Un libro, Politicamente corretto. Storia di un’ideologia (Marsilio), sta facendo discutere. L’autore, Eugenio Capozzi, scrive sul Timone del ruolo della cultura pop nella diffusione di questa ideologia che rappresenta la punta avanzata di quello che potremmo definire come neo-progressismo.
Dagli esempi iconici del musical Hair e della canzone Imagine, Capozzi descrive come l’emotività e l’appello estetizzante sono stati, nei “favolosi” anni Sessanta, il modo in cui la dottrina politicamente corretta si è affermata nelle masse.
Tra le tante dottrine politically correct quella più avanzata è senz’altro il transumanesimo che incarna bene ciò che rappresenta il simbolo dell’unicorno: la normalità non esiste, è una costrizione violenta del sistema sugli individui a cui bisogna ribellarsi. Il transumanesimo si declina anche con gender, transessualismo, eugenetica, ibernazione, pornografia, ma in generale, scrive Giacomo Samek Lodovici, «prospetta un trascendimento di quasi tutti i limiti umani, afferma che sconfiggeremo la difettosità cognitiva, la fragilità fisica, la malattia, l’invecchiamento e perfino la morte, conseguendo l’immortalità terrena. E ritiene che tale obiettivo potrà essere raggiunto con la teconologia».
Del ruolo dei media come megafono del politicamente corretto ne parla Enzo Pennetta, che ricostruisce le principali tecniche adottate per divulgare il verbo. Infine, Vittorio Messori prende atto di come questa ideologia abbia assunto una sua forma anche all’interno della Chiesa per cristallizzarsi in un linguaggio clericalmente corretto…
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