Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

15.12.2024

/
Gesù, fede e storia insieme
31 Gennaio 2014

Gesù, fede e storia insieme

 

 

Né il fideismo né un uso senza criterio del metodo storico-critico: il libro del card. Ratzinger su Gesù invita a rispettare il metodo storico, ma raccomanda di “cercare” Gesù nei racconti evangelici. L’importanza e la valorizzazione delle testimonianze storiche da parte della Chiesa.

 

 

 

 

Lo “strappo” fra il Gesù storico e il Gesù della fede, operato dai “progressi” della ricerca storicocritica, ha prodotto nella coscienza comune della cristianità una situazione drammatica, che rende incerto l’autentico punto di riferimento della fede: «l’intima amicizia con Gesù, da cui tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto» (p. 8). La denuncia di questo “strappo” è il punto di partenza del recente libro del Papa, per il quale il Gesù dei Vangeli è il vero Gesù storico ed è una figura ed una personalità il cui centro è nella comunione con il Padre (pp. 10, 204, 217) molto più attendibile, storicamente, e coerente del rivoluzionario antiromano fallito o del mite moralista che tutto permette, che emerge da certe ricostruzioni esegetiche.

Quando l’esegesi va contro Gesù

«I peggiori libri distruttori della figura di Gesù, smantellatori della fede, sono stati intessuti con presunti risultati dell’esegesi» (p. 58). Alla domanda che sta alla base dell’intero libro su che cosa ha portato veramente Gesù se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore, «la risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio» (p. 67). Nel racconto evangelico delle tentazioni, all’invito del demonio a trasformare le pietre in pane, Gesù risponde con un rifiuto, non perché è indifferente alla fame degli uomini e ai loro bisogni materiali, ma perché li colloca, qui, come nelle due moltiplicazioni dei pani e nella istituzione dell’Eucaristia, «nel giusto contesto e dà loro il giusto ordine» (p. 55): «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4).
L’uso del metodo storico, che è sempre critico

La denunzia dei limiti del cosiddetto metodo storico-critico con le distinzioni sempre più sottili dei diversi strati della tradizione è fondamentale, a mio avviso, proprio per il corretto uso del metodo storico, che è naturalmente critico: quello che dalla fine del XIX secolo e poi nel XX è stato applicato ai Vangeli, prima in campo protestante e poi in campo cattolico, si è progressivamente allontanato dallo stesso metodo storico adottato per la storiografia scientifica applicata per la storia profana ad epoche molto vicine o addirittura identiche a quelle dei Vangeli; questa storiografia, che si avvale non solo delle fonti letterarie, ma anche dell’epigrafia, della papirologia, della numismatica, dell’archeologia, ha superato l’ipercritica, di moda alla fine dell’800 o all’inizio del ’900, ed è arrivata ad affermare la storicità anche di personaggi ritenuti un tempo leggendari: un esempio famoso nella storia romana è la scoperta del lapis Satricanum, una iscrizione trovata a Satricum, nel basso Lazio, databile alla fine del VI secolo a.C. e che ha rivelato la realtà storica di Valerio Publicola, un personaggio chiave nel passaggio di Roma dalla monarchia alla repubblica, ritenuto, fino ad alcuni decenni fa, un’invenzione della tarda annalistica romana.
Nel campo dell’esegesi sui Vangeli, invece, si sono costruiti dottissimi castelli di ipotesi e su questi si discute, con grande dottrina ed erudizione, dopo aver perso, però, il contatto con le fonti. La teoria dei generi letterari, preziosa per la comprensione di certi libri dell’Antico Testamento, giustamente ritenuti sapienziali e non storici, come il libro di Giona o quello di Giobbe, è stata invece in qualche caso devastante applicata ai Vangeli, che appartengono senza alcun dubbio al genere storico o storico biografico, come rivela chiaramente Luca con il suo prologo in chiave “tucididea” e come rivela la preoccupazione degli stessi Apostoli di fondarsi su testimonianze oculari, criticamente vagliate: testimonianze dell’avvenimento, ma anche del mistero. Si è dimenticato che l’epoca di Gesù era, anche per la Giudea romana, un’epoca critica, capace di distinguere il vero storico dal vero poetico e consapevole di questa distinzione anche a livello di gente semplice. Il tentativo di equiparare i Vangeli canonici, di cui la Chiesa diffondeva la lettura ufficiale nelle chiese, ai vangeli apocrifi, che essa respingeva, perché fantasiosi o eretici e non conformi alla testimonianza apostolica, rivela l’ignoranza fondamentale di questa preoccupazione “storica” per la testimonianza, che caratterizza, fin dai primi giorni dopo la Resurrezione e l’Ascensione, la vita della Chiesa.

Gesù è “entrato” nella storia

Il modo con cui Luca inserisce la nascita di Gesù e il suo ingresso nella vita pubblica non è quello di «un mitico prima–o–poi, che può significare insieme sempre e mai; è un avvenimento storico precisamente databile con tutta la serietà della storia umana realmente accaduta – con la sua unicità, la cui contemporaneità con tutti i tempi è diversa dalla atemporalità del mito» (p. 31). Vorrei terminare con un’esperienza personale: come studiosa di storia greca e romana mi sono occupata dei Vangeli e delle vicende del cristianesimo primitivo solo dal punto di vista della storia romana e dei rapporti “politici” con questa storia. È questa l’impostazione dei miei volumi Il Cristianesimo e Roma del 1965 e I Cristiani nell’impero romano del 1984 e poi del 2004, come degli studi preparatori a questi volumi, usciti ora nella raccolta Impero romano e Cristianesimo che riunisce articoli di circa mezzo secolo, ripubblicati dall’Institutum Patristicum Augustinianum nel 2006. L’aderenza dei Vangeli e di tutto il Nuovo Testamento alla verità storica è pienamente manifesta nel racconto del processo di Gesù con la distinzione fra l’iniziativa del sinedrio giudaico e l’esecuzione romana, spiegata in modo corretto nel vangelo di Giovanni con l’impossibilità degli organi locali di eseguire sentenze di morte: secondo la prassi vigente all’epoca giulio-claudia nelle province romane, nelle quali gli organi locali avevano autonomia giudiziaria, ma non lo jus gladii, come rivelano gli editti di Cirene di epoca augustea. Questa situazione, che i Vangeli colgono con assoluta chiarezza nelle resistenze di Pilato, ben consapevole, grazie ai suoi informatori, dell’assenza di un pericolo politico nella predicazione di Gesù, viene grossolanamente travisata in tutte quelle ricostruzioni, storiografiche e cinematografiche, che in contrasto con i Vangeli attribuiscono ai Romani l’iniziativa del processo.

Bibliografia

Joseph Ratzinger -Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007; i numeri delle pagine indicati tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono tutti a questo libro.

IL TIMONE – N.64 – ANNO IX – Giugno 2007 pag. 28-29

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista