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21.12.2024

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No virtù? Democrazia a rischio
1 Febbraio 2014

No virtù? Democrazia a rischio




Se lo Stato incrementa troppo i controlli (per esempio fiscali) le trasgressioni crescono. Le leggi e le procedure del sistema democratico non bastano: ogni Nazione ha imprescindibilmente bisogno delle virtù dei cittadini

Lo Stato aumenta i controlli, per esempio fiscali? Sappia che molto probabilmente le violazioni delle leggi, invece che diminuire, aumenteranno… Vedremo il motivo fra qualche riga; per il momento inquadriamo la questione.

Dilemmi delle democrazie occidentali
Una serie di problemi attanaglia diverse società occidentali, certamente quella italiana, dove sono molto frequenti le ruberie dei politici, i casi di corruzione che li riguardano, ecc. Tutto ciò produce una quasi generalizzata ondata di antipolitica, il voto di protesta o l’astensione o persino la preferenza, rispetto a quasi tutti gli uomini politici, per i governi dei tecnici.
Inoltre, le società occidentali debbono affrontare questioni di ardua risoluzione: per esempio garantire più libertà ai cittadini, ma anche più sicurezza sociale e più controlli per sanzionare la trasgressione delle regole; rispondere alle esigenze non di rado confliggenti dei singoli, ma anche favorire la coesione e la solidarietà fra le persone, ecc.
Ora, certamente questi problemi, ed altri che si potrebbero segnalare, dipendono anche da un insufficiente affinamento delle norme della convivenza sociale quanto delle procedure, che saranno sempre migliorabili, e anche dalla mancanza di controlli. Sia chiaro: non intendo affatto negare l’importanza e l’utilità delle regole, e dei controlli; solo che tutte queste cose hanno assolutamente bisogno di essere sorrette dalle virtù.

Il soggetto non virtuoso è inaffidabile

Se un certo liberalismo (non l’unico) ha tentato di reperire i meccanismi costituzionali e giuridici affinché una società riesca a fare a meno delle virtù dei singoli, ritengo piuttosto che far leva su una certa presenza di virtù, e dunque in qualche modo promuoverle, perlomeno culturalmente, sia davvero imprescindibile.
Il ridimensionamento dei problemi menzionati richiede la promozione delle virtù, in particolare richiede la promozione e la coltivazione di quella virtù che è la giustizia, la quale si prefigge di attribuire a ciascuno il bene che gli spetta e di perseguire il bene comune (su questo concetto cfr. G. Samek Lodovici, Il bene comune, «il Timone», 113 [2012], pp. 30-31, reperibile su www.iltimone.org ).Essi sono almeno parzialmente risolvibili solo se in una società aumenta significativamente il numero delle persone che desiderano e perseguono virtuosamente il bene comune.
Certo, le istituzioni possono in una qualche misura compensare i deficit di moralità individuale sanzionando i comportamenti socialmente dannosi; ma quando il deficit etico di un popolo diviene molto significativo, l’impatto di regole pur valide e di meccanismi pur intelligenti decresce significativamente ed è necessario un ritorno delle virtù. Le società possono essere giuste, e non il luogo del dominio del più forte, solo se sono virtuose almeno alcune delle persone che le compongono e quanto più sono numerose tali persone virtuose.
Infatti, i soggetti non virtuosi, che siano solo dei cittadini oppure dei politici, e tanto meno i soggetti utilitaristi o malvagi, non sono affidabili come partner della convivenza sociale: quando possono violare le leggi senza essere puniti le trasgrediscono e cercano tra le maglie dei controlli quegli interstizi dove possano maggiormente conseguire i propri interessi.
Ciò fino al punto che, se riescono e se risulta loro vantaggioso, impongono (da soli o insieme ad altri) il loro dominio, si insediano nelle istituzioni e/o le piegano ai loro interessi e/o le rovesciano.

