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14.12.2024

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Bisanzio: splendore e caduta
31 Gennaio 2014

Bisanzio: splendore e caduta


Poco conosciuto, eppure straordinario per cultura e civiltà. E per aver difeso per secoli l’Europa dai nemici esterni


L’imperatore Costantino è il vero rivoluzionario che ha risolto il problema dei Cristiani, avendo compreso che essi non erano contro l’Impero. L’editto di Milano del 313 concede loro libertà di culto. Tuttavia, appena liberi da persecuzioni, i Cristiani appaiono divisi da problemi dottrinali. In Oriente, ad Alessandria, divampò l’eresia promossa da Ario (256-336), un presbitero originario di Cirene ma formato alla scuola di Antiochia, dove fu discepolo del martire Luciano che negava una perfetta identità di Cristo con il Padre. Costantino intervenne, temendo un conflitto tra i Cristiani delle principali province dell’Impero: la Siria, sede del più numeroso gruppo di legioni e delle industrie militari per rifornirle, e l’Egitto, il massimo produttore di derrate alimentari per nutrire le capitali. Il concilio di Nicea, convocato e presieduto da Costantino nel 325, doveva riportare l’unità nei Cristiani dell’Impero.
Costantino è il creatore dell’autocrazia: il potere imperiale, in campo civile e religioso, è assoluto, proprio come quello di un generale supremo che decide su tutto: è l’ideale politico di Giustiniano, di Luigi XIV, di Napoleone, degli zar russi, ossia di coloro che si sono identificati con lo Stato. Costantino fece trionfare la tesi ortodossa a Nicea, ma appena tre anni dopo, quando si accorse che l’arianesimo era più funzionale ai suoi interessi politici, non esitò a favorire gli ariani in tutto l’Impero. La stessa cosa fece il figlio Costanzo II, fino all’imperatore Valente, tragicamente sconfitto ad Adrianopoli nel 378, quando l’Impero fu a un passo dal tracollo.

Giustiniano, Eraclio: gli imperatori bizantini
Il successore di Valente fu Teodosio, dal 379, l’ultimo imperatore capace di riunire le due parti dell’Impero. Dal 374 era vescovo di Milano Ambrogio, l’unico grande critico dell’autocrazia. Quando i ciambellani di Teodosio allestirono il trono imperiale sul presbiterio, perché così usava in Oriente, Ambrogio affermò che non avrebbe dato inizio ai sacri misteri se il trono non veniva trasferito nella parte riservata ai fedeli: l’imperatore è il più potente tra gli uomini, ma il suo posto è tra i fedeli, non tra i presbiteri. Teodosio comprese il problema. La conversione di Agostino, completata a Milano nel 387 con il battesimo impartito da Ambrogio, permise l’elaborazione della teologia politica occidentale fondata sul principio di papa Gelasio (492- 496), ossia che esistono due realtà sovrane e indipendenti, destinate dalla Provvidenza a garantire la felicità terrena ed eterna dell’uomo, ossia il Papa e l’Imperatore.
Alla morte dell’imperatore Teodosio II, nel 450, l’Impero bizantino fu in grado di deviare a ovest le invasioni di Unni e Germani, e perciò quelle popolazioni si impadronirono dell’Occidente. Il problema più grave per i bizantini fu il conflitto con l’Impero di Persia, lungo una zona di frizione che comprendeva l’alta Mesopotamia e l’Armenia. A lungo i Sassanidi persiani rifiutarono il cristianesimo, ritenuto la religione dei nemici. Più tardi, sarà tollerato in Persia il cristianesimo nestoriano, ostile alla Chiesa imperiale di Bisanzio, che così ebbe la possibilità di espandersi in Asia centrale giungendo fino in Cina.
Con Giustiniano (527-565) l’Impero bizantino decise di riconquistare l’Occidente con il pretesto di combattere contro i regni romano-barbarici ariani. Belisario (500 ca-565), il generale più famoso, distrusse i Vandali in Africa, poi sbarcò in Italia contro gli Ostrogoti nel corso di guerre spaventose che spopolarono e impoverirono la penisola. L’unica nota positiva di quel periodo sono le chiese di Ravenna, formanti un complesso artistico unico in Italia, con i mosaici di San Vitale che rappresentano gli imperatori Giustiniano e Teodora con il loro seguito, presenti sul presbiterio. In Oriente, Giustiniano fece erigere la chiesa di Santa Sofia, vero simbolo della concezione bizantina del potere. I successori di Giustiniano dovettero affrontare l’invasione dei Balcani operata da Avari e Slavi che minacciarono a lungo la capitale. Con Eraclio (614-641), il più grande imperatore bizantino, riprese la guerra contro la Persia, complicata dall’assedio di Costantinopoli da parte degli Avari. Con una serie di guerre epiche, Eraclio riuscì a respingere i Persiani e a conquistare la loro capitale Ctesifonte, dove fu ritrovata la croce di Cristo, asportata nel corso del saccheggio di Gerusalemme, avvenuto nel 614. Essa fu riportata solennemente a Gerusalemme il 14 settembre 630, come ricorda una festa liturgica che ancora si celebra.

