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Humanae vitae è la risposta, non il problema
NEWS 4 Aprile 2018    di Giulia Tanel

Humanae vitae è la risposta, non il problema

«L’uomo non può trovare la vera felicità, alla quale aspira con tutto il suo essere, se non nel rispetto delle leggi iscritte da Dio nella sua natura e che egli deve osservare con intelligenza e amore»: si chiude con queste parole l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, promulgata esattamente cinquant’anni fa e volta a ribadire la posizione della Chiesa in materia di sessualità e contraccezione.

E proprio nell’ottica di andare a riscoprire la ricchezza degli insegnamenti di Dio in risposta alle diffuse problematiche socio-culturali odierne, conseguenti alla liberazione sessuale sessantottina, si è svolto il convegno: “Insegnamenti della Humanae Vitae essenziali per matrimoni stabili, famiglie”, svoltosi lo scorso fine settimana presso il collegio dell’abbazia di S. Benedetto di Atchison (Kansas). Quattro i relatori principali chiamati a parlare: l’arcivescovo Salvatore Cordileone di San Francisco; Janet Smith del Sacred Heart Major Seminary; Brad Wilcox, direttore del National Marriage Project presso l’Università della Virginia; e Jennifer Roback-Morse, fondatrice del Ruth Institute.

Come mai oggi si hanno tante crisi matrimoniali? Di quale ruolo viene investita oggi la sessualità? Quali conseguenze derivano dal diffondersi della contraccezione? Insomma: perché quella che pareva una conquista che avrebbe fatto progredire la società, liberandola dagli “stretti lacci” della morale cattolica votata alla castità, sta diffondendo nel mondo frutti amari?

«Nel suo discorso», riporta il National Catholic Register, «l’arcivescovo Cordileone ha notato la dissonanza in una società che da un lato accetta il divorzio, la contraccezione e tutti i tipi di devianza sessuale come normali e d’altra parte è sconcertata quando migliaia di donne si lamentano di molestie sessuali come parte del #MeToo movimento». Una contraddizione che – ha chiosato il prelato – è evidente essere interna alla «narrativa della rivoluzione sessuale stessa», anche se in pochi hanno il coraggio di porlo in evidenza.

Il professor Wilcox ha quindi proposto un’analisi rispetto alla disuguaglianza matrimoniale in America: un fenomeno tutto moderno, sconosciuto fino a cinquant’anni fa. Secondo le statistiche infatti, le persone più colte e laureate tendono a rimanere sposate, mentre tra le classi più povere e meno istruite il tasso d’instabilità familiare è più alto, con pesanti ricadute soprattutto sui bambini e suoi giovani, che tendono ad avere maggiori problemi comportamentali e un rendimento scolastico inferiore.

Roback-Morse quindi, nel suo intervento, ha posto in evidenza quali sono stati i tre obiettivi principali della rivoluzione sessuale: separare il sesso dalla procreazione; separare il sesso e la procreazione dal matrimonio; infine, annullare le differenze tra i due sessi. Ha affermato la fondatrice del Ruth Institute: «Stiamo parlando di un’intera società costruita intorno alla premessa che gli adulti possono avere qualsiasi attività sessuale e non avere mai un bambino, a meno che non lo vogliano. È irrazionale credere che questo sia possibile, è pura fantasia […] <E> quali sono le opzioni se la contraccezione fallisce, ossia circa il 13% delle volte?». Facile: l’aborto, una genitorialità single, un matrimonio forzato o l’adozione. In qualunque caso, ad ogni modo, a pagarne le conseguenze è il bambino.

Di fronte a tutto questo, dunque, occorre tornare a diffondere con convinzione gli insegnamenti della Humanae Vitae: quella convinzione che contraddistingue tante persone che hanno provato sulla propria pelle le conseguenze della liberazione sessuale e si sono poi trovate a pensare: «Perché nessuno mi aveva avvisato?». Certamente, come affermato da Cordileone, vivere integralmente l’insegnamento riportato nell’enciclica di Paolo VI non è facile, ma d’altronde Cristo non ha promesso che portare la Croce sarebbe stato lieve, bensì che questa era – ed è e darà sempre – la via per giungere alla gioia piena.

«La cosa peggiore che possiamo fare», ha dunque chiosato l’arcivescovo di San Francisco, «[…] è ammorbidire o minimizzare le parti difficili della nostra fede, quegli insegnamenti in cui incontriamo la maggior resistenza o ostilità nella nostra cultura. Come potremmo fare una cosa del genere, se siamo convinti che questo corrisponde al vero bene di tutte le persone?».


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