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Il Met gala diventa una carnevalata a tema cattolico
NEWS 9 Maggio 2018    di Anita Baldisserotto

Il Met gala diventa una carnevalata a tema cattolico

Mi chiedo se Rihanna (nella foto in alto al centro) abbia presente il volto di un vescovo. Intendo dire di un vescovo in carne e ossa, uno con connotati e rughe precisi. Mi chiedo se l’abbia nel cuore. Non so nemmeno se e a quale religione appartenga, ma so che in occasione del Met Gala lunedì scorso a New York Rihanna ha indossato un copricapo a forma di “mitra”. E questo mi chiama in causa.

La mitra è un copricapo di forma allungata e bicuspidata (con due punte) indossato dai vescovi, dai cardinali e dal Papa durante le celebrazioni liturgiche e ha come significato lo splendore della santità a cui sono chiamati. Questo paramento, insieme al Vangelo, all’anello e al bastone pastorale, vengono consegnati il giorno dell’ordinazione episcopale e sono segno del fatto che il consacrato è un “Alter Christus”, un rappresentante di Gesù sulla terra.

Così non posso non sentire un colpo al cuore vedendo quelle foto.

Il Met Gala è la festa di inaugurazione della mostra a tema fashion del Metropolitan Museum – seguitissima, seconda solo alla notte degli Oscar – dove le star della moda, del cinema, della musica e del costume sfoggiano outfit ispirati al tema della mostra.

Quest’anno? La religione cattolica. Il titolo esatto è “Heavenly bodies: fashion and the catholic imagination” quindi “Corpi celesti: moda e immaginazione cattolica”.

 

 

 

Scorro le foto e vedo abiti kitsch dorati con strascico chilometrico abbinati a corone regali, croci gioiello, ali piumate e scollature vertiginose. L’attrice di “Sex and the city” Sarah Jessica Parker (nella foto al centro è la prima da destra) arriva a indossare un mini capitello con le statuette della Natività, mentre la cantante Madonna (nella foto in alto a destra), che esplora questo tema da anni (oltre ad aver preso il nome dalla Vergine, lei che fa della provocazione, anche sessuale, parte essenziale della sua cifra stilistica), presenta un vestito total black con una croce di velo trasparente sul corpetto, risultando deludente a detta dei più.

Per non parlare di alcune foto dell’interno della mostra, dove si vedono manichini femminili vestire abiti sacerdotali ridotti a gonna corta o abiti da suora succintissimi abbinati a tacco 12 rigorosamente nero.

Mi sale il dispiacere, e questo perché non si tratta solo di costumi pittorici, ma di identità e appartenenza: è chiamata in causa l’identità di Gesù, della Madonna, dei santi, dei sacerdoti, delle consacrate e io non posso che arrabbiarmi. Perché questi non sono personaggi inventati o generici, sono la mia famiglia: sono mia Madre, mio Padre, mio fratello, mia sorella; sono persone in carne e ossa di cui conosco la storia, l’offerta, i sacrifici, l’amore, e non voglio che vengano toccati.


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