In questo mese di maggio si stanno moltiplicando gli auguri cattolici ai musulmani di buon Ramadan e in alcuni casi ci si sta spingendo anche a organizzare nelle parrocchie conferenze quando non addirittura momenti di preghiera comune che spesso vedono la presenza di un imam e di un sacerdote o di un vescovo. Addirittura, in alcune comunità cattoliche, si mette a disposizione una sala per permettere ai musulmani di consumare comunitariamente il pasto dell’iftar, la rottura del digiuno. Questi “eventi” mai richiesti – iniziano spesso con una preghiera comune.
Ma che senso ha – almeno per quanto riguarda questi momenti di preghiera – questo tipo di incontro, diciamo così “CattoMano”?
Se lo è chiesto anche il prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della fede cardinal Gherard Muller che, invitato a parlare della preghiera a Verona, ospite del vescovo, ha dedicato un paragrafo della sua lectio magistralis anche a questo tema evidentemente di interesse ormai globale.
Ebbene: Muller ha bocciato senza appello preghiere e incontri interreligiosi con i musulmani – e con chiunque altra religione – proprio nel segno della differenza ontologica delle due fedi.
«Anche l’Islam – ha detto Muller – conosce la fede nell’unico Dio, intesa però come fede naturale nell’esistenza di Dio e non come fede quale virtù infusa con speranza e amore, che ci rende partecipi della vita di Dio, facendo sì che noi rimaniamo in Lui e Lui in noi».
Muller ha pronunciato la sua Lectio magistralis a conclusione dei Percorsi di formazione Doctor Humanitatis sul tema “La Preghiera nella vita cristiana” organizzati dall’Associazione Doctor Humanitatis – Sezione di Verona della Società Internazionale Tommaso d’Aquino svoltisi nella Basilica di Santa Teresa di Gesù Bambino a Verona il 17 maggio scorso.
Ha poi proseguito: «Non possiamo pregare come o con i musulmani, perché la loro fede in Dio e la sua auto-rivelazione non è solo diversa dalla fede cristiana in Dio, ma ne nega addirittura la formula, sostenendo che Dio non abbia un Figlio, che, come Verbo eterno del Padre, è una persona divina, e, con il Padre e lo Spirito Santo, è il Dio unico e trinitario».
Poi ha pronunciato parole inequivocabili anche sulla figliolanza divina: «Di conseguenza – ha proseguito – , i fedeli dell’Islam non sono figli adottivi di Dio per mezzo della grazia di Cristo, ma solo suoi sudditi. Possono pregare soltanto un Dio lontano, sottomettendosi alla sua volontà come a un destino ignoto».
In sostanza, qual è la differenza tra le due preghiere? «La loro preghiera esprime la cieca subordinazione al volere dominante di Dio. Il cristiano invece prega che sia fatta la volontà di Dio, volontà che compiamo in libertà e che non ci rende schiavi, ma figli liberi di Dio». Ne consegue che preghiere comunitarie oltre a non avere senso per noi cattolici non hanno alcun senso neppure per gli islamici. Eppure si prosegue così per un malinteso spirito di dialogo che pretende di appiattire differenze e identità ma non si accorge che in questo modo cancella il senso profondo della propria fede. Perché se non si sa perché si prega, che cosa si prega? E per quale motivo Dio dovrebbe ascoltarci?
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