15.12.2024

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Famiglia ed economia. Parte II
31 Gennaio 2014

Famiglia ed economia. Parte II


 


Proseguiamo la delucidazione dei molteplici modi attraverso cui la famiglia è estremamente benefica per le imprese e per l’economia. Dunque la crisi della famiglia comporta crisi economiche. E hanno torto i fautori del decremento demografico

Sul Timone del mese scorso abbiamo cominciato ad esaminare alcuni dei risvolti benefici dell’istituto familiare sia per la vita all’interno dell’impresa, sia per i profitti dell’impresa. Avevamo visto, rimandando anche ai lucidi interventi di Ettore Gotti Tedeschi su queste tematiche, cinque aspetti della correlazione vantaggiosa tra famiglia ed impresa, perciò riprendiamo il discorso da un sesto punto.

6. L’economia ha bisogno di etica altrimenti rischia di crollare: è ormai risaputo che la crisi economica mondiale è stata determinata anche da un pesante deficit etico (cfr. il fallimento di Lehman Brothers e la crisi economica della Grecia): è stata causata sia da malversazioni ed operazioni disoneste di alcuni manager, imprenditori e politici, sia da uno stile di vita sregolato, come ha spiegato recentemente Massimo Introvigne (cfr. l’articolo citato in bibliografia), in quanto moltissimi occidentali hanno coltivato uno stile di vita «basato sui debiti allegri che non ci si può più permettere, così che solo con quella che il Papa chiama una nuova sobrietà di vita sarà possibile almeno frenare la crisi». L’economia ha bisogno di etica e la famiglia insegna le virtù.

7. L’economia è debole in una situazione di violenza e criminalità. Ora, dove si sfascia la famiglia dilagano proprio la violenza e la criminalità. Rimando per dei dati al mio Genitori separati. I figli soffrono (“il Timone”, n. 63 2007, pp. 14-15, reperibile su www.iltimone.org).

8. L’economia ha bisogno di attori economici che non siano poveri, che possano acquistare e comprare. Ora, lo sfascio della famiglia incrementa la povertà (cfr. ibidem per dei dati), perché ci vogliono due frigoriferi, due lavatrici, due case, ecc.

9. L’economia cresce se i lavoratori sono esseri umani psicologicamente sereni e preparati. Ora, la ricercatrice R. O’Neill ha rilevato i seguenti dati. I bambini che vivono con un solo genitore, rispetto ai bambini che vivono con entrambi i genitori, hanno una probabilità tre volte maggiore di conseguire cattivi risultati a scuola, un più alto tasso di bocciature e di abbandono scolastico, minori probabilità di laurearsi, il doppio dei rischi di contrarre malattie psicosomatiche e di avere la depressione o comportamenti antisociali ed il triplo di probabilità di avere problemi relazionali. Inoltre, J. Wallerstein e S. Blakeslee (Second Chances: Men, women & Children a decadeafter divorce) hanno registrato che all’inizio dell’età adulta la situazione dei figli dei divorziati non migliora: il 50 % dei soggetti presi in considerazione pativa per la depressione e forniva prestazioni professionali al di sotto delle loro capacità.
Ma sono solo alcuni dati e il lettore ne può trovare altri nuovamente in Genitori separati. I figli soffrono, cit.

10. L’economia cresce di più, o almeno riesce ad evitare una crisi, se lo Stato la può sostenere, se lo Stato può aiutare le imprese.
Ora, lo Stato può aiutare le imprese quanto più non ha costi sociali da assorbire. Ebbene, la famiglia assiste i malati e gli anziani e si sobbarca dei costi enormi che altrimenti graverebbero sullo Stato.
Come dice la Caritas in veritate di Benedetto XVI, «Nazioni un tempo floride conoscono ora una fase di incertezza e in qualche caso di declino proprio a causa della denatalità […]. La diminuzione delle nascite, talvolta al di sotto del cosiddetto “indice di sostituzione”, mette in crisi anche i sistemi di assistenza sociale, ne aumenta i costi, contrae l’accantonamento di risparmio e di conseguenza le risorse finanziarie necessarie agli investimenti» (n. 44).
Quando la famiglia si sfascia i costi sociali diventano spaventosi.
Per esempio, in Gran Bretagna è stato calcolato che il costo dello sfacelo della famiglia è di circa 20 miliardi di sterline all’anno, a causa (cfr. AA, VV, Gb, crollo delle famiglie radice del disagio, reperibile sul web) dei bambini da prendere in carico, delle persone che restano senza casa, di quelle che finiscono nelle spire della droga, a causa dell’aumento della criminalità, delle numerosissime domande per i servizi sanitari, del bisogno maggiore di insegnanti di sostegno nelle scuole, ecc. E negli Stati Uniti si calcola che ogni matrimonio che fallisce comporta un costo sociale che va dai 50.000 ai 100.000 dollari (cfr. il validissimo testo di Negri e Cascioli citato in bibliografia, p. 93).

