Il dossier del Timone di gennaio tratta di alcune imprese italiane di successo – dal gruppo Teddy (moda) alla Ponti (aceto e altri prodotti agroalimentari), dal sito di vendita online Holyart (arte sacra e articoli religiosi) alla Ferrero, fino all’azienda di cancelli automatici Faac assurta a modello vincente (ne è rimasta ammirata anche la giornalista Milena Gabanelli) – imprese che hanno in comune la forte esperienza di fede cristiana di chi le ha fondate o dirette in una fase cruciale della loro storia.
Se pensiamo alla più celebre tra quelle citate, la Ferrero, uno dei suoi prodotti più riusciti sarebbe stato addirittura ispirato da fatti e luoghi famosi perché riguardanti la Vergine Maria. Si tratta del Ferrero Rocher, la cui storia, già nota al Guardian, è stata di recente rilanciata dalla versione inglese e poi italiana di Aleteia. Si ritiene che quando Michele Ferrero lanciò la pralina croccante sul mercato, nel 1982, decise di chiamarla così dal nome della roccia – Rocher de Massabielle – dove la Madonna apparve nel 1858 a santa Bernadette. Il guscio del cioccolatino assomiglia alla formazione rocciosa ammirabile a Lourdes, un luogo che Michele Ferrero conosceva benissimo, perché legato da una filiale devozione verso la Madre celeste.
Vi andava in pellegrinaggio ogni anno, portandovi il suo top manager nonché organizzando per altri suoi dipendenti, senza dimenticare che lo stesso Ferrero volle che una statua della Beata Vergine fosse presente in ciascuna delle 15 sedi nel mondo della sua azienda, compreso il quartier generale di Alba. «Il segreto del successo? La Madonna di Lourdes. Senza di lei noi possiamo poco», era infatti una delle poche frasi che Ferrero, riservatissimo, pronunciò davanti ai giornalisti, come ricorda Benedetta Frigerio nel citato dossier. «Tutto quello che ho fatto», spiegò in una conversazione con Mario Calabresi (fatta a patto di non vederla all’indomani mattina sul giornale e in effetti pubblicata solo dopo la sua morte), «lo devo alla Madonna, a Maria, mi sono sempre messo nelle sue mani e lei devo ringraziare. La prego ogni mattina e questo mi dà una grande forza».
Oltre al Ferrero Rocher, legato al marchio di una determinata impresa, si possono citare diversi altri prodotti alimentari – molto più antichi e che hanno generato lavoro per tantissime aziende – il cui nome e la cui storia si intrecciano con la fede e tradizione cristiana. Tra questi ne ricordiamo due. Uno è il torrone. Al di là delle origini remote e dibattutissime, si può dire con certezza che è molto famoso quello di Cremona. E, riguardo alla sua possibile etimologia, come scrive Mario Iannaccone nel Dizionario elementare della civiltà cattolica, «appare verosimile che abbia preso il suo nome attuale, torrone, dal Torrazzo di Cremona, ovvero la torre campanaria del Duomo della città lombarda, che con i suoi quasi 111 metri di altezza [od oltre 112 secondo le misurazioni più recenti, ndr] era il più alto edificio in muratura d’Europa».
L’altro è il panettone. Sempre nel medesimo Dizionario, pubblicato dalla stessa casa editrice del Timone, Iannaccone scrive di quest’altro dolce ricordando che «autori come Pietro Verri (1728-1797) lo mettono in relazione all’atto dello spezzare e dividere il pane, da parte del pater familias, in occasione festiva, come memoria del sacrificio di Cristo». La consuetudine del panettone risalirebbe ad almeno il IX secolo. E l’occasione festiva, neanche a dirlo, era il Natale di Nostro Signore.
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