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12.12.2024

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La famiglia? E’ cruciale per l’economia
31 Gennaio 2014

La famiglia? E’ cruciale per l’economia

 


Con buona pace di alcune obiezioni, la famiglia è estremamente benefica per le imprese e per l’economia, per almeno 11 buone ragioni. Anche per questo lo Stato dovrebbe tutelarla e incoraggiarla


 

Lo scopo delle righe seguenti è considerare alcuni dei risvolti benefici dell’istituto familiare sia sulla vita all’interno dell’impresa, sia sui profitti dell’impresa. Contro questa tesi si stagliano due obiezioni:
I)    La famiglia danneggia l’economia perché:
− i genitori nei riguardi dei figli non sono meritocratici, sono indulgenti verso i loro difetti; − in famiglia non c’è competizione o c’è n’è poca, laddove la competitività è una capacità importante nel mondo del lavoro;
− la famiglia si sposta molto più difficilmente di un single e ciò ostacola la mobilità geografica, che invece è a volte utile alle imprese (è l’unica tesi del tutto vera). Alcune di queste tesi si trovano nel libro di Alesina e Ichino, L’Italia fatta in casa, Mondadori, 2009.

II) Inoltre, il business di un’impresa aumenta se c’è un clima di consumismo, e il consumismo si giova dello sfascio della famiglia:
− se per una coppia di coniugi basta un frigorifero, una lavastoviglie, una casa, ecc., dopo un divorzio, oppure se le persone non si sposano e vivono da single, ci vogliono due frigoriferi, due lavastoviglie, due case, ecc.
− dopo lo sfascio della famiglia, il soggetto è infelice e non di rado cerca nel possesso delle cose una compensazione consolatoria, fa shopping per consolarsi.

Ora, prima di discutere la prima obiezione, va detto che, nell’immediato, questa seconda obiezione è vera: il consumismo è favorito dallo sfascio della famiglia ed è anche per questo che molti mass media, che solitamente appartengono ai grandi potentati finanziari, cercano di sfasciare le famiglie. Ma, a lungo andare, le cose non stanno così, a lungo andare la famiglia è benefica per l’impresa e per l’economia, per (almeno) 11 motivi. Vediamoli.

1. Come ho argomentato in L’uomo viene alla luce in un altro uomo (“il Timone”, 76 [2008], pp. 30-31, reperibile su www.iltimone. org) a cui rimando, l’essere umano ha bisogno di affetto (e lo riceve in modo speciale e in grande quantità in famiglia) per attivare la sue capacità fondamentali, comprese quelle necessarie per svolgere un lavoro in modo efficace. Inoltre, il vero amore non è indulgente, bensì esigente, quindi non è per forza un destino che in famiglia si indulga verso i difetti dei figli, invece che stimolarli a migliorarsi.

2. Siamo proprio sicuri che la competizione sia sempre benefica? Una cosa è la competizione-concorrenza tra imprese, che può migliorare la qualità dei prodotti e può portare alla diminuzione dei prezzi; un’altra è la competizione-concorrenza all’interno dell’impresa: quest’ultima è spesso negativa, perché può rendere quasi invivibile la vita lavorativa se diventa predatoria e asfissiante, se non c’è rispetto e collaborazione, cioè quelle cose che una buona famiglia insegna a coltivare. Se fra le persone che lavorano in un’impresa c’è collaborazione, invece che competizione, ognuno trasmette le conoscenze agli altri, invece che tenerle per sé, e impara dagli altri, cosicché i risultati di ognuno vengono messi in comune, e tutto ciò determina un beneficio complessivo per l’impresa.

3. L’essere umano compie più volentieri qualsiasi attività se la svolge per amore, dunque lavora più volentieri se lo fa per amore di qualcuno, specialmente se lavora per amore dei suoi affetti più cari, ovvero per i suoi famigliari. Ebbene, chi lavora volentieri è più efficiente e ha più inventiva.

4. Similmente, il soggetto che lavora è efficiente se è sereno e felice, se non è angustiato dalla sua vita privata. Ora, la famiglia che “funziona” rende mediamente l’uomo felice o comunque sereno.

5. L’economia si regge (anche) sui consumi, ma i consumi richiedono soggetti che acquistino, perciò una crisi demografica diminuisce i soggetti che comprano e dunque produce crisi economiche. Quando ci sono pochi giovani e molti anziani, lo Stato aumenta le tasse per pagare le pensioni, per finanziare i servizi, ecc. Ma, presto o tardi, «I costi di una popolazione sempre più anziana non potranno […] essere sostenuti dai giovani, i quali, oltre a essere sempre di meno, potrebbero anche chiedersi perché dovrebbero farlo, soprattutto se immigrati» (Ettore Gotti Tedeschi).
Quanto all’aumento della tassazione, «Una famiglia di oggi con due redditi guadagna meno di quanto trenta anni fa la stessa famiglia guadagnava con un solo stipendio. E questa è la conseguenza della crescita delle imposte sul prodotto interno lordo, raddoppiate nello stesso periodo proprio per assorbire le conseguenze dell’invecchiamento dovuto al crollo delle nascite» (idem).
Inoltre, se le tasse aumentano e spremono i cittadini, essi hanno meno soldi da investire e, se gli investimenti si contraggono, l’economia arretra e può andare in crisi. Non possiamo approfondire il discorso, ma rimandiamo agli illuminanti e rigorosi interventi di Ettore Gotti Tedeschi (Presidente dello Ior) reperibili sul web. Se si indebolisce la famiglia, si indebolisce per ciò stesso la culla della vita, l’ambiente in cui maggiormente gli esseri umani sono propensi a generare figli.
Inoltre, le famiglie con figli hanno una forte propensione alla spesa. Si legga al riguardo una ricerca svolta da Unitelma Sapienza, che ha rilevato come, introducendo in Italia la proposta fiscale del “Forum delle famiglie”, «si creerebbero 150/200 mila nuovi posti di lavoro, mentre ben un milione di nuclei con figli uscirebbe dalla soglia di povertà. E inoltre si registrerebbe una ripresa in tutti i comparti, in particolare nell’edilizia a cui andrebbe il 44% delle nuove disponibilità di consumo. Infatti, la forte propensione alla spesa delle famiglie con figli (il 25% per alimenti) diviene l’elemento strategico per la crescita» (P. Fornari, Famiglie, da un fisco amico spinta a lavoro e consumi, “Avvenire”, 15 aprile 2011, reperibile sul web).

Continueremo il discorso fra un mese

 

RICORDA

 

«Convinte che il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile della comunità civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti – economici, sociali, educativi, politici, culturali – di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità».
(Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris consortio, n. 45)

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 106 – ANNO XIII – Settembre/Ottobre 2011 – pag. 30 – 31

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