11. I Paesi che in passato sono diventati grandi nazioni «hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al grande numero e alle capacità dei loro abitanti», mentre la crisi demografica «riduce la disponibilità di lavoratori qualificati, restringe il bacino dei “cervelli” a cui attingere per le necessità della Nazione» (Caritas in veritate, n. 44).
Similmente, l’inverno demografico diminuisce il livello generale di imprenditorialità, la quale porta alla creazione di nuovi posti di lavoro ed incrementa il fatturato. Infatti (cfr. Negri e Cascioli, p. 204), l’imprenditorialità è molto correlata ai figli: chi investe in un’attività produttiva e continua a farlo ha in mente chi proseguirà quest’opera; ma se non ha figli l’interesse e la voglia di investire diminuiscono.
Parimenti (cfr. Negri e Cascioli, p. 205), l’invecchiamento della popolazione determina quello della forza lavoro e della capacità di utilizzare le nuove tecnologie e ciò determina la perdita di competitività con le nazioni che hanno più giovani.
E il peggio deve ancora venire, ed è legato ancora una volta alla demografia, come spiega di nuovo il magistrale articolo di Introvigne citato. Infatti, quasi tutti sanno che la Cina è proprietaria di buona parte del debito pubblico dei Paesi occidentali, ma pochi si rendono conto di un problema che sarà micidiale.
Secondo uno studio di Richard Jackson e Neil Howe, a causa della scellerata politica cinese che vieta di avere più di un figlio a coppia (comminando sanzioni, talvolta procedendo ad arresti, talvolta arrivando all’infanticidio) «tra qualche anno non ci saranno abbastanza giovani lavoratori per mantenere un immenso esercito di vecchi e di pensionati». Secondo lo studio citato, questa crisi comincerà nei prossimi anni, «finché nel 2040 ci saranno in Cina 397 milioni di abitanti anziani e inabili al lavoro ». Nello stesso periodo, per colpa della politica del figlio unico, «il numero di cinesi in età lavorativa sarà diminuito rispetto a oggi del 18% secondo le previsioni del governo cinese e del 35% secondo le stime, più pessimistiche, dell’ONU. È vero che la Cina per ora ha pensioni bassissime o inesistenti, ma tra dieci anni anziché comprare buoni del debito statunitense o italiano dovrà spendere i suoi soldi per mantenere i suoi vecchi, o rischiare, non mantenendoli, uno sconquasso sociale dalle conseguenze imprevedibili».

Ovviamente, in questo e nel precedente articolo abbiamo solo potuto accennare ai molteplici nessi benefici tra famiglia ed economia. Manca lo spazio per argomentarli meglio.
Ma fanno comprendere la giustezza della seguente affermazione della Caritas in veritate: è «una necessità sociale, e perfino economica, proporre ancora alle nuove generazioni la bellezza della famiglia e del matrimonio, la rispondenza di tali istituzioni alle esigenze più profonde del cuore e della dignità della persona. In questa prospettiva, gli Stati sono chiamati a varare politiche che promuovano la centralità e l’integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società, facendosi carico anche dei suoi problemi economici e fiscali, nel rispetto della sua natura relazionale » (n. 44).

 

 

 

Per saperne di più…

 

Ettore Gotti Tedeschi, vari articoli reperibili sul web.
Massimo Introvigne, L’11 settembre dell’economia, www.labussolaquotidiana.it.
Luigi Negri – Riccardo Cascioli, Perché la Chiesa ha ragione. Su vita, famiglia, educazione, aids, demografia e sviluppo, Lindau, 2010.

IL TIMONE  N. 107 – ANNO XIII – Novembre 2011 – pag. 30 – 31

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