Uno sparo nel buio

Regia di Blake Edwards.

1964 – 101 minuti – colore

Clouseau

Può succedere che, scrivendo la sceneggiatura di un film, non si comprenda subito il “potenziale” di certi personaggi. Fu così per l’imbranato ispettore Clouseau, che nella prima pellicola in cui appariva non aveva ancora il ruolo di assoluto protagonista che si sarebbe ritagliato nei seguenti film. È infatti con “Uno sparo nel buio” che si definisce quasi completamente la figura dell’ispettore pasticcione, che in modo sempre poco ortodosso riesce a risolvere i casi. Bisogna subito dire che il personaggio di Clouseau è irrimediabilmente legato a colui che lo ha caratterizzato fin dal primo film: Peter Sellers. Dico questo perché dopo la scomparsa dell’attore inglese si è tentato di riportare in auge un personaggio che aveva un senso solo se interpretato da Sellers. In “Uno sparo nel buio” si inizia a giocare con le gag nel puro spirito delle comiche Anni Trenta, anche se sarà con i film successivi che si noterà ancora di più il riferimento esplicito a un genere tanto glorioso quanto prolifico del cinema americano.
Clouseau è un ispettore francese che per motivi “diplomatici” è costretto a seguire il caso di un omicidio che coinvolge molti pezzi grossi. Innamoratosi della presunta colpevole, tenterà in tutti i modi di dimostrarne l’innocenza. I modi e i metodi non saranno dei più convenzionali, ma il risultato finale sarà abbondantemente soddisfacente.
Blake Edwards conduce con una regia ben calibrata un film che, come già detto, vede la predominanza del dialogo, rispetto ai successivi episodi dove sarà la scenetta, nel vero senso della parola, a prendere il sopravvento. Le musiche sono, come sempre, del fedelissimo e bravissimo Henry Mancini. Da vedere perché, se piace, i capitoli successivi potrebbero piacere anche di più.