La vita, diceva Forrest Gump, è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita. Lo stesso vale per la fede, deve aver pensato negli ultimi tempi Dawn Foster (nella foto a sinistra), ritornata al cattolicesimo dopo un lungo, tortuoso percorso che l’ha vista lontana per anni. Chi è costei? Classe 1987, cresciuta nel sud del Galles, la Foster è una nota giornalista britannica. Ma non, attenzione, «un’atea devota» né una columnist conservatrice, anzi: si è affermata occupandosi di sociale, di uguaglianza di genere in ambito lavorativo – tema su cui scritto pure un libro – e su Twitter non ha lesinato frecciate a pensatori come Roger Scruton, a suo dire reo di aver assunto posizioni inaccettabili.
Ebbene, tre giorni fa sul Guardian, per cui scrive, la giornalista ha firmato un lungo articolo per spiegare come «riscoprire la fede» la stia aiutando a fronteggiare «un mondo caotico». Nello specifico, la Foster ha raccontato di come, nella sua vita, avesse sempre vissuto la religione come soltanto «un ronzio di fondo»; tanto più negli anni dell’università durante i quali – sottolinea – «non mi ero affatto preoccupata di Dio, presa com’ero dai libri, della politica e da impegni sociali vari».
«Durante le vacanze», ricorda, «visitavo le cattedrali, immergevo la mia mano nell’acqua santa e accendevo una candela, ma non avevo mai assistito alla Messa né trascorsi le ore notturne con pensieri religiosi, quando non riuscito a dormire». Poi, però, la vita della giornalista è cambiata. In un giorno preciso: quello dell‘incendio della Grenfell Tower, consumatosi a Londra nella notte del 14 giugno 2017, con le fiamme che oltre al grattacielo si sono prese la vita di 72 persone.
In quella occasione, infatti, la Foster si è trovata a parlare con una donna cui era morta un’amica la quale, ad un certo punto, ha afferrato il ciondolo al collo della giornalista, fissandola e chiedendole una preghiera per l’amica scomparsa. Il ciondolo che la Foster aveva al collo non era uno qualsiasi, bensì la Medaglia miracolosa, come viene chiamata quella realizzata in seguito a quanto accaduto nel 1830 a Parigi, in rue du Bac n. 140, a santa Caterina Labouré (1806–1876), cui apparve la Madonna.
La giornalista pregò per l’amica della donna che aveva di fronte, sperimentando qualcosa di nuovo e inatteso. Da quel giorno in poi, infatti, la sua vita è cambiata. «Da allora», spiega, «ho iniziato ad andare in chiesa regolarmente […] andare in chiesa, inginocchiarsi e concentrarsi intensamente sulla preghiera è diventata una forma di meditazione, un esercizio per costringere la mente a superare i disagi fisici immediati, ma anche a portare chiarezza in termini emotivi». Il riferimento ai disagi fisici non è casuale, dato che la Foster soffre di epilessia e di altri problemi fisici. Eppure andare in chiesa e a Messa le dà un sollievo inaspettato: «La calma che senti in una chiesa non ha rivali: il silenzio riempie gli elevati soffitti, il calore a lume di candela ti fa sentire molto più tranquillo».
Certo, la vita di tutti i giorni rimane difficile, racconta la giornalista, ma adesso la sua nuova routine – cantare, pregare, inginocchiarsi e partecipare all’Eucarestia – le dà una pace di cui prima non sospettava neppure l’esistenza. Dawn Foster non parla esplicitamente di conversione ma, come detto, preferisce sottolineare il ritorno alla sua fede cattolica, a quella che per tanti anni è apparentemente stato solo «un ronzio di fondo», mentre invece era molto di più: il discreto richiamo di Qualcuno che, nonostante la lontananza, non aveva mai smesso di amare la donna e di aspettarla. Esattamente come fa con ciascuno di noi.
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