Nei tempi strani in cui viviamo il senso comune è l’acerrimo nemico del politicamente corretto, che ha un linguaggio tutto suo. Un’ultima prova la si può trovare nell’incredibile vicenda che sta interessando in questi giorni Villa Sandi, un’azienda vitivinicola veneta, nota per la produzione di prosecco. Ebbene, l’azienda in questione, agli occhi di chi si abbevera alle fonti del pensiero unico, ha la “colpa” di essere stata tra gli sponsor del Congresso mondiale delle Famiglie svoltosi a fine marzo in quel di Verona. E, si sa, oggi sentir parlare di famiglia, sentir dire che un bambino deve poter crescere con la sua mamma e il suo papà, fa venire l’orticaria a un discreto numero di persone.
Tra il 20 e il 22 maggio Villa Sandi ha presentato i suoi prodotti a una fiera enologica svoltasi a Londra e la cosa non è passata inosservata a un critico gastronomico piuttosto famoso nel Regno Unito, tale Jay Rayner. Che è intervenuto con alcuni tweet invitando al boicottaggio dell’impresa veneta. Il primo di questi, che porta la data del 22 maggio, recita: “Le vostre scelte di Prosecco stanno finanziando coalizioni di ultranazionalisti, intolleranti e omofobi? Villa Sandi è stata tra gli sponsor principali del Congresso mondiale delle famiglie, un evento che ha riunito l’estrema destra a Verona”. E via con altri tweet dello stesso tenore. La risposta di Villa Sandi, sempre via Twitter, arriva in giornata. Tenetevi forte, perché è da brividi: “Ciao Jay Rayner, il modo in cui si fa riferimento a Villa Sandi non riflette i valori e la filosofia della nostra azienda. Le istituzioni locali ci chiedono spesso di partecipare a eventi locali. Le implicazioni del Congresso sono state inaspettate e ci hanno lasciato completamente sconcertati”.
Non pago, Rayner risponde chiedendo all’azienda se dirsi sconcertata equivalga a scusarsi. Insomma, sebbene con una risonanza mediatica e una partecipazione certamente minori, sembra di rivedere in scena il “metodo Barilla”: accusa infondata di “omofobia”, invito al boicottaggio, scuse immediate dell’azienda “colpevole” e relativo voltafaccia. Voltafaccia a chi? Alla famiglia e a chi la difende, un fatto che oggi è considerato sovversivo del disordine costituito… Disordine che si serve di un ormai collaudato repertorio linguistico – appunto, etichettare l’altro come “omofobo”, “intollerante”, “ultranazionalista”, “di estrema destra”, “razzista”, “discriminatorio” e via dicendo – solo perché l’altro cerca di ragionare e resistere alle imposizioni, culturali e anche pratiche, del politicamente corretto.
Abbiamo scritto imposizioni “anche pratiche”, pensando, tra i molti casi di cronaca, a quello che sta avvenendo ai genitori di Vincent Lambert, i quali avrebbero un’altra insolita colpa: chiedere che loro figlio, un disabile, non venga privato di cibo e acqua. La stampa portatrice della cultura dominante dipinge Viviane e Pierre Lambert come cattolici “integralisti” o con altre parole anche più soft ma sempre inserite in un quadro abilmente costruito per screditare chi ha una fede salda e si oppone all’eutanasia, vista da tanti soloni come l’unica via percorribile di fronte a quello che per loro è solo un essere improduttivo e indegno di vivere. Il messaggio subliminale è che chi ha fede non usi la ragione, eppure qui la ragione dice una cosa semplice semplice: due genitori stanno affrontando una realtà che cerca di uccidergli il figlio. E stanno agendo nell’unico modo ragionevole, ossia lottando per la vita di Vincent, un dono infinito da custodire. Ci vuole davvero molto più “integralismo”, stavolta nel senso proprio, per negare un’evidenza così. Come dire: se la realtà non coincide con l’ideologia, tanto peggio per la realtà.
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