L’estate del 2018 entrerà nella storia della Chiesa come uno dei momenti più delicati per quanto concerne lo scandalo degli abusi sessuali, spesso operati nei confronti di adulti o di minorenni adolescenti di sesso maschile. In queste settimane ha tenuto banco la vicenda di Theodor McCarrick, arcivescovo emerito di Washington Dc, travolto dalle accuse tanto da presentare le rinuncia al collegio cardinalizio a Papa Francesco, che l’ha accettata. Una vicenda con esito simile ha visto coinvolto monsignor Philip Wilson, arcivescovo di Adelaide, in Australia, che ha rassegnato le dimissioni – anche queste accolte dal pontefice – ancora prima di venire a conoscenza degli esiti del processo che lo vede accusato di aver taciuto degli abusi su minori da parte di un suo sacerdote. Ma lo scandalo che sta scuotendo la Chiesa pare non conoscere confini geografici: anche in Honduras e in Cile sono emersi casi analoghi, e probabilmente solo il tempo saprà rivelare la capillarità di un fenomeno che era stato denunciato già nel 2012 dal teologo Dariusz Oko, in uno studio nel quale parlava di una influente “lobby gay” interna alla Chiesa, anche ai massimi vertici gerarchici.
Eppure, di fronte a questo tsunami ecclesiale, il popolo di Dio non deve lasciarsi vincere dallo scandalo, ma anzi deve sforzarsi di tornare alle radici della fede, a un rapporto personale con Nostro Signore nella via della santità personale. Un concetto, questo, riassuntivo di quanto espresso da Edward Scharfenberger, vescovo di Albany (New York), in una lettera indirizzata domenica 29 luglio a tutti i sacerdoti, seminaristi, direttori di vita parrocchiale e capi dipartimento della cancelleria della sua diocesi, in riferimento al caso di McCarrick richiamato in apertura.
«Voglio essere chiaro», ha scritto il prelato, «affermando la mia ferma convinzione che questo è, in fondo, molto più di una crisi di politiche e procedure. Possiamo – e sono fiducioso che lo faremo – rafforzare le regole, i regolamenti e le sanzioni contro qualsiasi tentativo di volare sotto il radar o di “farla franca” con tali comportamenti malvagi e distruttivi. Ma, al suo centro, questa è molto più di una sfida delle forze dell’ordine: è una crisi profondamente spirituale».
Per sanare il grande scandalo e lo sconforto generato nei fedeli dai recenti scandali intra-ecclesiali, prosegue il vescovo di Albany, è necessario avere il coraggio di andare alle origini del fenomeno, che sono «il peccato e un ritiro dalla santità, in particolare la santità di una sessualità integrale, veramente umana». La sessualità praticata al di fuori del vincolo matrimoniale è infatti pericolosa e costituisce un peccato grave, sia per i laici, sia per chi ha consacrato la propria vita a Dio; una verità, questa che non può essere mutata, anche se «la cultura contemporanea nella nostra parte del mondo ora stabilisce che il sesso e la gratificazione sessuale tra le persone consenzienti per qualsiasi motivo che il loro libero arbitrio definisce è perfettamente accettabile. Questa non è una sessualità che si addice agli esseri umani che risponde al bisogno e al vero desiderio di ogni persona umana di essere rispettata e amata in modo completo e incondizionato».
Scharfenberger ha quindi affermato di provare vergogna per i suoi confratelli che si macchiano di una tale colpa e ha invitato le vittime a farsi avanti, a denunciare i fatti. Infatti, «la distruttività psicologica e spirituale di un comportamento così predatorio, incestuoso da parte di un uomo che è considerato padre spirituale di un figlio a suo carico – anche se non un minore – non può essere minimizzato o razionalizzato in alcun modo». Nel contempo, tuttavia, il prelato si mostra fiducioso nel ritenere che la maggior parte dei chierici «viva, o almeno si sforzi di vivere, uno stile di vita santo e ammirevole», praticando nella propria vita quanto predicano e insegnano.
La sessualità umana è bella ed è un dono, se vissuta all’interno del matrimonio. Ecco quindi perché è quanto mai urgente dare vita a «una cultura di virtù e castità – in breve, la santità personale – radicata in una relazione fiduciosa e impegnata con Gesù Cristo». E per fare questo – ha concluso Scharfenberger facendo riferimento a un congresso eucaristico in via di preparazione – è bene saper attuare «un momento di rinnovamento spirituale per tutti noi che cerchiamo di seguire le orme del nostro Signore e Maestro, che è stato lui stesso tradito dai suoi più cari amici, ma che è morto per noi, per salvarci da noi stessi e per offrirci un modo per vivere pienamente la nostra umanità in questa vita e nel paradiso a venire».
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