Regia di Gérard Oury.
con Louis de Funès, André Bourvil, Terry Thomas, Andréa Parisy.
1966 – 118 minuti – colore
Un film per sorridere
L’affermazione che sto per fare potrebbe suscitare stupore se non addirittura qualche perplessità ma, cortesemente, chiedo che venga presa nella sua forma più generica e leggera possibile: non ho grandissima passione per il cinema francese. Sia ben chiaro, ci sono singoli registi per cui ho grande ammirazione e considerazione ma per situazioni, atmosfere, stile e spesso anche per il modo in cui si recita, è un genere di cinematografia che mi lascia molto perplesso.
C’è però un attore transalpino per il quale, invece, provo una simpatia quasi “epidermica”, dato che mi basta vederlo per mettermi di buon umore. Si tratta di Louis de Funès che molti forse conosceranno, vista la sua notorietà non solo nel cinema d’oltralpe. Per quelli che non sanno chi sia costui, posso semplicemente sintetizzare che si tratta di un personaggio molto buffo. In realtà, nei suoi film porta in scena molti dei difetti umani più comuni: cialtroneria, gaglioffaggine, servilismo, autoritarismo (con i più deboli) ma sempre con toni che alla fine virano verso un’umanità molto più dolce di quello che si vorrebbe far credere. In un celebre film come “Tre uomini in fuga”, tutto questo viene messo in risalto con una vivacità che consente di sorridere e ridere in maniera molto convinta. Tra l’altro il film, essendo una coproduzione franco-inglese, mostra il diverso “stile” che esiste nel modo di fare cinema tra i vari Paesi, riuscendo a far comprendere meglio l’affermazione fatta all’inizio di questo mio articolo. Se il genere poi dovesse piacere, si potrà autonomamente scegliere altri film del “buffo” attore francese, tra una cospicua serie di pellicole altrettanto divertenti.
IL TIMONE N. 104 – ANNO XIII – Giugno 2011 – pag. 63