Comunemente si ritiene che una società che sta bene economicamente, è una società dove si mettono al mondo tanti figli. Invece non è esattamente così, anzi appare più vero il contrario: sono i nuovi nati a determinare il benessere economico di un Paese, garantendo quel ricambio generazionale che è necessario per prevenire stagnazioni dalle conseguenze imprevedibili.
È forse per questo motivo che i Paesi oggi considerati più sviluppati, con tassi di nuzialità in costante calo e immersi in un inverno demografico sempre più aspro, pagano oggi una crisi economica dalla quale è difficile prevedere sbocchi nel breve periodo. Pare proprio di sì, almeno se si considerano i risultati di uno studio condotto dal Social Trends Institute (STI) a livello internazionale, con il coinvolgimento di 19 Paesi, incentrato sul tema: Che cosa hanno a che fare il matrimonio e la fertilità con l’economia.
Più religiosità, più figli
Un aspetto indagato dallo studio del STI interessa la correlazione tra la pratica religiosa e il tasso di fertilità. I ricercatori sottolineano innanzitutto che – riporta Religion en Liberdad – «il declino della fertilità iniziato molto tempo fa in Scandinavia, in seguito diffusosi nel resto dell’Europa, “è fortemente associato alla diffusione dei valori secolari, al declino dell’autorità religiosa e all’aumento dell’individualismo”». Sono gli anni Sessanta a costituire l’apice del cambiamento di paradigma rispetto ai valori culturali tradizionali, con il progressivo affermarsi, su tutto, della contraccezione, dell’aborto e del divorzio.
Di fronte a queste evidenze storiche, proseguono i ricercatori, i dati registrati dimostrano che attualmente vi è una «forte e crescente correlazione tra valori religiosi e famiglie più numerose rispetto alla media», tanto che «le nostre analisi in 53 paesi di tutte le regioni del mondo, dall’Africa all’Oceania, dalle Americhe e dall’Europa centrale e orientale, indicano che “uomini e donne che frequentano servizi religiosi almeno una volta o più al mese hanno in media 0,5 bambini in più rispetto a quelli che li frequentano meno spesso, o che non lo fanno mai».
La conclusione che se ne può trarre è dunque che «le persone religiose tendono ad avere un numero di bambini considerevolmente maggiore rispetto al resto della popolazione».
L’influenza della televisione
«Quanti bambini… ma non avete la televisione?». Questa domanda è finita d’ufficio nell’albo delle considerazioni che perseguitano i genitori di famiglie numerose, tanto che c’è chi ha ipotizzato una risposta standard, in grado di zittire anche gli interlocutori più impertinenti: «Sì! Ovvio! Dove credi che mettiamo i bambini quando cerchiamo di farne altri?».
Ad ogni modo, al di là delle battute, questo siparietto nasconde una verità rilevata anche dallo studio del STI: la televisione, con i contenuti che trasmette, disincentiva la natalità. La sentenza in tal senso è netta: «Dopo l’arrivo della “scatola stupida” nelle case, il tasso di natalità è crollato» e questo perché i contenuti trasmessi veicolano messaggi che rimandano agli spettatori una falsa idea di libertà, di emancipazione, di ricchezza, che non prevede che vi siano più di uno o due figli per coppia, se non addirittura nessuno.
Di fronte a questo aspetto, correlato al declino religioso di cui sopra, il rapporto evidenzia che dei deboli segnali di incremento demografico si hanno in quei Paesi dove si sta puntando molto sulla parità tra i sessi: un aspetto, questo, che potrebbe essere interessante ma che è facilmente passibile di derive e che va dunque considerato in maniera puntuale.
Economia in crisi e giovani sotto scacco
Le tendenze di cui si è parlato si associano infine, rilevano i ricercatori, alla constatazione che la genitorialità sia oggi difficile da affrontare anche sotto il profilo economico: i giovani non sono infatti affatto favoriti nella prospettiva di formare una famiglia e mettere al mondo dei figli.
Ed ecco quindi che si è tornati al punto di partenza: anche i soldi influenzano l’andamento demografico. L’impasse sembra senza soluzione, a meno che non si decida – come appunto molte persone di fede fanno, certamente con la dovuta responsabilità, ma anche con fiducia in Qualcuno di più grande, che dà «a ogni bimbo il suo fagottino» – di investire nel futuro garantendo al domani una nuova generazione di bambini e giovani.
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