Il New England Journal of Medicine riporta il caso di un “uomo” di 32 anni arrivato al Pronto Soccorso in preda a forti dolori addominali, dichiarando «all’infermiera che era transgender» e d’altronde «anche la sua cartella clinica elettronica lo qualificava come maschio». La paziente non aveva il ciclo mestruale da anni, ma recentemente aveva smesso di assumere testosterone (che ha effetti mascolinizzanti e inibisce l’ovulazione). Un test di gravidanza fatto a casa era risultato positivo e, stando a quando descritto («Ho fatto pipì»), probabilmente si erano già rotte le acque. Il caso non viene comunque considerato urgente. Diverse ore dopo un test ospedaliero conferma la gravidanza, tuttavia una successiva ecografia rivela delle anomalie e, di lì a poco, nasce un bambino morto.
Il caso ha sollevato molte polemiche per il fatto che «le persone transgender incontrano spesso problemi nell’ottenere cure sanitarie specifiche per genere, come screening del cancro del collo dell’utero, controllo delle nascite e screening del cancro alla prostata». Nessuna polemica invece sul fatto che una piccola vittima innocente è stata sacrificata sull’altare dell’ideologia.
Sul Daily Mail di qualche giorno fa appariva la notizia di una coppia, nota come CP e TP, indagata dai servizi sociali del Consiglio della Contea del Lancashire con accuse che andavano dall’aver «manipolato il genere dei loro figli», all’aver causato loro «un grave danno emotivo». La coppia aveva infatti iniziato a mandare a scuola il bambino di tre anni che era stato loro affidato vestito da femmina, e questo nonostante gli insegnati avessero loro «chiesto espressamente» di non farlo. Tempo prima, inoltre, un loro figlio biologico aveva “cambiato sesso” all’età di sette anni e loro avevano «preso misure immediate per consolidare legalmente la sua nuova identità», dandogli un nuovo nome e ottenendo un nuovo passaporto. Peccato solo che il bambino non fosse affatto felice di questa “transizione” e avesse rivelato a un membro del personale della scuola che «non pensava che la vita fosse degna di essere vissuta».
Su Twitter circola un video che mostra un bambino di nove anni vestito con abbigliamenti femminili e pesantemente truccato, accompagnato da un adulto anch’esso travestito che, oltre evidentemente ad appoggiare (o favorire?) un’assoluta confusione rispetto all’identità sessuale, si esprime favorevolmente rispetto all’uso di droghe pesanti.
Si tratta di tre casi differenti, ma emblematici della confusione che vige oggigiorno nella società “del progresso”. Una società accecata, che si illude di poter trasgredire il dato biologico (salvo poi sbatterci contro) e che sempre più spesso non trova più nelle figure adulte persone capaci di essere guide bilanciate e autorevoli per i più piccoli, e questo anche nel delicato ambito della formazione dell’identità sessuata.
Il dato di realtà tuttavia, checché se ne voglia, è immutabile: per quanto ci si possa travestire, assumere ormoni o subire operazioni chirurgiche di “riassegnazione del sesso”, i bambini continueranno a nascere dal corpo di una donna, gli uomini continueranno a combattere con i problemi alla prostata, le bambine continueranno a essere particolarmente interessate all’aspetto relazionale e i bambini più fisici… gli esempi potrebbero continuare, e non si tratta di “stereotipi di genere”, bensì semplicemente di predisposizioni di matrice biologica intrinseche all’essere uomo o donna (che, peraltro, hanno un cervello sessuato) che precedono quelle che possono essere le influenze socio-culturali e che, anche a livello di responsabilità educativa, è importante tenere ben presenti, pena la condanna all’infelicità
Potrebbe interessarti anche