SINODO, I RINFORZI ARRIVANO DALL’AFRICA
Di Andrea Zambrano
Sicuramente non si riferiva ad un generico combattimento spirituale il cardinal Walter Kasper quando a fine marzo parlava di una battaglia in corso nel Sinodo. «Occorre pregare – aveva dichiarato in Inghilterra il porporato fautore della proposta di estendere la Santa Eucaristia anche ai divorziati risposati – perché c'è una battaglia in corso". Il riferimento era alle opposizioni via via crescenti alle sue linee per l'accesso al SS Sacramento che sono state il terreno di scontro principale dell'ultimo Sinodo straordinario sulla famiglia. E oggi, a pochi mesi dal redde rationem definitivo della prossima assise episcopale, quella "dichiarazione di guerra" sembra mostrare uno scacchiere sempre più marcato. È arrivato dunque il momento di schierarsi? Sembrerebbe di sì, almeno stando a quanto vescovi e cardinali dicono in questi ultimi tempi sul tema. Un tema esplosivo che Papa Francesco, in una lunga intervista, ha provato a disinnescare, ma che in questi mesi è stato sempre più al centro dell'agenda del prossimo Sinodo.
Parola d'ordine: schierarsi
Schierarsi dunque, dice Kasper, ma dove? E soprattutto con chi? Una prima indicazione arriva qualche giorno dopo dal cardinal Gerhard LOdwig Muller, prefetto per la Dottrina della fede, che al quotidiano francese La Croix ha di nuovo rigettato la proposta di Kasper, come aveva fatto con altri autorevoli porporati (Burke, Caffarra, Brandmuller, De Paolis) nel libro uscito prima del Sinodo Permanere nella verità di Crist. Il libro ha rappresentato un primo strumento di opposizione di fronte al metodo proposto dal Sinodo di modificare la prassi senza cambiare la dottrina. Esperimento che, è stato fatto notare, porterebbe a snaturare anche il depositum fidei. Così, mentre le singole conferenze episcopali iniziano a rendere noti i propri delegati al Sinodo di ottobre, si fa sempre più marcata la distanza che intercorre tra quello che potrebbe essere definito il gruppo di Kasper e il gruppo dei cardinali e vescovi "fedeli alla linea".
Il fattore Africa
Dopo Muller anche il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier ha affidato a Twitter un pungente cinguettio per rispondere a Kasper: «È preoccupante leggere l'espressione applicata a Kasper come teologo del Papa". Oggetto del contendere una frase del porporato tedesco che aveva rimproverato l'offensiva dei vescovi africani su materie come quelle degli omosessuali che «a casa loro sono ancora tabù». Apriti cielo, Napier ha tuonato contro di lui accusandolo di non essere rispettoso della Chiesa d'Africa. Quello della Chiesa d'Africa infatti è un tema che sta diventando sempre più decisivo. E non solo perché è stato anche grazie alla fiera opposizione dei prelati del Continente Nero se il tentativo di far pas sare tesi contro la dottrina è stato vanificato nell'ultimo Sinodo straordinario. Ma an che perché all'orizzonte si è fatto vivo un altro cardinale africano che si è opposto al tentativo di rompere con la tradizione e af- fidare la pastorale al sentimentalismo del momento. Fino a quando Papa Francesco non lo ha nominato prefetto della congregazione per il Culto divino, pochi conoscevano il suo nome. Ma sulle parole di Robert Sarah oggi si è polarizzata la riscossa in vista del Sinodo prossimo.
Dio o niente:
un antidoto al relativismo
Merito anche di un libro che il religioso originario della Guinea ha scritto: Dieu ou rien (Dio o niente).
Un libro rivelazione, che mostra la straordinaria vivacità di pensiero e di fedeltà al Magistero da una terra di missione come quella dell'Africa, rimandando a profondità teologiche e un rigore dottrinale cresciuto facendosi largo tra persecuzioni e martiri. Sarah sbanca nella produzione letteraria pre sinodale con parole chiare e dirette: «La Chiesa deve cambiare la sua fedeltà a Dio?», «Che futuro dobbiamo aspettarci se i fedeli amano il Papa, ma non applicano la sua dottrina?». E ancora: «Per molti è normale che Dio riversi su di loro la sua misericordia, mentre dimorano nel peccato, ma non capiscono che la luce e le tenebre non possono coesistere». Si riferiva forse a Kasper? Forse, soprattutto se si pensa che successivamente si arriva a parlare del tema comunione ai divorziati risposati: «È un'ossessione di certe Chiese occidentali che vogliono imporre soluzioni che contraddicono l'insegnamento di Gesù. L'idea che bisognerebbe riporre il Magistero in un bello scrigno separandolo dalla pratica pastorale è una forma di eresia, una pericolosa patologia schizofrenica». Non è abbastanza chiaro? «Neppure il Papa può demolire o cambiare l'insegnamento di Cristo». Parole, le stesse, dette nel corso di alcuni convegni pubblici dall'Arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra.
Il ribaltone dei fedeli alla linea
Secondo il vaticanista Sandro Magister, curatore del blog Settimo Cielo il Papa si sarebbe accorto dell'estremismo delle posizioni di Kasper perché la comunione, avrebbe detto, «non è una coccarda, una onorificenza». E starebbe favorendo l'ingresso di cardinali del peso di Caffarra nella prossima assise. Anche se la Cei non dovesse includere il vescovo emiliano tra i delegati. D'altra parte le altre conferenze episcopali si stanno già attrezzando con delegati di stampo "ortodosso": dagli Stati Uniti, dove i 4 nominati sono tutti contrari all'eucaristia ai divorziati risposati, alla Spagna, l'Olanda, la Polonia, l'Africa, la Nuova Zelanda e l'Uruguay. A ribattere recentemente a Kasper è stato anche il cardinal Walter Brandmuller che ha utilizzato la metafora dell'architetto che costruisce il ponte più bello del mondo, ma se questo è costruito senza rispettare le leggi dell'ingegneria crollerà. E poi c'è il cardinal Leo Burke, che ha scelto la strada della peregrinatio in alcune diocesi italiane (non sempre accolto con dignità) per confutare gli errori della "dottrina" Kasper e ribadire dio essere un cattolico e non un ultraconservatore. Un ribaltone, rispetto ai mesi scorsi quando a parlare sui media erano solo i fautori del sì, che nel suo "borsino" Magister ha inquadrato come un vantaggio dei difensori della tradizione. Vedremo che cosa accadrà nei prossimi mesi. Certo, la dichiarazione di guerra Kasper l'ha lanciata, e, forse, non c'è nemmeno da scandalizzarsi. Semmai ci sarebbe da chiedersi, ce lo ammoniva anche Gesù, se il porporato ultra progressista tedesco abbia fatto i calcoli su quanti siano adesso gli uomini del suo esercito, prima di partire all'assalto finale .•
Il Timone 143 – Maggio 2015
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