IL TIMONE n. 129 – anno 2014 –
A-DIO MAESTRO
Il 13 novembre dell’anno scorso è morto Marcello D’Orta, da anni firma illustre de il Timone. Quando si è ammalato, Marcello mi ha subito scritto. Cercava conforto nell’amicizia, ma soprattutto preghiere. In realtà è stato lui a dare una grande testimonianza di fede nella prova lunga e faticosa del male che lo ha portato alla morte a soli sessant’anni. Anche in questo periodo difficile non ha mai smesso di collaborare con il Timone. Lui, famosissimo, non si vergognava di associare la sua firma a una rivista “schierata” come la nostra.
Chi era Marcello D’Orta? Era nato il 25 gennaio del 1953 in una famiglia di dieci persone in vico Limoncello, nel centro antico di Napoli. Marcello diventò uno scrittore di grandissimo successo: il suo “Io speriamo che me la cavo”, ritratto straordinario di Napoli e del mondo visti con gli occhi dei suoi allievi delle elementari, ha venduto 2 milioni di copie. Un caso letterario da cui è stato tratto perfino un film nel quale il ruolo del maestro é incarnato da Paolo Villaggio. Marcello è stato anche un editorialista, un saggista, un opinionista apprezzato e profondo, che mescolava sempre sapientemente, con tipico spirito napoletano, l’acutezza del giudizio a quella sana ironia che permette di guardare il mondo con un certo amabile distacco.
Ma, come spesso accade nella vita degli uomini illustri, la cosa più importante è quella che i più ignorano, è quella che è nota soprattutto a chi ha la fortuna di vivere vicino al personaggio. Bambino tra i bambini, Marcello è stato un uomo giusto, incapace di vedere il male; ha lottato contro la malattia martoriato dalle sofferenze. Oltre ai suoi libri, Marcello ha lasciato dietro di sé un tesoro grande: un figlio sacerdote, Padre Giacomo. Ed è lui che ci racconta il volto più bello del suo papà: un uomo di una fede meravigliosa, che aveva sempre sulla bocca il nome di Gesù, anche nei momenti più difficili. Lo faceva come il buon ladrone, ovvero, chiedendoGli di “ricordarsi di lui”: «Quando papà parlava del paradiso – racconta Padre Giacomo – ne parlava sempre commosso nel constatare quanto il Signore fosse prodigo nei nostri confronti. Faceva sempre un rapporto della nostra pochezza nei confronti della grandezza di Dio, il quale è sempre pronto nel suo essere generoso. Talvolta riusciva a comprendere degli aspetti dell’amore di Dio nei confronti dell’uomo immeritevole e si lamentava del Suo esempio inascoltato. E si mortificava di questo, sentendosi realmente tra quelli che non Gli rendevano il “tributo (d’amore) dovuto”.
Questo amore per Gesù ha alimentato nel cuore di questo uomo buono una costante attenzione per i bisogni del prossimo; aveva verso gli altri uno slancio “passionale” per aiutarli. Come recita il titolo di un altro suo bellissimo libro, “Dio ci ha creato gratis”. È forse questa la lezione più bella che il cattolico Marcello D’Orta ci ha voluto lasciare in eredità. Non lo dimenticheremo. (Mario Palmaro)
PAKISTAN: SEI BLASFEMO? A MORTE!
