Fu un Papa molto devoto. Che agì con grande energia nel condurre la Chiesa, per riaffermarne i diritti contro la prepotenza del potere civile
Nome: | Giacomo Duése |
Data di nascita: | intorno al 1244 |
Elezione: | 7 agosto 1316 |
Incoronazione: | 5 settembre 1316 |
Data morte: | 4 dicembre 1344 |
Sepolto: | cattedrale di Avignone |
Posizione cronologica: | 196 |
Come spesso accade,quando è eletto un Papa di età avanzata, si pensa che il suo sarà un pontificato di transizione. Ma non sempre è così: Giovanni XXII, eletto a 72 anni, terrà il pontificato per 18 anni (1316-1334).
Dopo il burrascoso pontificato di Clemente V, papa Giovanni XXII è l’uomo giusto per riformare e riorganizzare una Chiesa sull’orlo del tracollo, “arrugginita” dopo una sede vacante durata 22 mesi e il recente trasferimento ad Avignone. Il suo è un pontificato prevalentemente politico, dalla connotazione marcatamente teocentrica per affermare con forza i diritti della Santa Sede, anche se non è tralasciata del tutto la dimensione religiosa in cui lo spirituale può e deve decidere sul temporale.
Anche da Papa, mantiene una grande umiltà di carattere, nonostante una certa rudezza essendo refrattario ad ogni compromesso: un “giurista” con il piglio del condottiero dai costumi irreprensibili, con uno stile di vita ascetico.
Giacomo Duése è originario di un’antica famiglia nobiliare di Cahors, in Francia, dove nasce intorno al 1244. Studia a Montpellier per poi proseguire ad Avignone. Dopo essere diventato arciprete della cattedrale di S. Andrea di Cahors, le particolari doti di brillantezza e di profonda conoscenza della legge lo favoriscono per diventare vescovo di Frejus nel 1300 e poi cancelliere di Carlo II d’Angiò, re di Sicilia, nel 1308. Quindi è nominato vescovo di Avignone (1312) e, nello stesso anno, cardinale.
Alla morte di Clemente V avvenuta a Carpentrans il 20 aprile 1314, il conclave si riunisce il primo maggio in quella stessa città, secondo le indicazioni della costituzione Ubi Periculum di Gregorio X che impone di riunirsi nel luogo dove il Papa è deceduto. Sarà un conclave travagliato che durerà quasi due anni, costretto a trasferirsi a causa di tumulti scatenati da rivoltosi francesi contro i cardinali italiani (i quali riusciranno ad aver salva la vita solo fuggendo fortunosamente da un passaggio sul retro del palazzo episcopale sotto assedio), ritenuti responsabili dei continui rinvii. Sarà poi Filippo V, fratello del predecessore Luigi X succeduto al padre Filippo il Bello, a rinchiudere i cardinali a Lione il 28 giugno dove il successivo 7 agosto 1316 è eletto Papa il card. Giacomo Duése.
Da subito Giovanni XXII riorganizza efficacemente la curia. Crea un sistema di entrate fiscali che risolleva in breve tempo le casse del Papa disastrate dalla dissoluta corte avignonese. Accentra le decisioni più importanti soprattutto in materia di benefici ecclesiastici. Considera, infatti, la posizione del papato preminente nei confronti sia del potere civile sia delle altre chiese, pienamente cosciente dell’altissima dignità della carica pontificia, sulla scia della concezione teocratica già sostenuta in passato da grandi pontefici come Gregorio VII e Bonifacio VIII.
Fonda la Sacra Rota, il tribunale in cui a turno si avvicendavano dodici giuristi (rotalim ossia a turno), per gestire la Cancelleria. La burocrazia vaticana si organizza, ma inizia anche ad accrescersi più del dovuto. Promuove l’attività missionaria dei due Ordini Mendicanti in Oriente, diffonde la recita del Rosario e istituisce la solennità della Santissima Trinità.
