La sua vita è una miniera di vocazioni. Moglie, madre di nove figli, vedova, mistica, depositaria di una missione così alta da far venire le vertigini, autrice di una mole impressionante di pagine manoscritte (60.000), una quantità che si avvicina all’opera di san Tommaso d’Aquino. «Ci vorranno molti uomini e molti anni per svelare i tesori spirituali di questi scritti», ha detto il Servo di Dio monsignor Luis Maria Martinez, direttore spirituale negli ultimi 12 anni della vita terrena di quest’anima prediletta. Lei è la messicana Concepcion Cabrera de Armida (1862-1937), familiarmente Conchita, nata, neanche a dirlo, l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata. Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che riguarda il primo miracolo ufficialmente attribuito all’intercessione di Conchita, che perciò sarà presto proclamata beata. Ma qual è stato il cammino che l’ha condotta ad abbracciare pienamente la volontà divina?
Settima di undici figli, nata da due genitori profondamente cristiani, Conchita passa la sua fanciullezza in una hacienda, la fattoria tipica dell’America centro-meridionale. Ama andare a cavallo, le piacciono i balli e le feste, ma già allora ha una grande fede. Cerca Dio, sentendo il vuoto lasciato dentro di lei dalle cose mondane: «Signore, io mi sento impotente ad amarti, voglio dunque sposarmi. Dammi molti figli affinché essi ti amino meglio di me». A 21 anni sposa Francisco, al quale chiede di lasciarla libera di fare la Comunione ogni giorno. Il marito manifesta all’inizio un carattere molto violento – «era come polvere da sparo», scriverà lei – ma la pazienza di Conchita e gli anni di preghiera comune tra i due coniugi lo cambiano al punto da stupire la sua famiglia d’origine. Lei lo ama di un amore «pieno di tenerezza», ma sa che solo mettendo al primo posto Dio può amarlo perfettamente. A 27 anni, durante gli esercizi spirituali, vive la sua prima esperienza mistica. Sente Gesù dirle: «La tua missione è di salvare le anime».
Accettare la Croce
Da quel momento Conchita arricchisce la sua vita interiore e, infiammata dal desiderio di partecipare ad altri le grazie ricevute, si dà a un intenso apostolato che porterà alla nascita di ben cinque congregazioni, le cosiddette «Opere della Croce», ognuna con un carisma particolare. Proprio l’accettazione della croce sarà il tratto costante della sua ascesa alla santità. A 38 anni perde inaspettatamente il marito, «che Dio mi ha dato per sedici anni, dieci mesi e nove giorni… Un pugnale attraversava la mia anima senza mitigazione, senza consolazione alcuna. Quella notte il Signore mi presentò il calice e me lo fece bere goccia a goccia, sino in fondo. Durante quei giorni, me ne andavo vicino al tabernacolo per attingervi sostegno e forza». Non è l’unico distacco dagli affetti terreni. Quattro dei suoi figli non le sopravvivono: Carlos muore a sei anni, Pedro annega a quattro anni nel pozzo, Pablo si spegne appena maggiorenne a causa del tifo e a 35 anni muore anche la figlia Concha, che aveva trascorso metà della sua vita in una delle congregazioni fondate dalla madre.
Come Maria
Come ha fatto Conchita a non essere sommersa da tanto dolore? Guardando Gesù crocifisso, che la rende la «fedele eco della Madre Dolorosa». È Gesù che la consola insegnandole a offrire i suoi dolori come Maria: «Ogni volta, quando la mia santissima Madre Maria provava il dolore della separazione da Me – veramente era continuo – lo presentava subito al Padre per il bene del mondo e per la Chiesa fiorente. Questo apostolato della sofferenza, l’apostolato della croce, della solitudine, era la tappa più feconda della Sua vita e indusse il cielo a versare fiumi di grazie». Imitando la Beata Vergine, Conchita impara a donare umilmente i suoi dolori a Dio e sente formarsi nell’intimo dell’anima un amore sempre più grande, potentissimo, che trabocca in una nuova maternità: la maternità spirituale. «Tu mi darai molte anime», le dice Gesù, partecipandole il Suo disegno di salvezza e ricordando che tanti si perdono perché non c’è nessuno che prega e si sacrifica per loro: «Tu sarai madre di un gran numero di figli spirituali, però ti costeranno mille morti da martire».
