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12.12.2024

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Gender, dialogo e annuncio della fede
31 Gennaio 2014

Gender, dialogo e annuncio della fede


Approfondiamo alcuni importanti temi affrontati dal Papa con la curia romana. L’ideologia del gender che rifiuta la natura sessuata dell’uomo. Il dialogo come mezzo per convincere dei principi non negoziabili e l’annuncio perché gli uomini “vedano” in Cristo il Salvatore

«Precondizione della pace è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo»: così scrive il Papa nel Messaggio per la XLVI giornata mondiale della pace.
Sono parole piene di significato, anche perché ripetute spesso dal Santo Padre, quando ricorda quei principi non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione) senza i quali non si costruisce il bene comune e non si può garantire la pace.
Pochi giorni dopo aver reso pubblico (8 dicembre 2012) questo documento, il Papa riceveva la curia romana per gli auguri natalizi. I papi ci hanno abituato a riservare a questo appuntamento interventi molto importanti, come quello del 2005, quando Benedetto XVI ricordò come il Concilio ecumenico Vaticano II deve essere letto come una riforma nella continuità, condannando la tesi della «rottura» fra una Chiesa pre e un’altra post-conciliare. In questo 21 dicembre 2012, il Pontefice, fra molti altri ricordi degli episodi salienti dell’anno di pontificato, ha ricordato due punti che vorrei sottolineare.

L’ideologia del gender
Il primo riguarda l’ideologia del gender, cioè forse la più significativa espressione della dittatura del relativismo, secondo la quale «il sesso […] non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente…». L’uomo, così, «nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela».
Il relativismo arriva così a mettere in discussione la natura stessa. L’uomo è concepito come qualcosa di astratto, che poi sceglierà il proprio orientamento sessuale quando lo riterrà opportuno e magari avvalendosi della facoltà di mutarlo ripetutamente nel corso dell’esistenza. Così «maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più», ma se non esiste più questa dualità maschio e femmina «non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione», come fa notare il Papa citando «un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante » inviato a tutti i ministri francesi dal Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim.
Questa ideologia nasce dal femminismo radicale degli anni Settanta, che assume molti aspetti dall’ideologia di Marx ed Engels per realizzare una vera rivoluzione culturale: «Come la meta finale della rivoluzione socialista non era solo l’eliminazione dei privilegi di classe ma la stessa distinzione in classi, così il fine ultimo della rivoluzione femminista deve essere, a differenza del primo movimento femminista, non solo l’eliminazione dei privilegi maschili ma la stessa distinzione in sessi», così scrive Shulamith Firestone (1945-2012), una delle più accreditate femministe radicali.
«La natura ci ha reso schiave, la cultura ci renderà libere» diceva questa femminista e puntualmente l’ideologia del gender sta realizzando questo obiettivo. Ma la lotta contro la natura presuppone un grande sforzo propagandistico che muti il senso comune delle persone, sforzo che si esprime in tutta la sua potenza durante le due Conferenze internazionali promosse dall’ONU a Il Cairo e a Pechino, nel 1994 e nel 1995, la prima sulla popolazione e la seconda sulla donna. Una scrittrice americana, Dale O’Leary, presente in queste occasioni, ha potuto verificare di persona che cosa significhi mettere in atto questa “potenza di fuoco” e tentare di imporre l’Agenda di Genere a tutti i governi del mondo, appunto partendo dai lavori di queste assemblee internazionali. Oggi noi ci chiediamo da dove vengano i ministeri o gli assessorati per le pari opportunità, le Agende di Genere, le quote rosa, la soppressione del termine padre e madre all’anagrafe sostituito dal termine “genitore a” e “genitore b”; oggi noi siamo sorpresi, e se non lo siamo abbiamo la colpa di non voler vedere, del fatto che in ogni scuola di tutti gli ordini e gradi siano previste le politiche di genere, così come nelle diverse amministrazioni comunali o provinciali, o da parte delle Regioni. Sappiamo anche che molti, anche se investiti di autorità, non capiscono che cosa significhi tutto questo e non ne colgono la portata rivoluzionaria, in questo aiutati dalla confusione veicolata dai media. Provvidenzialmente il beato papa Giovanni Paolo II si rese conto, durante la Conferenza de Il Cairo, anzitutto, qual era la posta in gioco e denunciò pubblicamente quello che stava accadendo durante i lavori, cioè il tentativo con cui l’amministrazione Clinton, il governo canadese, l’Unione Europea e gran parte delle agenzie dell’Onu, come scrive la O’Leary «si sono impegnate a “infondere la prospettiva di genere”» nonostante il sostanziale occultamento di quanto stava accadendo da parte dei mezzi di comunicazione.

