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13.12.2024

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Seguire, non precedere
31 Gennaio 2014

Seguire, non precedere


«Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”» (Mt 16,21-23)

«Darò vita ad un colloquio con la beata Vergine, in cui le chiederò di ottenermi dal Figlio la grazia di poter essere ricevuto e di rimanere sotto il suo stendardo: innanzitutto mediante la sola povertà spirituale o anche (se ad essa mi volesse chiamare ed ammettere) in quella posta nella spogliazione delle cose; quindi anche mediante l’umiliazione o il disprezzo, per imitarlo più da vicino, evitando però di essere occasione di colpa per altri, che cioè il disprezzo di me stesso non vada a detrimento di qualcuno e non diventi una offesa a Dio. Questo primo colloquio lo si concluderà con un’Ave Maria. Il secondo colloquio sarà con Cristo uomo, perché mi ottenga dal Padre la stessa cosa e si aggiungerà alla fine la preghiera Anima Christi. Il terzo al Padre, perché acconsenta alla richiesta, con un Padre nostro» (Sant’Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n. 147)

«Camminare per le vie del Signore» è un’espressione che ricorre spessissimo, in questi termini precisi (Dt 30,16) o con parole equivalenti (Sal 78,10; Sal 1) nella Sacra Scrittura. L’obbedienza alla legge è vista soprattutto in termini dinamici, dove quello che conta è mantenere la giusta direzione, non abbandonare la retta via, non scoraggiarsi davanti agli ostacoli, saper “tornare indietro”, cioè “convertirsi” nel caso si sia imboccata una strada sbagliata.
Questo ci aiuta a comprendere più in profondità un episodio molto noto che ha per protagonista l’apostolo Pietro. Davanti alla profezia della passione, Pietro infatti ha una reazione di rifiuto. Il rifiuto non ha per oggetto Gesù ovviamente, ma quello che Gesù ha intenzione di fare, la via che si propone di percorrere che, agli occhi di Pietro, appare come assolutamente sbagliata, inaccettabile, non degna del Messia di Israele: «Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo » (Mc 8,32 e Mt 16,22). La reazione di Gesù e le parole che usa diventano allora molto chiare: togliti di mezzo Pietro, mettiti dietro di me, perché davanti mi sei non di aiuto, ma addirittura nemico (Satan = nemico). Diventi un ostacolo, uno skándalon (Mt 16,23).
La vita del cristiano deve essere una sequela, un seguire Gesù. Purtroppo l’orgoglio e la mancanza di fede ne fanno spesso un precedere. Si fanno progetti elaborati autonomamente e poi ci si stupisce che il Signore non li approvi, non “ci venga dietro”. Allora ci arrabbiamo, ci sentiamo abbandonati, “non seguiti”. Le parole di Gesù a Pietro devono allora far riflettere: chi deve precedere, chi deve seguire? Se facciamo il contrario siamo – di fatto, al di là delle “buone intenzioni” – dei nemici.
Succede come nella vita, quando un giovane pieno di “buone intenzioni” vuole aiutare qualcuno più vecchio ed esperto di lui. Molto spesso il giovane non ascolta e si merita così il rimprovero: «spostati e lasciami lavorare, perché mi sei di intralcio ». Mi vuoi aiutare, ma in realtà mi sei di peso perché non mi dai retta. Questo ha fatto esclamare a un saggio di tanti anni fa: «se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse…». La fede però compie il miracolo: il giovane che crede, che si fida di Dio, può diventare più saggio del vecchio: «Ho più intelligenza degli anziani, perché custodisco i tuoi precetti» (Sal 119,100).
Per seguire Gesù bisogna amarlo. Lui e le sue parole. Lui e il suo stile di vita. La persona di Gesù e il suo comportamento non sono separabili, fanno un tutt’uno indistricabile. «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), cioè io sono la legge, nella quale devi camminare, rimanere e mai devi abbandonare. Il Signore non ha bisogno dei tuoi consigli, considerati un servo inutile (cfr. Lc 17,10), fiero di essere chiamato a seguirlo, contento di identificarti con il Maestro nel suo modo stesso di pensare, anche se non lo capisci.
Amare Gesù vuol dire camminare nella via dei suoi precetti: «Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti. Il comandamento che avete appreso da principio è questo: camminate nell’amore» (2 Gv 1,6). Amare lui e la via che ha percorso, che è la via della croce, fatta di rinuncia, umiliazione e obbedienza. Sant’Ignazio non teme di usare una parola molto dura, che però ci mette con sicurezza nel cuore delle intenzioni di Gesù: «disprezzo». Solo se desidero di essere disprezzato con Gesù piuttosto che essere onorato senza di Lui sono veramente suo discepolo.

IL TIMONE N. 119 – ANNO XV – Gennaio 2013 – pag. 60

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