Troppe norme e controlli aumentano le trasgressioni

Si può pur pensare di prevenire le trasgressioni delle leggi congegnando e realizzando un sistema di controllo pervasivo.
Ma, in primo luogo, nessun sistema di controllo può essere perfetto, nemmeno qualora fosse pervasivo (e che, tra l’altro, sarebbe estremamente costoso): grazie a Dio non è possibile realizzare un lugubre e tremendo “Big Brother” onnivedente e onniascoltante.
In secondo luogo, presto o tardi, un fitto e troppo articolato sistema di controlli può paradossalmente produrre l’aumento delle trasgressioni delle leggi, come ha evidenziato in particolare Bruno Frey. Quando il comportamento individuale è rigidamente controllato in molti aspetti della vita (non già solo relativamente ad alcuni aspetti essenziali del vivere in comune) e le punizioni sono elevate, le persone, per reazione e per desiderio di trasgressione, tendono spesso a osservare la legge non già per persuasione e per adesione ai suoi scopi, bensì solo perché temono le conseguenze delle trasgressioni, perciò cercano di esplorare tutte le opportunità di violarle impunemente. Così, un eccesso di controlli e di sanzioni incrementa le trasgressioni, dunque è controproducente, in quanto aumenta la frequenza proprio di quei comportamenti che vorrebbe impedire.
Più in generale, una costituzione pensata per calzare ad un popolo di furfanti, per una società di delinquenti, per una società di diavoli, «ha un effetto negativo sul senso di responsabilità dei cittadini». Pertanto, piuttosto, senza cadere nell’utopia di una società di angeli che possa fare a meno di regole, bisogna cercare di promuovere il senso civico dei cittadini e la ricerca virtuosa del bene comune. E «Una costituzione basata sul principio secondo cui i cittadini sono, in media, esseri umani ragionevoli, rafforza il loro senso civico». Frey fa l’esempio di una costituzione che prevede molte possibilità di consultazione dei cittadini, ad esempio tramite referendum, non solo abrogativi ma anche propositivi e deliberativi.
Al contrario, una costituzione che è basata prevalentemente sulla sfiducia ne riduce il senso civico, col risultato che essi «reagiscono violando le leggi ogniqualvolta [o comunque spesso, precisiamo noi] questo non implichi costi troppo alti», ogniqualvolta ritengano di poter essere impuniti.

La questione fiscale
Per esempio, un sistema fiscale oppressivo produce la proliferazione di strategie illegali (ma che, non di rado, sono in coscienza avvertite come forme di legittima difesa) per evadere le tasse (per es., lo spostamento dei propri capitali all’estero) e/o aumenta il ricorso a consulenti fiscali e/o incrementa l’individuazione di attività che prevedono delle deduzioni e/o incrementa la scelta di compiere attività non tassate (per esempio, viaggi e divertimenti), e/o causa il trasferimento delle imprese in altri Paesi: tutte cose che comportano risultati complessivi negativi sul gettito. Sia l’esperienza quotidiana che la ricerca empirica mostrano – dice Frey – che ogni misura introdotta per combattere l’evasione e le frodi fiscali «finisce per ridurre ulteriormente la motivazione intrinseca a pagare le tasse (almeno fino a quando non si riuscirà a limitare queste misure ai soli evasori) e stimola l’immaginazione dei cittadini nella ricerca di stratagemmi per evadere».
Insomma, il rispetto delle leggi richiede anche degli atteggiamenti e dei comportamenti virtuosi, quelli di chi è disposto a rinunciare ai propri interessi anche quando li potrebbe conseguire impunemente e piuttosto si prende a cuore il bene comune.

Una democrazia senza virtù può essere ignobile

Di più, una democrazia fatta di sole procedure, nella quale i soggetti perseguono solo i propri interessi e mai il bene comune, corre il rischio di cadere nel «dispotismo e nell’onnipotenza della maggioranza» presagito da Tocqueville: se una democrazia decide solo secondo il principio per cui è giusto ciò che viene scelto dalla maggioranza, la maggioranza può decidere di opprimere il singolo e/o la minoranza.
In effetti, la democrazia, il sistema politico in cui si decide a maggioranza, pur essendo molto probabilmente il miglior sistema politico, anche perché coinvolge l’essere umano nelle deliberazioni che riguardano il suo Paese, perché lo responsabilizza (almeno in una certa misura), non può essere mitizzata fino a considerarla un bene assoluto e un antidoto al male. La sua moralità non è automatica, bensì scaturisce dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi che impiega per raggiungerli.
Se non c’è un’aspirazione virtuosa al bene comune, una democrazia può essere ignobile, e autorizzare finanche l’uccisione dell’innocente (nel grembo materno e non solo).


Per saperne di più…

Bruno Frey, Non solo per denaro. Le motivazioni disinteressate dell’agire economico, Bruno Mondadori, 2005.
Martin Rhonheimer, Lo Stato costituzionale democratico e il bene comune, in E. Moranti – R. Panattoni (a cura di), Ripensare lo spazio politico: quale aristocrazia?, «Contratto», 6 (1997), p. 68.



IL TIMONE N. 125 – ANNO XV – Luglio/Agosto 2013 – pag. 30 – 31

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