Martedì 29 maggio il Parlamento portoghese ha respinto tutti e quattro i disegni di legge presentati dalla sinistra che appoggia il governo volti a legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito.
In tutte e quattro le votazioni il margine di vittoria è stato veramente risicato, ogni singolo voto dei 229 deputati ha avuto un peso fondamentale, e alla fine la vittoria è di fatto stata resa possibile grazie alla coscienza dei deputati del Partito socialdemocratico (lasciati liberi di esprimersi), che in Portogallo si riconoscono nella compagine di centro-destra.
Ad ogni modo è da segnalare – riporta il Foglio – che Marcelo de Sousa, presidente della Repubblica, aveva fatto sapere che, in caso di approvazione dalle leggi da parte del Parlamento, avrebbe posto il veto.
Dato il dibattito attorno al tema che ha animato il Portogallo nelle settimane scorse, la mancata approvazione dei quattro disegni di legge mortiferi si configura come un successo del mondo pro-life, che non aveva mancato di organizzare manifestazioni in tutto il Paese, l’ultima delle quali davanti al Parlamento a poche ore dalle votazioni, con striscioni recanti il messaggio: «Viva la vita, no alla morte».
Vi è tuttavia stata un’altra istituzione che ha ricoperto un ruolo veramente fondamentale, anche alla luce del fatto che in Portogallo l’81% delle persone si dichiara cattolica: la Conferenza episcopale locale. Nei giorni precedenti il voto l’assemblea dei vescovi aveva fatto distribuire circa un milione e mezzo di volantini nei quali venivano spiegate le motivazioni alla base del fermo «No» ai disegni di legge in discussione e si rimarcava il fatto che «la vita non può essere considerata un oggetto di uso personale». Inoltre, alla viglia delle votazioni il patriarca di Lisbona Manuel Clemente si era esposto chiedendo ai parlamentari di votare contro.
A votazioni avvenute, la Conferenza episcopale portoghese ha rilasciato un Comunicato stampa nel quale si legge: «È una vittoria della vita in tutto il suo significato, della vita che mai dovrebbe essere messa ai voti in vista della sua eliminazione. È una vittoria per la democrazia e per tutti coloro che si sono impegnati a difendere la vita, dalle numerose istituzioni della società civile alle varie associazioni di professionisti cattolici, fino alle confessioni religiose».
A questa dichiarazione si aggiungono le parole rilasciate a VaticanNews dal portoghese mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, che forniscono un’analisi puntuale di quanto è successo: «Tutta la società civile si è mobilitata nel dibattito che ha preceduto le votazioni parlamentari. La maggioranza delle persone era contraria all’introduzione dell’eutanasia. La cosa che mi ha lasciato a bocca aperta è stata anche la palese opposizione del partito comunista portoghese: dimostrazione che la prerogativa della difesa della vita non appartiene solo ad una parte politica o di fede. Credo che questo sia un modello interessante per tutti i paesi europei».
Dopo l’approvazione dell’aborto nel 2007, tutti si aspettavano che il Portogallo avrebbe ceduto anche sul tema del fine vita. Così non è stato, la sensibilità del popolo è ancora viva: certamente la sinistra proverà a modificarla, goccia dopo goccia, ma – chiosa mons. Cuhna – «noi saremo qui a dare battaglia».
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