«Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1 ,28)
Il saluto dell’Angelo a Maria, che per noi italiani è diventato ormai il tradizionale “Ave Maria”, ha una densità di significati che può sorprendere, forse perfino sconvolgere, ma che – certamente – deve nutrire in profondità la nostra fede e la nostra preghiera. Quando diciamo “Ave Maria” non esprimiamo qualcosa di corrispondente ad un banale “buongiorno Maria”, ma ci troviamo nel punto di convergenza e di arrivo del profetismo di Israele, proprio là dove le Scritture si compiono e l’annuncio ancora vago, confuso e indeciso diventa realtà, assumendo contorni definiti e luminosi. Questo è proprio uno di quei momenti in cui constatiamo come il Nuovo Testamento era nascosto nell’Antico e l’Antico diventa chiaro nel Nuovo (Sant’Agostino citato da Dei Verbum, 16).
Il saluto abituale dell’ebreo era (ed è) Shalom, pace. Qui, invece, il saluto prende le forme di un fermo invito alla gioia. Il contesto lo ricollega con chiarezza a tre passi profetici: Gioele 2,21-27; Sofonia 3,14-18; Zaccaria 2,14-15.9,9-10.
È la gioia “messianica”. Dio, allontanato – scacciato – dal peccato, ha deciso, per la sua infinita misericordia, di non abbandonare l’uomo e di ritornare ad abitare il mondo. La gioia del ritorno è annunciata alla “figlia di Sion”, cioè a Gerusalemme, che impersonifica il popolo di Israele. Il ritorno avviene in un modo a priori inimmaginabile. Dio non ritorna solo con la sua potenza, con la sua gloria, con l’efficacia della sua vittoria sui nemici. Non si limita a suscitare uomini o un uomo che, a nome suo, compia la sua opera, ma «Re d’Israele è il Signore in mezzo a te» (Sof 3,15); «Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente» (v. 17); «[Dio] in mezzo a voi ha fatto meraviglie» (Gl 2,26); «ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zaccaria 2,14). In due di questi passi (quelli di Sofonia) l’espressione «in mezzo a te» è resa con un termine ebraico (beqirbéeh) che – tradotto letteralmente – direbbe: «nelle tue viscere», «nel tuo utero». Qui però il “modo di dire” ebraico si fa meravigliosamente letterale! È proprio “nel ventre” di Maria – la “nuova” Figlia di Sion, di cui l’antica era il “tipo” che il Re di Israele, il forte guerriero salvatore degli umili e dei deboli, viene. È lì e da lì che inaugura il suo Regno di verità e di pace. È lì che – in modo ormai irreversibile – germoglia una vita su cui la morte non avrà più potere. È lì che la forte ed indistruttibile vite («lo sono la vera vite» Gv 15,1) torna a germogliare per avvolgere dei suoi tralci il mondo e ridargli fecondità nel bene. È lì che torna a brillare la luce contro cui le tenebre non potranno trionfare. Questa luce è apparsa ancora prima di apparire, nella purezza immacolata di Maria e in lei traspare ormai in modo irresistibile. In modo progressivamente evidente, come in un crescendo di luce e bellezza, per cui «tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48).
IL TIMONE N. 80 – ANNO XI – Febbraio 2009 – pag. 60
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl