La vita e la fede del Servo di Dio Carlo Acutis, innamorato dell’Eucaristia, appassionato della vita, morto quindicenne nel 2006 per una leucemia fulminante. Nell’Ostia consacrata aveva trovato la sua “perla segreta”. E la testimoniava con coraggio
Vogliamo continuare per la strada che abbiamo intrapreso nelle scorse puntate dove cercavamo di chiarire come spesso quei “piccoli”, proprio anche in senso di età, dei quali siamo portati a sottovalutare la capacità di comprensione del divino, dimostrino spesso, e in molti casi in modo eccellente, una inaspettata apertura al soprannaturale che consente loro una intensa e profonda esperienza di Dio, fino alla santità. Questa volta ci spostiamo solo di qualche anno verso quella adolescenza che di solito viene vista (e lo è davvero) come l’età della crisi. Quella in cui il bisogno di affermarsi come persona fa scegliere spesso la via della contrapposizione e del rifiuto di tutto ciò che proviene da un esterno che non sia quello dei coetanei. E che investe, naturalmente, anche tutto ciò che riguarda la fede e che rende così difficile il compito di genitori, educatori, catechisti.
E lo facciamo parlando di un ragazzo, il Servo di Dio Carlo Acutis, morto nel 2006, a soli quindici anni in pochissimi giorni, a causa di una leucemia fulminante, la cui vita, fin dalla più tenera età, è stata così spiritualmente interessante, così esemplare da avergli già fatto percorrere i passi iniziali per l’apertura del processo diocesano. Ho scelto lui – ma ce ne sono altri di questi adolescenti che hanno chiuso la loro vita testimoniando la fede in modo eroico – perché forse, prima ancora, lui ha scelto me venendomi incontro in modo inaspettato. Mi avevano accennato a questo ragazzo tanto che contavo in qualche modo di saperne di più quando, entrando nella mia parrocchia durante le Quarantore, mi imbatto in una mostra sui Miracoli Eucaristici. Molto interessata all’argomento, avendone spesso parlato e scritto, la percorro e, mentre mi rallegro per la ricchezza e la precisione nella documentazione, vengo a sapere che essa è nata da un’idea a lungo coltivata e perseguita proprio da Carlo Acutis fin da quando era bambino. Mostra che egli aveva già iniziato ad impostare e che, dopo la sua precocissima morte, familiari e amici hanno completato nel suo ricordo. Un allestimento che sta facendo con grande successo da alcuni anni il giro del mondo portando ovunque le prove tangibili e verificabili che in quel pane e in quel vino consacrati nel nome di Gesù è successo qualcosa di straordinario. Che, insomma, sotto quelle apparenze dimesse, esiste una presenza misteriosa ma reale. Presenza che ogni tanto si svela per aiutare la nostra umana debolezza e che è particolarmente importante richiamare in momenti come quelli che stiamo vivendo in cui dobbiamo fare i conti con un razionalismo esasperato il quale ci porta a credere che null’altro esista al di fuori di ciò che possiamo del tutto comprendere e dominare.
Carlo Acutis, dicevamo. Un bambino bellissimo, nato in una famiglia importante e agiata. Ma anche in una famiglia credente, di tradizione cattolica, che lo avvia presto al rapporto con il soprannaturale. Carlo, però, di suo è fin dall’inizio precocissimo nell’apprendere ogni cosa: a tre mesi, stupendo tutti, dice “papà” e a quattro “mamma”. Ha fretta di crescere, cammina molto precocemente, è capace di giochi sempre superiori alla sua età. È curioso, aperto, sereno, socievole. Ama molto anche i racconti che vertono su temi religiosi che dimostra di assimilare facilmente. Così, l’Angelo custode diventa per lui una sorta di amico con il quale si relaziona. Ma anche, assai presto, Gesù, del quale dà prove tali di aver afferrato, almeno nelle sue linee essenziali, il mistero e la presenza che i genitori, per accontentare le sue continue richieste, cercano di fargli anticipare l’Eucaristia. Sarà mons. Macchi, l’ex segretario di Paolo VI, a verificarne la preparazione e ad accordargli il permesso di ricevere il Sacramento. Cosa che avverrà nel Monastero delle claustrali Romite Ambrosiane di Perego che hanno testimoniato come le avesse colpite la serietà e il raccoglimento di questo bambino che resterà fino alla fine in contatto con loro.
Da quel momento, è un crescendo continuo, in Carlo, di impegno verso l’esterno ma anche di presa di coscienza interiore. Ce lo testimoniano tutti: i genitori, certo. Ma anche le baby-sitters che lo hanno accudito, il personale di servizio che si occupava della casa e della famiglia; gli insegnanti delle elementari, poi delle medie, infine di quel ginnasio di cui è riuscito a frequentare solo la quarta. E poi, i sacerdoti che lo hanno conosciuto, il parroco della chiesa di santa Maria Segreta, ma anche il suo direttore spirituale. E naturalmente anche i numerosi compagni di classe e amici.
