiesa sembrava aver del tutto dimenticato l’apologetica e io avevo deciso di pubblicare con un editore cattolico, ragion per cui tutto mi sarei aspettato tranne che un successo così clamoroso. Tra l’altro il successo è stato dovuto non certo alla pubblicità, bensì unicamente grazie al passaparola. Chi leggeva il libro poi lo consigliava ad amici, familiari, conoscenti e questa è stata la sua fortuna»
Quindi non si immaginava di sollevare tanto interesse.
«In fondo mi sembrava di aver scritto delle cose del tutto ovvie per i cattolici, anche se evidentemente non era così. Da subito infatti – cosa che mi ha stupito e amareggiato non poco – hanno iniziato a scrivermi moltissimi sacerdoti e suore ringraziandomi “perché finalmente avevano trovato le ragioni della loro fede”. Parole di fronte a cui io, che mi ero appena convertito, provavo un enorme stupore. Mi dicevo “eppure queste cose dovrebbero saperle”. Io avevo pensato questo libro per quelli come me, per i lontani, per coloro che il cattolicesimo non lo conoscevano. Invece lo hanno letto moltissime persone che cattoliche lo erano già, e oggi, a distanza di 43 anni, questo libro è stato ristampato a furor di popolo perché molti si lamentavano di non trovarlo più»
Tante persone si sono anche convertite leggendo questo libro, molte le anime che sono state toccate nel profondo. Che testimonianze ha ricevuto nel corso degli anni?
«Ho a casa 20, 30 faldoni, non so quanti siano esattamente, non li ho mai voluti contare, pieni di lettere di persone che mi hanno scritto dopo aver letto Ipotesi su Gesù, persone che leggendolo hanno scoperto Cristo, chi mi ha spiegato di aver trovato la conferma della propria fede, chi mi ha raccontato di essersi avvicinato a Gesù grazie alle mie pagine. Non voglio fare i nomi di queste persone per rispettare la riservatezza di certe confidenze, ma posso dire che ci sono anche nomi decisamente importanti, per esempio politici. Questo mi fa pensare ancora una volta che il Dio di Gesù Cristo si serve dei peggiori, io sono soltanto uno strumento, non mi sento affatto in grado di sorreggere una responsabilità come questa. Ero un peccatore come tanti, avevo scoperto da poco il Vangelo e quello che mi ha mosso è stato il dono dello stupore. Chi è cresciuto cattolico infatti tende a considerare già scontato il contenuto del Vangelo, per me è stata un’autentica novità, io venivo da lontano e ho avuto la grazia di questo stupore che mi ha spinto a scrivere».
Ma oggi ha ancora senso parlare di apologetica?
«Oggi purtroppo l’apologetica è stata tradotta in politicamente corretto, si chiama teologia fondamentale. Ma i fedeli semplici la apprezzano e la cercano perché c’è sempre il bisogno di sapere se possiamo agganciare la fede ad un chiodo sicuro oppure se siamo dei poveracci che prendono sul serio miti e leggende contenuti nella Bibbia. Perciò checché ne dica la Chiesa ci sarà sempre bisogno dell’apologetica. Chiunque, anche un religioso, continua a farsi delle domande sulla verità di quel Vangelo a cui dedica la vita, è una domanda eterna».
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