L’avvio del pontificato è tormentato da diversi complotti, che spingono Giovanni verso un nepotismo piuttosto deciso come forma di difesa da un ambiente che si presenta subito molto ostile, e dagli scontri con l’imperatore Ludovico Il Bavaro (1314-1347).
Dopo la morte di Enrico VII nel 1313, gli “Elettori” si sfidano e nominano due imperatori: Federico d’Austria consacrato a Bonn e Ludovico il Bavaro, incoronato ad Aquisgrana. Giovanni XXII dichiara l’impero vacante: con una lettera dell’ottobre 1323 sostiene il suo diritto di giudicare e ratificare la scelta dell’imperatore. Convoca ad Avignone Ludovico, che nel frattempo incarcera Federico, per sollecitarlo all’abdicazione. L’imperatore disattende l’invito e il Papa lo scomunica il 23 marzo 1324, sciogliendo i sudditi del patto di fedeltà, e minaccia la sospensione “a divinis” per quei sacerdoti che ne avessero appoggiato la causa. La reazione non si fa attendere: Ludovico pubblica un documento durissimo, il manifesto di Sachsenhausen del 22 maggio 1324, «contro Giovanni che si dice Papa» accusandolo di essere nemico di Cristo. In questi attacchi Ludovico è spalleggiato da diverse parti del mondo politico ghibellino, dal clero tedesco e trova sostegno anche da Marsilio da Padova che, nella sua monumentale opera Defensor Pacis, attacca alle fondamenta l’origine divina del Primato di Pietro, oltre a tutta la struttura gerarchica della Chiesa.
Nonostante la scomunica, Ludovico scende in Italia deciso a ricevere l’investitura solenne a Roma, a dispetto dell’interdetto lanciato sulla città. Con l’aiuto del capitano del popolo Sciarra Colonna, partecipa il 17 gennaio 1328 alla messa sacrilega in San Pietro durante la quale si fa incoronare imperatore da due vescovi anch’essi scomunicati. Nell’aprile del 1328 un’assemblea di laici convocata da Ludovico pretende di deporre il Papa, sostituendolo con un antipapa che assume il nome di Niccolò V.
Presto però l’arroganza e la superbia di Ludovico lo trascinano a continui eccessi al punto che il popolo romano, prima osannante, incomincia a contestarlo duramente. Nel 1329 rientra in Germania, lasciando l’Italia da sconfitto.
Giovanni XXII interviene anche nel difficile contrasto che da tempo si consuma all’interno dei Francescani, divisi in due correnti: gli “spirituali” che vogliono una povertà assoluta e radicale con totale distacco dai beni materiali, e i “conventuali”, a favore di una povertà moderata. La base del contendere è la questione teologica posta dagli “spirituali” se «Cristo e i suoi apostoli abbiano posseduto qualcosa, tanto personalmente che in comune». Per gli spirituali no, mentre Giovanni risponde affermativamente che comunque la povertà non è al vertice delle virtù cristiane, dovendosi anteporre la carità e l’obbedienza.
Quando i fraticelli convocano un capitolo generale a Perugia nel 1322 che si pronuncia per la totale povertà del capo della Chiesa e degli apostoli, Giovanni XXII reagisce in maniera progressivamente sempre più netta e dettagliata. L’8 dicembre 1322, con la bolla Ad Conditorem canonum, rinuncia ai suoi diritti sui beni di cui i Frati Minori avevano solo l’usufrutto, rendendoli così possessori di beni a tutti gli effetti. Ancor di più, con la bolla Cur inter nonnullos del 12 novembre 1323 dichiara eterodosso chi sostiene che Cristo e gli apostoli non abbiano mai posseduto nulla, anche in comune.
Altro scontro teologico si avrà intorno alla questione della visione beatifica dell’anima dopo la morte, che Giovanni sostiene sia possibile agli eletti solo dopo la resurrezione e non, come tradizionalmente si credeva, già al momento del trapasso: ritratterà tutto in punto di morte, che avviene il 4 dicembre 1334.
IL TIMONE N. 120 – ANNO XV – Febbraio 2013 – pag. 54 – 55
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