La Corte Federale per la sharia, tribunale islamico del Pakistan, ha emesso un’ordinanza che invita il governo a modificare le pene previste per il reato di blasfemia, oggi punibile con il carcere, fino all’ergastolo, o con la pena capitale. Secondo la Corte, occorre prevedere unicamente la punizione con la pena di morte. La Corte ha dato al governo due mesi per adeguare l’ordinamento giuridico nazionale. La disposizione si basa su una sentenza del 1990: già allora la Corte aveva chiarito che per la legge sulla blasfemia la pena di morte era l’unica punizione adeguata, in quanto il vilipendio del “Profeta” o dell’islam è «un reato intollerabile». La Corte ha dunque chiesto l’immediata attuazione del provvedimento. La sentenza ha creato scalpore e scompiglio soprattutto nella comunità cristiana in Pakistan e imbarazzo nelle istituzioni e nel governo del premier Nawaz Sharif, che appartiene alla Lega Musulmana del Pakistan. Nei giorni scorsi la Commissione “Giustizia e pace” dei Vescovi del Pakistan aveva diffuso dati preoccupanti sul netto incremento nelle denunce e nei casi di blasfemia contro i cristiani: quattro casi di blasfemia contro i cristiani sono stati registrati nel giro di un mese. L’incidenza è quattro volte superiore rispetto alla media mensile registrata nel corso degli ultimi due anni. Le accuse sono spesso palesemente false, poiché la blasfemia è utilizzata come “strumento di vendetta” in controversie private. Fra i cristiani condannati a morte per blasfemia vi è anche Asia Bibi, in carcere da oltre 4 anni. (PA) (Fides 10/12/2013)
ROSARIO PER L’ITALIA
Una grande campagna di preghiera, un “Rosario per l’Italia”, per «ottenere la liberazione dai nostri oppressori interni e internazionali, interiori ed esteriori». È l’iniziativa lanciata alcune settimane fa da Maurizio Blondet, direttore del giornale online Effedieffe, al termine di un’acuminata analisi della crisi morale e istituzionale in cui versa il nostro Paese e della sua incapacità di reazione. Un’Italia oltretutto gravata da una moneta unica che «doveva metterci le ali ai piedi» mentre è diventata «una macina da mulino al collo», e da un’Europa sorta sulla promessa della «fine dei nazionalismi bellicisti», diventata «l’arena dei più furbeschi egoismi e, soprattutto, dove regna incontrastabile la volontà del più forte». Un esempio a cui ispirarsi per questa “liberazione” è quello della Crociata Riparatrice del Rosario nell’Austria occupata dai sovietici. Scrive Blondet: «Nel 1946 nel Santuario di Mariazell il cappuccino Petrus Pavlicek, ex prigioniero di guerra, ebbe una voce interiore; da allora girò per la patria per convincere quanti più austriaci possibile a recitare il Rosario per la liberazione dall’Armata Rossa. La sua idea era un Rosario perpetuo: 24 ore su 24 dovevano esserci austriaci che pregavano la Vergine. Portava con sé una statua della Vergine di Fatima donatagli dal vescovo di Leira. Nel ’55, c’erano mezzo milione di austriaci – che erano allora 5 milioni in tutto – che partecipavano alla preghiera, nessuna ora del giorno e della notte era senza invocazione a Maria. E nel 1955, fra maggio e ottobre, l’Armata Rossa si ritirò. Spontaneamente e senza un chiaro motivo. La Mosca sovietica non lasciò mai la presa su nessun altro Paese occupato. Non se n’è andata dalla Polonia, né dalla Romania né dall’Ungheria, né tantomeno dal lacerto di Germania che aveva strappato per sé; ma dall’Austria sì».
Chi volesse aderire all’iniziativa può trovare sul sito www.effedieffe.com un calendario in cui segnare il Rosario per l’Italia che vorrà recitare.
NON DIMENTICARE I MARRTIRI DEL COMUNISMO
«La storia è maestra di vita. È quindi giusto contribuire a far conoscere alle nuove generazioni una pagina dolorosa nella vita dei popoli dell’Europa Orientale, privati della loro libertà religiosa e condannati a vivere oltre una cortina che impediva loro ogni contatto con gli altri fratelli del mondo intero». Lo ha affermato il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio, al convegno «La Chiesa nell’Europa dell’Est durante il comunismo: tra i martiri e la resistenza silenziosa», promosso dall’Ambasciata della Bulgaria presso la Santa Sede e dall’Ordine di Malta, tenutosi a Roma il 10 dicembre scorso.
Il cardinale Sodano ha ricordato come, secondo alcuni studi, furono 40 milioni le vittime di Stalin: «Fra di loro v’erano anche molti perseguitati a causa della loro fede». Nel suo intervento, il cardinale ha ricordato l’apporto dato da Giovanni Paolo II alla libertà dei popoli europei: «Molti fattori hanno contribuito al traguardo storico del crollo del Muro di Berlino come la maturazione delle coscienze nei cittadini dell’Est europeo, la diffusione dei mezzi di comunicazione sociale, il processo unificante della Comunità europea e non da ultimo l’insostenibilità dei sistemi sociali dell’Est che impoverivano quelle popolazioni». Ma, ha aggiunto Sodano, «determinante fu anche l’opera del grande Pontefice Giovanni Paolo II come riconobbe l’ultimo presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov». Da qui l’augurio del cardinale perché «emerga la storia di quei martiri che non sono solo sacerdoti o monaci, ma un popolo cristiano che ha sofferto e si continui ad approfondire tale pagina della storia recente, senza timore di dire la verità perché la verità non offende». (Vatican insider, 10/12/2013)
INGHILTERRA: CRISTIANI CONDANNATI
Rovinati e condannati per il loro credo. Dopo tre gradi di giudizio, dovranno risarcire Mr. Preddy e Mr. Hall con 3600 sterline. La Corte Suprema non ha minimamente considerato il credo religioso dei coniugi Bull che nel loro Bed & Breakfast non avevano concesso la camera matrimoniale ai due gay. I Bull non avevano rifiutato l’ospitalità, ma avevano loro offerto due stanze separate. I due però non avevano accettato, se n’erano andati sbattendo la porta e con la promessa di una denuncia. La vicenda risale al 2008 ma, nel frattempo, la struttura ha dovuto chiudere per la cattiva pubblicità che ne è seguita. Le presenze nel B&B, infatti, erano calate vertiginosamente.
