Il Timone n. 64 – anno 2007 –
«Il concetto di laicità esiste solo in Occidente. Ma proprio qui in Occidente la laicità ha assunto i caratteri della dittatura del relativismo. Solo qui in Occidente, quindi, può accadere che la laicità superi i caratteri della dittatura del relativismo e si riapra alla trascendenza. Il cardinale Ratzinger, che come papa ha assunto il nome di Benedetto, questo lo sa bene. Dato che, però, non tutte le religioni sono in grado di permettere all’Occidente di fare questo ma solo il cristianesimo, è evidente che l’Occidente non può permettersi di tagliare i ponti con il cristianesimo. La laicità non è possibile senza il cristianesimo. Certamente il cristianesimo non coincide con l’Occidente, ma se l’Occidente recide i propri legami col cristianesimo, esso perde di vista anche se stesso. In altre parole, senza il cristianesimo l’Occidente perde fiducia in se stesso. Il che si può anche rovesciare e dire: se l’Occidente si separa definitivamente dal cristianesimo è perché ha perso fiducia in se stesso».
(Giampaolo Crepaldi, Laicità e verità. Cosa ci sta insegnando Benedetto XVI, p. 23).
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«Il Dio cristiano che si è rivelato come Logos: questa è l’affermazione che sta al centro del discorso di Ratisbona, che è stato anzitutto un discorso su Dio e, quindi, sull’uomo. Il Papa ha ricordato che il Dio cristiano è Logos, così come ha ricordato nella sua prima Enciclica che il Dio cristiano è Agape/Caritas. Questa è la figura completa di Dio, di cui ha parlato lo stesso Papa in un discorso ai Vescovi svizzeri, in una lucida sintesi del suo pensiero: “Dio è Spiritus creator, è Logos, è ragione. E per questo la nostra fede è una cosa che ha a che fare con la ragione, può essere trasmessa mediante la ragione e non deve nascondersi davanti alla ragione, neanche a quella del nostro tempo. (…) Ma questa ragione eterna ed incommensurabile non è soltanto una matematica dell’universo e ancor meno qualche prima causa che, dopo aver provocato il Big Bang, si è ritirata. Questa ragione, invece, ha un cuore, tanto da poter rinunciare alla propria immensità e farsi carne. E solo in ciò sta, secondo me, l’ultima e vera grandezza della nostra concezione di Dio” (Discorso a conclusione della visita ad limina dei Vescovi svizzeri, 9.11.06)».
(Francesco Botturi, Ampiezza della ragione e verità della fede, in Lineatempo. Itinerari di ricerca storica e letteraria, anno IV, n. 15, gen-feb 2007, pp. 4-5).
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«La Tradizione della Chiesa ci ha sempre insegnato che Maria, proprio nella sua qualità di Madre del Verbo fatto carne, è un sicuro riferimento non soltanto per la nostra devozione ma anche per la nostra fede. Fare appello a lei significa, dunque, ottenere aiuto sicuro non solo per le nostre vicissitudini materiali e morali, ma anche per i travagli spirituali che possono riguardare la nostra fede, la nostra speranza o la nostra carità. Quando cioè rischiamo di non capire più con chiarezza che cosa significhi essere davvero cristiani. Oppure quando, pur credendo ancora, non riusciamo a trarre dalla nostra fede quella speranza che ci rende sereni e fiduciosi nel Signore, anche nelle tribolazioni; oppure ancora, allorché sentiamo il cuore arido e ci accorgiamo di essere incapaci di rispondere a quella dinamica di amore in cui Dio ha voluto coinvolgerci».
(Rosanna Brichetti Messori, Credere per vivere. Alla riscoperta della fede cristiana, pp. 217-218).
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«Per la fede biblica, infatti, è fondamentale il riferimento a eventi storici reali. Essa non racconta la storia come un insieme di simboli di verità storiche, ma si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie di questa terra. Il factum historicum per essa non è una chiave simbolica che si può sostituire, bensì fondamento costitutivo: Et incarnatus est – con queste parole noi professiamo l’effettivo ingresso di Dio nella storia reale. Se mettiamo da parte questa storia, la fede cristiana in quanto tale viene eliminata e trasformata in un’altra religione».
(Joseph Ratzinger -Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, p. 11).
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«Considerate e vedete che il giorno della morte si avvicina. Vi supplico perciò, con tutta la reverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo, e di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allontanano dai comandamenti di lui, sono maledetti e saranno dimenticati da lui. E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere saranno loro tolte. E quanto più sapienti e potenti saranno stati in questo mondo, tanto maggiori saranno i tormenti che dovranno patire nell’inferno».
(San Francesco, Lettera ai reggitori di popoli).
IL TIMONE – N.64 – ANNO IX – Giugno 2007 pag. 34