Le polemiche sulla preghiera del venerdì Santo e sul battesimo di Magdi Allam hanno un denominatore comune. La motivazione che sospinge a convertire è l’amore.
C'è un aspetto comune che caratterizza le polemiche circa la preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo ed il battesimo di Magdi Allam. Partiamo dai fatti.
Benedetto XVI ha fatto cambiare la preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo e, nella nuova versione, si prega (in latino) per gli ebrei con le seguenti parole: «Il Signore illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo salvatore di tutti gli uomini». Intorno alle formulazioni precedenti della preghiera ci sono sempre state molte polemiche, soprattutto perché in latino si pregava «pro perfidis judaeis»; ma la parola latina «perfidis» ha un significato totalmente diverso da quello che si pensa: è sbagliato tradurre «perfidi», perché la traduzione giusta è «non credenti [in Cristo]».
La nuova formulazione, però, non ha placato le polemiche. Alcuni (non tutti, come vedremo) esponenti del mondo ebraico si sono lamentati, perché non vogliono che si preghi affatto per loro. Giuseppe Laras, presidente dell'Assemblea dei rabbini d'Italia, ha dichiarato: «Il fatto che si preghi perché Dio "illumini" gli ebrei, significa in sostanza che essi non sono nella luce, dunque accecati [.. .]. Ciò che mi preoccupa è però la seconda parte della formula, quella in cui è rimasta la preghiera per il riconoscimento di Gesù da parte degli ebrei».
Per quanto poi riguarda il battesimo di Magdi Cristiano Allam, il Papa ha molto probabilmente scelto di dare un rilievo pubblico a questo battesimo perché si augura che altri islamici (ma anche dei non islamici) possano prendere esempio da questo noto giornalista. Ma diverse voci hanno criticato il Papa.
Per esempio, alcuni esponenti della sinistra radicale e dei socialisti (per esempio Boselli e Craxi) hanno accusato il Papa di incitare alla violenza, di fomentare il fondamentalismo, di alimentare la guerra di religione. Per don Vinicio Albanesi, responsabile della comunità di Capodarco, la conversione di Magdi Allam «non aiuta il cristianesimo» ed il battesimo pubblico nella notte di Pasqua sarebbe addirittura «un'aggressione»: «L'islam può essere aggressivo ma il cristianesimo non può rispondere con la stessa arma perché il suo simbolo allora non sarebbe la croce».
Insomma, secondo diverse voci, pregare per la conversione degli ebrei e per quella degli islamici sarebbe una forma di intolleranza, se non addirittura di violenza.
Ora, però, cos'altro deve fare la Chiesa se non prendere esempio da Gesù Cristo? Ebbene, Gesù ha trascorso la sua vita pubblica cercando di convertire gli uomini e si è fatto battezzare da Giovanni il Battista non in segreto, bensì in un luogo pubblico, di fronte ad una folla, al fiume Giordano.
Inoltre, la Chiesa deve tassativamente adempiere al mandato di Cristo stesso, che ha detto: «andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc, 16,15-16); anche san Paolo è inequivocabile: «non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è una necessità che mi si impone: guai a me se non predicassi il vangelo!» (1 Cor 9,16).
Dal passo evangelico e da quello paolino si desumono due elementi: 1) la missione è un dovere del cristiano, non un'opzione; 2) chi non crede a Cristo non si salva. Lo dice Gesù stesso. Certo, «la grazia salvifica di Dio, che […] ha un misterioso rapporto con la Chiesa, arriva ai singoli non cristiani […] attraverso vie a lui note» (Dominus lesus, 21). Dunque può salvarsi, per l'infinita misericordia di Dio, anche colui che non crede a Cristo ed alla Chiesa, se non ha mai sentito proclamare il cristianesimo, o se non lo ha sentito proclamato in modo credibile e se, in buona fede, in cuor suo, crede di essere nella verità vivendo secondo la sua religione, purché viva secondo i principi della legge morale naturale. Però questo non toglie un fatto: il cristiano ha il dovere della missionarietà.
Naturalmente, la fede cristiana deve essere proposta con affetto e facendo appello alla ragione ed alla libertà dell'interlocutore, non deve essere imposta: «La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. […] Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia» (Benedetto XVI, Discorso all'Università di Ratisbona, del 12 settembre 2006). Insomma, la fede cristiana non deve essere imposta, però deve essere proposta: la missione universale della Chiesa è un dovere e nasce dal mandato di Gesù. Fermo restando che la Chiesa riconosce nelle altre religioni dei «tesori umani di saggezza e religiosità» (Dominus lesus, 6).
Ora, alcuni critici della Chiesa biasimano la sua missionarietà perché ritengono che le religioni siano tutte uguali. Ma questo non è vero. Per limitarci a pochi cenni, le religioni politeiste sono, in quanto tali, diverse da quelle monoteiste; e, tra queste ultime, solo il cristianesimo afferma che Dio è Trinità e si è incarnato in Gesù Cristo.
Ma, soprattutto, quello che i critici non colgono è che noi cristiani ci adoperiamo (dovremmo fari o) per la conversione dei non cristiani motivati dall'amore. Noi riteniamo infatti che la fede in Gesù Cristo sia il più grande bene possibile, perché, per suo tramite, è possibile guadagnare la vita eterna, il Paradiso. Se ci sbagliamo a ritenere ciò, gli altri ce lo dimostrino; ma perché si lamentano se vogliamo per loro il più grande bene possibile? In effetti, se avessero ragione loro e noi torto, se le nostre preghiere dunque fossero senza seguito (qualora il Dio che noi preghiamo non esistesse), che male farebbero loro le nostre preghiere?
Sarebbero solo parole al vento. Ma, se noi abbiamo ragione, allora noi ci stiamo prodigando per incamminarli sulla strada della felicità.
lo, per esempio, sono cristiano e non mi offendo per nulla se degli ebrei o degli islamici pregano per la mia conversione alla loro religione: lo considero un gesto di affetto.
Come ha detto il rabbino Jacob Neusner, professore di Storia e Teologia dell'Ebraismo al Bard College (e che ha insegnato alla Columbia University, alla University of Wisconsin-Milwaukee, alla Brandeis University, al Dartmouth College, alla Brown University e alla University of South Florida), «Israele prega per i gentili, per cui gli altri monoteisti – inclusa la Chiesa cattolica – hanno il diritto di fare lo stesso, e nessuno si dovrebbe sentire offeso».
RICORDA
«Egli [Gesù] rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra"».
(Atti degli Apostoli 1 ,8)
IL TIMONE N. 74 – ANNO X – Giugno 2008 – pag. 12-13