L’origine del male e la nuova Pentecoste
Conformata perfettamente a Gesù, attraverso Maria, Conchita apprende che all’origine del male c’è la ribellione alla croce, al servizio, che rinnova la ribellione di Lucifero. «Lo Spirito Santo regnerà quando anche le Mie sofferenze e la croce regneranno nelle anime. Fin quando la croce non sarà impressa nelle anime, lo Spirito Santo non regnerà!», le spiega il Signore, rivelandole che la Chiesa e il mondo intero hanno bisogno di una nuova Pentecoste, che va implorata attraverso le preghiere, i sacrifici e le lacrime: «Il mondo si oscura perché si è allontanato dallo Spirito Santo e tutto il male che succede ha la sua origine in questo […]. Perciò il mondo necessita più che mai della seconda venuta dello Spirito Santo, perché Egli disarma e distrugge satana che si è infiltrato nel cuore della Chiesa». L’11 marzo 1928, Gesù le fa un’altra rivelazione: «Verrà il giorno che si svolgerà a San Pietro a Roma la consacrazione del mondo allo Spirito Santo. È Mio desiderio che l’universo venga consacrato allo Spirito Divino perché Egli si spanda su tutta la terra con la nuova Pentecoste».
La missione sacerdotale
Nella partecipazione al disegno salvifico di Dio, che nel 1894 l’aveva adornata pure del dono immenso delle nozze mistiche, Conchita è stata chiamata a una missione nella missione: la santificazione dei sacerdoti. Il Figlio di Dio le rivela che i Suoi dolori sono la sorgente delle vocazioni dei sacerdoti, da Lui chiamati «altri Gesù». Chiamandola a essere loro madre spirituale, «con un riflesso di Maria», le chiese di dimenticare se stessa e immolarsi per questi suoi speciali figli, coloro che «Lui ama di più, i suoi sacerdoti amati in tutte le gerarchie, la Chiesa tutta». Dai dolori del suo intimo, liberamente accettati, sgorgano un’enormità di grazie. Nelle parole di Gesù si comprende perché Conchita sia stata prescelta per una missione così grande: «Siccome queste grazie, figlia, sono molto fini, direi che hanno bisogno di più fini martiri partecipati del mio stesso Cuore. Ma a chi posso parteciparli con maggiore libertà e con la sicurezza che vengano accettati, se non al cuore di una madre? Solamente il cuore pervaso da questo amore materno è capace di abbracciare inconcepibili dolori a favore di quelli che sono i suoi figli: solamente questo purissimo e sviscerato amore accetta e abbraccia qualunque martirio, se con questo salva o perfeziona o allontana dal pericolo un figlio».
La dottrina sul sacerdozio che viene fuori dalle rivelazioni celesti avute da Conchita, di cui sono state pubblicate nel complesso oltre 40 opere, è davvero vasta e profondissima. Ha saputo da Gesù che la propria missione, vissuta sulla terra come immolazione, sarebbe continuata in cielo sotto forma di implorazione: «La tua azione sacerdotale sulla terra perdurerà nella Chiesa salvando e perfezionando molti sacerdoti», i quali «saranno una grande leva per sollevare il mondo materializzato e sensuale».
Come amare la Chiesa
Conchita è tornata alla casa del Padre a 74 anni, dopo aver adempiuto ciò che Gesù voleva da lei, donandosi senza riserve alle anime e alla Chiesa. Riguardo a quest’ultima, il teologo domenicano Marie-Michel Philipon ha sintetizzato così in un suo libro su Conchita l’insegnamento da lei lasciatoci sulla Chiesa, un insegnamento rivolto ai beni eterni, perciò contrario alla sua mondanizzazione: «Conchita ci insegna come amare la Chiesa. Amare la Chiesa non è criticarla, non è distruggerla, non è tentare di cambiare le sue strutture essenziali, non è ridurla all’umanismo, all’orizzontalismo e al semplice servizio di una liberazione umana. Amare la Chiesa è cooperare all’opera della Redenzione attraverso la Croce e in questo modo ottenere la grazia dello Spirito Santo perché rinnovi la faccia di questa povera terra, conducendola al suo compimento nel disegno dell’immenso amore del Padre».
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