Dialogo e annuncio della fede
Ma come è possibile smantellare la dittatura del relativismo e la convinzione di una morale totalmente autonoma?
La domanda è centrale perché se è vero che Dio solo converte i cuori è altrettanto vero che l’uomo deve fare la sua parte, da “servo inutile” certamente ma sapendo anche che un cristiano non può non annunciare la verità, anzitutto per salvare la propria anima: «animam salvasti, animam tuam predestinasti», scriveva sant’Agostino.
Per smantellare la cultura del relativismo non c’è altra strada che quella del dialogo per convincere dell’esistenza di alcuni principi non negoziabili, che il Papa ancora ricorda come centrali nella vita di una comunità.
Il Papa si sofferma a lungo su questo aspetto, riconoscendo tre tipi di dialogo, quello con gli Stati, quello con la società e infine quello con le religioni.
Praticando il dialogo con gli Stati e le società, la Chiesa «non ha soluzioni pronte per le singole questioni», ma «deve difendere con la massima chiarezza» ciò che «essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili».
Per quanto riguarda il dialogo con le religioni, Benedetto XVI riconosce come esso abbia diverse dimensioni. Innanzitutto, c’è un dialogo della vita in cui non si parla dei grandi temi della fede ma di problemi pratici per la vita della società e dello Stato: «questi sforzi possono avere anche il significato di passi comuni verso l’unica verità », ma «in questo caso il dialogo non ha di mira la conversione bensì la comprensione » e si distingue dall’evangelizzazione e dalla missione. Tuttavia, il Papa invita a guardare più a fondo questa forma di dialogo, senza superficialità, e scrive: «la ricerca di conoscenza e di comprensione, però, vuole sempre essere anche un avvicinamento alla verità. Così, ambedue le parti, avvicinandosi passo passo alla verità, vanno in avanti e sono in cammino verso una più grande condivisione, che si fonda sull’unità della verità». E quindi invita i cristiani a non temere di perdere la propria identità, ad avere la certezza che «Cristo, che è la Verità, ci ha presi per mano, e sulla via della nostra ricerca appassionata di conoscenza sappiamo che la sua mano ci tiene saldamente».
Infine, l’annuncio, l’evangelizzazione, in attesa dell’esortazione apostolica dopo il Sinodo sulla nuova evangelizzazione tenutosi nello scorso mese di ottobre. Sbaglieremmo se credessimo inutile il dialogo: esso serve a cercare di mantenere o ritrovare la pace, a spegnere i conflitti, a garantire la giustizia dove venisse calpestata. Esso può servire anche ad avvicinare alla verità, passo passo come scrive il Papa, e quindi in qualche modo può predisporre all’annuncio della fede. Quest’ultimo «diventa efficace là dove nell’uomo esiste la disponibilità docile per la vicinanza di Dio» e quindi a incontrare Cristo e la Sua Chiesa: «Alla fine dell’anno vogliamo pregare il Signore, affinché la Chiesa, nonostante le proprie povertà, diventi sempre più riconoscibile come sua dimora».

Per saperne di più…

Benedetto XVI, Discorso per la presentazione degli auguri natalizi alla curia romana, 21 dicembre 2012.
Benedetto XVI, Messaggio per la XLVI Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 2013. Dale O’Leary, Maschi o femmine? La guerra del genere, Rubbettino 2006.
Il testo del Gran Rabbino di Francia si trova sul sito www.granrabbindefrance.com e parzialmente tradotto sul sito www.tempi.it .

IL TIMONE N. 120 – ANNO XV – Febbraio 2013 – pag. 58 – 59

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