Michel Houellebecq, controverso ma nel contempo apprezzato scrittore francese, torna a far parlare di sé per via di alcune esternazioni rilasciate alla rivista Der Spiegel sull’integrazione dei mussulmani, sulla religione e sulla politica. Temi molto caldi in Francia (e non solo), rispetto al primo dei quali l’Autore era già stato tacciato in passato – peraltro senza una sua smentita, anzi pare con una conferma – di “islamofobia”.
INTEGRAZIONE POSSIBILE SOLO IN UNO STATO CATTOLICO
In questa occasione, tuttavia, Houellebecq ha espresso delle tesi che meritano un approfondimento. Innanzitutto vi è la constatazione che «l’integrazione dei musulmani potrebbe funzionare solo se il cattolicesimo tornasse a essere una religione di Stato; i musulmani accetterebbero molto più facilmente occupare il secondo posto, in quanto rispettata minoranza, in uno Stato cattolico, rispetto alla situazione attuale». La motivazione alla base di questa affermazione è chiara, per lo scrittore, e risiede nel fatto che «il profeta Maometto non poteva immaginare l’esistenza di un ateo», e quindi i suoi seguaci non riescono a comprendere l’esistenza di uno Stato secolare, connotato dalla libertà religiosa. Quindi se i mussulmani capissero che il posto che spetta loro è la seconda posizione, accetterebbero la legittimità dello Stato francese: «Al contrario», invece, «in una società secolarizzata con uno Stato secolare, considerano il potere pubblico come un agente al servizio di una guerra antireligiosa mascherata».
MANIF POUR TOUS TESTIMONIA CHE LA FEDE RESISTE NEI SECOLI
Unito a questo primo aspetto, Houellebecq ha proposto un’altra sottolineatura rispetto all’incidenza del cattolicesimo nella società e nella politica. E lo ha fatto in relazione alla massiccia manifestazione della Manif Pour Tous che, a detta sua, in Francia è stato uno dei «momenti più interessanti della storia recente», perché ha mostrato la vitalità del cattolicesimo e il suo peso. Se fino a quel momento sembrava infatti che il fronte cattolico fosse scomparso nel nulla, in virtù di un deciso cambiamento nello stile comunicativo, ci si è dovuti ricredere: «Era una corrente sotterranea che è tornata improvvisamente in superficie», sintetizza Houellebecq.
A questo punto lo scrittore avrebbe potuto troncare il suo ragionamento, invece si è spinto oltre, evidenziando l’importanza che attribuisce alla religione [non solo quella cattolica, ndR] all’interno della società, che spiega il fatto che abbia resistito nei secoli: «Sono convinto», ha affermato, «che una religione, una vera fede, sia molto più potente nella mente della gente di un’ideologia: il comunismo era una specie di falsa religione, un brutto surrogato, anche se si è presentato con una liturgia».
IL PROBLEMA DELLA LAICITA’ «MONCA»
Fin qui, la posizione di Houellebecq. Una posizione condivisibile laddove contempla la possibilità che vi sia una laicità che non sia avversa alla religione; ma nel contempo una posizione che appare “monca”, in quanto priva di un dato fondamentale, ossia che le religioni non sono tutte uguali: «Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. […] Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato. Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine» (Mt 24, 4-14).
Ciò che la cultura post moderna non ammette è che possa esserci un criterio di verità, tale per cui anche le religioni possono essere criticate in base a ragione. Su questo sarebbe necessario riflettere davvero per comprendere lo svuotamento del senso della parola «laicità».
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