La signora Bull: «Io e mio marito siamo solo dei semplici cristiani che credono nell’importanza del matrimonio come unione di un uomo e una donna e questo convincimento non è basato sull’ostilità nei confronti di nessuno. La Gran Bretagna dovrebbe essere un paese di libertà e tolleranza, ma sembra che il credo religioso sia destinato a passare sempre in secondo piano di fronte all’esigenza del “politicamente corretto ad ogni costo”. C’eravamo appellati alla Corte Suprema proprio per avere un minimo di equilibrio fra orientamento sessuale e libertà religiosa, ma i giudici non solo hanno eluso il problema ma hanno anche rafforzato la convinzione che i diritti dei gay debbano trionfare sempre e comunque». Siamo alle solite. Nello scontro di diritti, vince a oltranza quello omosessuale. (www.nocristianofobia. org 29/11/2013).
FOCUS
In Maria c’è tutto (Papa Francesco)
L’8 dicembre scorso, come di consuetudine, Papa Francesco ha reso il tradizionale omaggio alla statua della Madonna Immacolata, in Piazza di Spagna, a Roma. Confidando nell’intercessione di Maria, il Papa ha chiesto quattro frutti: «Nella nostra parola rifulga lo splendore della verità; nelle nostre opere risuoni il canto della carità; nel nostro corpo e nel nostro cuore abitino purezza e castità; nella nostra vita si renda presente tutta la bellezza del Vangelo». Commenta Massimo Introvigne, sul quotidiano on line La Nuova Bussola (www.lanuovabq.it 9/12/2013): «Nella Madonna davvero il vero, il buono e il bello convergono. La via della bellezza passa per Maria, e apre alla verità, alla bontà, alla castità, alla carità».
Colpa nostra (Card. Raymond Leo Burke)
Intervistato da un periodico americano, il cardinale Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica, ha detto che la diffusione negli USA di idee malsane nel campo della “triade aborto- nozze omosessuali-contraccezione” è dovuta anche a colpe dei cattolici: «Non abbiamo adeguatamente combattuto perché non ci è stata insegnata la nostra fede cattolica, necessaria per affrontare questi gravi mali del nostro tempo». E ha aggiunto: «È un fallimento della catechesi dei bambini e dei giovani che si è realizzata per cinquant’anni». Per questa ragione, molti elettori cattolici «sostengono i politici con posizioni immorali, perché non conoscono la loro fede cattolica». Parole buone anche per la nostra Italia. Per i suoi “cattolici adulti”.
Figli delle tenebre (Riccardo Cascioli)
Si discute in Parlamento il disegno di legge Scalfarotto (dal nome del deputato PD che lo ha presentato) sull’omofobia, che mette in pericolo la libertà di chi vuole promuovere idee conformi alla legge naturale in materia di famiglia e omosessualità. Commenta Riccardo Cascioli su La Nuova Bussola quotidiana (6/12/2013): «Non è un caso che alla Camera e ora al Senato la discussione sul disegno di legge sull’omofobia venga imposta in tempi rapidissimi e prediligendo le sedute notturne, perché i figli delle tenebre non sopportano la luce». La Nuova Bussola, scrive Cascioli, intende «illuminare quell’oscurità in cui operano i nemici dell’uomo e della famiglia, far vedere cosa stanno facendo e fare clamore perché il maggior numero possibile di persone ne venga a conoscenza e si mobiliti». Il Timone si associa.
IL TIMONE N. 129 – ANNO XVI – Gennaio 2014 – pag. 10 – 11
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