La crisi islamica
Seguì la crisi islamica. Nel 622 Maometto lasciò la Mecca e si recò a Medina. Nel 630 tornò da vincitore alla Mecca e due anni dopo morì. I suoi successori, i noti califfi, specialmente il secondo, Omar, operarono una serie spettacolare di conquiste. Nel 636 fu presa Damasco, due anni dopo Gerusalemme, nel 642 Alessandria. In Oriente fu conquistato l’Iraq, la Persia, da allora denominata Iran, fino in India e in Indonesia. Verso Occidente fu occupata tutta l’Africa del nord e poi avvenne lo sbarco in Spagna: il regno dei Visigoti terminò nel 718 con l’occupazione di Toledo. Le due battaglie d’arresto degli Islamici avvennero a Poitiers, nel 732, dove la cavalleria leggera islamica venne distrutta dalla cavalleria pesante di Carlo Martello, nonno di Carlo Magno, e a Costantinopoli, dove Leone III l’Isaurico resistette per un anno all’assedio islamico. Peraltro le flotte islamiche dominarono a lungo il Mediterraneo, avendo gli Arabi scoperto che la guerra nel deserto segue la stessa strategia della guerra sul mare.

La crisi iconoclastica
I conflitti tra Stato e Chiesa sono quasi sempre causati dalle tasse. Lo Stato bizantino era terribilmente fiscale, arrivando a esigere il 20% dei guadagni dei cittadini, una cosa a quei tempi giudicata mostruosa. L’arrivo dei musulmani nel VII secolo fu una benedizione per i contribuenti, perché le tasse per i credenti erano il 3%, mentre invece per gli infedeli, ossia per i cristiani, erano il 10%. Venir conquistati dagli arabi significava vedersi dimezzare le tasse; diventando musulmani si pagava circa un sesto rispetto ai vecchi tempi. I contadini, nel VII secolo e nei secoli seguenti, cedevano le terre tenute in proprietà ai monasteri, a loro volta esentati dalle tasse, e ricevevano le loro terre dietro pagamento di un canone molto tenue, in genere pagato in natura. Le icone dei monasteri più famosi erano letteralmente rivestite di oro che lasciava trasparire solamente i volti santi. I consiglieri di Leone III l’Isaurico ritenevano il fatto un indebito immobilizzo di oro che si sarebbe potuto trasformare in monete. Gli iconoclasti ripetevano il ritornello di Giuda: le cose preziose vanno vendute per aiutare i poveri, anche se in realtà arricchiscono chi ha le mani in politica. Nel 726 iniziò così la battaglia iconoclastica, ossia il divieto di confezionare nuove icone sacre. Il patriarca Germano, reo di opporsi, fu destituito. Papa Gregorio II non aderì agli ordini imperiali spiegando che le immagini sacre erano venerate da tempo immemorabile. L’iconoclastia fu rifiutata una prima volta dall’imperatrice Irene, che nel 787 convocò a Nicea un concilio ecumenico. Si fece la nota distinzione tra “significante” e “significato”: la venerazione delle immagini è diretta al significato ossia alla persona divina, non al marmo, al legno, alla tela colorata che sono meri significanti o supporti sensibili. Poi le tendenze iconoclastiche ripresero il sopravvento, fino all’842, quando l’imperatrice Teodora ordinò la ripresa del culto delle icone.
Dalla crisi alla fine
La crisi iconoclastica accelerò la rinascita dell’Impero Romano d’occidente, al tempo di Carlo Magno, incoronato a Roma da papa Leone III nella notte di Natale dell’anno 800. L’evento fu male interpretato in Oriente, accrescendo la diffidenza e la reciproca estraneità dei due Imperi. Papa Niccolò I (858-867) fu arbitro della contesa per il seggio patriarcale di Costantinopoli tra Ignazio e Fozio, il più colto prelato bizantino. Fu convocato l’ultimo concilio ecumenico celebrato in Oriente che assegnò la carica a Ignazio. Tuttavia Fozio gli subentrò per motivi politici. Nella polemica che seguì, Fozio arrivò ad accusare la Chiesa romana di eresia per aver introdotto nel Credo, quando si parla dello Spirito Santo, l’affermazione «che procede dal Padre e dal Figlio». Questo secondo termine, in latino Filioque, fu giudicato abusivo, addirittura eretico. Più tardi, quando avverrà la frattura definitiva nel 1054, al tempo del patriarca Michele Cerulario, questo supposto abuso giustificò lo scisma tra le due Chiese, non ancora composto. Dopo una grande ripresa dell’Impero Bizantino, durata dall’867 fino al 1025, al tempo della dinastia Macedone, seguì un rapido declino quando, nel 1071, a Manzikert in Armenia, i turchi Selgiukidi distrussero l’esercito bizantino guidato da Romano IV Diogene. La perdita dei territori di reclutamento militare in Cappadocia indebolì definitivamente l’Impero. Seguirono le crociate tra il 1096 e il 1270, sostanzialmente fallimentari per l’Impero bizantino, che nel 1204 subì l’occupazione e il saccheggio di Costantinopoli. I Veneziani crearono un effimero Impero Latino d’Oriente, durato fino al 1261. Dopo quell’anno fu rifondato l’Impero bizantino ormai limitato a Costantinopoli e alla Tracia sotto protettorato genovese. Ebbe vita precaria fino all’attacco definitivo dei turchi Osmanli che, nel 1453, ebbero ragione di un grande impero che ha difeso l’Europa nel momento della sua massima debolezza e che merita maggiore apprezzamento da parte di tutti.

Dossier: CHIESA E IMPERO

IL TIMONE N. 119 – ANNO XV – Gennaio 2013 – pag. 44 – 45

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