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“Perché questo spreco?”. Nella Settimana Santa con Biffi
NEWS 15 Aprile 2019    di Redazione

“Perché questo spreco?”. Nella Settimana Santa con Biffi

del card. Giacomo Biffi (dalla riflessione nel corso della processione delle palme, Basilica di S. Petronio del 23/03/1997, Bologna)

“Perché questo spreco?”. Questa domanda ci porta a Betania, la sera del Sabato prima dell’ingresso in Gerusalemme. Era stato preparato un convito in onore di Gesù; ma era un convito senza allegria. C’era nell’aria – impalpabile e inafferrabile – l’odore dell’odio e del tradimento.

Maria, la sorella di Lazzaro, per dissipare questa atmosfera decide di compiere un insolito e clamoroso gesto di affetto.

Prese “un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato… di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’olio profumato sul capo” del Signore (Cf Mc 14,3).

“Tutta la casa si riempì del profumo” (Gv 12,3): e così tutti – anche chi non era nella sala, anche chi si trovava in cucina – si accorgono della pazzia di Maria. L’amore vero non bada alle opinioni malevoli di nessuno, ma non può farsi conoscere da tutti.

Tutta la casa di Dio, tutta la Chiesa è avvolta dal profumo di Maria sino alla fine del mondo. Tutta la Chiesa ha imparato dalla sorella di Lazzaro che senza un amore diretto, personale, vivo per il Signore Gesù e per la sua gloria, niente ha valore, niente conta, niente è autentico nel cristianesimo: nemmeno l’attenzione ai problemi umani, nemmeno l’attivismo benefico, nemmeno la partecipazione ai travagli del nostro tempo.

Ma c’è sempre qualcuno che non capisce. C’era allora e c’è oggi; c’era a Betania e c’è nella cristianità del nostro tempo. Non capisce che si possa dare qualcosa dei propri beni per rendere onore al Signore; non capisce che si possa dedicare un po’ del proprio tempo a contemplare il Signore nella preghiera; non capisce che si possa consacrare tutta la vita unicamente a Cristo. Non capisce insomma le esigenze, la logica, il linguaggio dell’amore.

“Si poteva benissimo vendere quest’olio a più di trecento denari e darlo ai poveri” (Mc 14,5). È il ragionamento del “piuttosto”, e lo ascoltiamo spesso anche ai nostri giorni.

“Piuttosto che andare in Chiesa, è meglio fare del bene agli altri”. “Piuttosto che costruire un altare è meglio costruire delle case”. “Piuttosto che sciupare il tempo nelle preghiere, è meglio lavorare a qualcosa di pratico”.

Perché “piuttosto”? Perché non si può fare tutto? E perché non si dice mai: “Piuttosto che spendere i soldi ad andare a sciare o al mare, o piuttosto che comprare il motorino è meglio soccorrere i bisognosi? Perché non si capisce che proprio un immediato e appassionato amore per il Signore Gesù è sempre stato l’impulso più efficace a ogni opera di solidarietà verso i fratelli, come ci insegnano tutti i grandi santi della carità?

Non mettiamoci alla scuola di Giuda; mettiamoci alla scuola di Maria di Betania che, con gli occhi resi acuti dall’innocenza del suo cuore e dall’intensità del suo affetto, penetra nei giorni futuri e vede Gesù umiliato, schiacciato, crocifisso, come lo contempleremo noi nei prossimi giorni. È lui il “povero” da soccorrere con un po’ d’amore.

“Erano infuriati contro di lei” (Mc14,5), ci ha detto il Vangelo. Ma Gesù, difendendola, ci imparte una lezione da non dimenticare: “Lasciatela stare; perché le date fastidio? … In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il Vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto” (Cf Mc 14,6.9)


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