Carlo era incredibile: la sua fede traspariva fin dagli occhi sempre ridenti in quel suo volto che si manteneva bellissimo, e dalla signorilità di quel suo fisico che si stava sviluppando, come dimostrano le foto che lo ritraggono nel corso degli anni, con tanta armonia. E poi si manifestava nella ricerca di un contatto umano ma anche spirituale con chiunque incontrasse. Era assetato di comunicare a tutti e a ciascuno quel “tesoro” che egli così precocemente aveva trovato, la sua “perla segreta” che egli alimentava ogni giorno frequentando il più spesso possibile la S. Messa, sostando in adorazione davanti al Santissimo, recitando il Rosario.
Ma non era affatto un “bigotto”. Tutti, anzi, ricordano la sua simpatia, il suo humour. Anche quando, per il suo zelo di fare apostolato, qualche volta veniva preso in giro dai compagni, non se la prendeva mai. Spesso, non era d’accordo con loro soprattutto sui temi morali, aborto, famiglia e così via. Eppure, essi ricordano con quanto coraggio sapesse sostenere le sue idee, non cedendo mai al conformismo. Il fatto è che aveva davvero “incontrato” Gesù, il suo Sacro Cuore. E da lì aveva tratto tutte le conseguenze: il posto importante di Maria alla quale era assai devoto e al cui Cuore Immacolato si era consacrato dopo avere conosciuto e approfondito le apparizioni di Lourdes e di Fatima. Ma anche il ruolo e il posto della Chiesa e del Papa, che egli cercava di far capire a quanti mostravano dubbi e ostilità e per la quale ha offerto la sua vita quando ha saputo che stava per morire.
Ma Carlo non era nemmeno uno “spiritualista” lontano dalla vita reale. Si interessava molto alle esigenze anche materiali degli altri e si prodigava per aiutarli. E amava molto gli animali, i quattro cani e i due gatti che stavano nella sua grande casa. Così come amava le lunghe passeggiate in montagna, le nuotate al mare, i viaggi.
Piccolo genio del computer fin da bambino, con gli anni era diventato un esperto addirittura a livello universitario. Lo utilizzava in mille modi per sé, ma si metteva anche a disposizione per insegnare ad altri quel che sapeva.
Siete strabiliati di trovare in un bambino e poi in un ragazzo tutto questo? Vi capisco, perché è stata anche la mia reazione. Eppure vi assicuro che sono risalita alle fonti, peraltro molto prossime e dunque assai facilmente verificabili, e che non ho aggiunto una parola in più nell’intento di trasformare la figura di Carlo Acutis in una sorta di santino. No, è proprio tutto vero. Anzi, molte altre cose ho taciuto perché lo spazio non bastava.
E allora tutto ciò non può non far pensare. Pensare, per esempio, al fatto che ogni tanto il Signore investe proprio dei giovani, o addirittura dei giovanissimi, per darci testimonianze che oserei chiamare quasi brutali nella loro forza. Carlo Acutis certo, ma anche, per esempio, Pier Giorgio Frassati o Benedetta Bianchi Porro o altri ancora. Dei “puri di cuore” che riescono ad accoglierlo fino a un abbandono totale in una morte precoce della quale tuttavia, da subito, si colgono i frutti abbondanti di grazie e di conversioni. Ragazzi non ancora condizionati dalla “sapienza umana”, la quale talvolta assume anche la veste di una teologia supponente che considera attardata la Chiesa e il messaggio che propone; oppure, di una esegesi che a furia di smontare la Scrittura non riesce più a ricostruirla nel suo vero significato. Ragazzi che, proprio per questa loro libertà interiore rispetto ai condizionamenti culturali, che si infiltrano anche nel campo della fede, accettano nella loro vita, con semplicità estrema ma nella sua interezza, il messaggio evangelico. Quale la Tradizione ha raccolto e trasmesso: l’incontro con Gesù, il Redentore (e in lui con la Santa Trinità), tramite la mediazione della Madre sua, incontro fattibile ora concretamente in quella Chiesa che ne conserva il ricordo nella Scrittura e l’efficacia nei suoi Sacramenti.
Bambini, ragazzi, giovani donne, giovani uomini che, miracolosamente verrebbe da dire, non hanno avuto paura di entrare in quel Mistero d’amore che veniva loro proposto e di viverlo, momento dopo momento, fino alla morte offerta, proprio come il loro Maestro interiore, per la salvezza di molti. Credo che in questo anno della fede abbiano davvero qualcosa da insegnarci.
Per saperne di più…
Nicola Gori, Eucaristia, La mia autostrada verso il cielo – Biografia di Carlo Acutis, San Paolo, 2007 (giunto alla 6° ed).
Francesco Occhetta s.j., Carlo Acutis: «non io ma Dio», in La Civiltà Cattolica, 15 settembre 2012, pp. 508-517
IL TIMONE N. 119 – ANNO XV – Gennaio 2013 – pag. 56 – 57
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