La polemica circa la violenza del film di Mel Gibosn è stata molto vivace. Ma quasi nessuno condanna più la pornografia, che è sempre dannosa e scatena violenza. Mentre la rappresentazione della violenza in certi casi può essere positiva.
Su Apocalypto, il recente film di Mel Gibson, si è scritto e si è detto molto. Il film ha certamente dei difetti, ma anche diversi meriti (e per una raccolta di articoli interessanti si può consultare il sito indicato in bibliografia).
Alcune scene del film sono effettivamente molto violente, ma molti critici della violenza del film di Gibson dovrebbero a maggior ragione indignarsi e prodigarsi contro il dilagare della pornografia, mentre invece non capita quasi mai di sentire levate di scudi su questo tema. Insomma, sarebbe opportuno lo stesso zelo censorio nei riguardi dei vari film, spettacoli e manifesti osceni con cui veniamo quotidianamente bombardati. Le associazioni degli educatori e dei genitori protestano, ma la loro voce resta quasi totalmente inascoltata dagli intellettuali e dai politici.
In effetti, la pornografia è sempre dannosa, mentre la violenza non lo è sempre. Per quanto riguarda la rappresentazione della violenza molto dipende dal modo in cui viene mostrata: se viene resa attraente e mostrata con compiacimento morboso è sempre da condannare; ma se viene rappresentata come orrenda, allora può avere una valenza catartica, vale a dire può avere la funzione di incrementare la nostra comprensione della vita, di certe realtà, situazioni, contesti, e quindi può farci insorgere contro la violenza stessa e farci impegnare per la sua diminuzione. Per esempio, se scopro la mostruosità della guerra, cercherò di scongiurarla e se vedo quanto è violento l’agire dei tossici dipendenti dalla droga capisco che quest’ultima è devastante. O, per stare al film di Gibson, la rappresentazione della violenza della civiltà Maya aiuta a sfatare il mito del “buon selvaggio”, cioè una visione edulcorata, talvolta paradisiaca, delle civiltà precristiane, che erano invece costellate da violenza e ferocia inaudita e da innumerevoli sacrifici umani (gli Aztechi, per esempio, sacrificavano in modo crudele ogni anno ventimila persone, tra uomini, donne e bambini): in tal modo Gibson ha favorito la comprensione della inaudita ed ineguagliabile novità del cristianesimo, il quale ha abolito i sacrifici umani e condannato ogni tipo di violenza.
Invece, con la pornografia la situazione è diversa, perché la messa in scena dell’oscenità è sempre negativa e nociva. Essa stimola impulsi violenti e perversi, perché non è certo foriera di un atteggiamento di rispetto verso l’altro, bensì di una sua mercificazione, di una sua riduzione a cosa, a strumento del mio godimento, a cosa da dominare e possedere. Insomma, tutto il contrario dell’amore, che tratta pariteticamente l’altro, che cerca il suo bene, che rispetta la sua dignità di persona. Di questi tempi si legge spesso di studenti che scattano fotografie e riprendono filmati delle proprie nudità e della proprie prestazioni sessuali, che le inseriscono su internet, le inviano agli amici o le vendono, che hanno rapporti sessuali in classe, che picchiamo i disabili o violentano, ecc. Di che cosa ci si stupisce? Ci sono varie cause di questi fenomeni, ma certamente una delle principali è la straripante pornografia.
Invece di presentarla con lustrini e fiocchetti, con confezioni patinate, invece di minimizzarne l’impatto, o addirittura di giustificarla e celebrarla, bisognerebbe denunciarne gli effetti perversi. Esagerazioni moralistiche cattoliche?
Anche Freud, che non era certo cattolico, diceva che quando la pulsione sessuale, la libido, governa un soggetto, lo dirige incessantemente alla ricerca del piacere. Solo che il soggetto non sempre riesce a raggiungere i suoi obbiettivi e talvolta incontra degli ostacoli alla propria ricerca. In questo caso la libido diventa violenta: la libido o Eros diventa Thanatos, cioè impulso di morte e di aggressività, che si esprime nell’odio e nella distruzione (se, per Freud, la libido spadroneggia sempre in ogni uomo, oppure no, è una questione controversa tra i suoi interpreti e qui non ci interessa).
In sostanza, secondo Freud, sono due i principi che regolano l’esercizio della libido nell’uomo sensuale: il principio di piacere, che prescrive la ricerca del godimento e della soddisfazione e seguendo questo principio la libido tende a trovare un soddisfacimento immediato e totale; il principio di realtà, che prescrive di temperare e di raffrenare – o perlomeno posticipare – la propria ricerca di soddisfazione libidica quando questa comporta per il soggetto degli esiti svantaggiosi, quando cioè per soddisfare la nostra pulsione libidica rischiamo di entrare in conflitto. Dobbiamo quindi fare i conti con la realtà, perché la pulsione libidica, se completamente assecondata, può generare conflitti e farci precipitare in guerre.
L’uomo sensuale non è minimamente l’animale sociale (di cui parlava Aristotele), non è un essere relazionale; al contrario, è un essere conflittuale e belligerante. Secondo Freud, caratterizzato da «crudele aggressività», l’uomo sensuale è «una bestia selvaggia, alla quale il rispetto della propria specie è estraneo». Egli, di conseguenza, suddivide la società in due gruppi: da una parte quelli che possono soddisfare la sua libido e che di conseguenza sono utili e vantaggiosi; dall’altra quelli che costituiscono un ostacolo al godimento e che dunque gli sono ostili, e quello di chi lo lascia indifferente.
L’uomo sensuale fa parte della società – dice Freud – pur non essendo minimamente sociale, perché la cooperazione può essere vantaggiosa, le relazioni intersoggettive possono essergli utili: dunque organizza la propria condotta verso i suoi simili improntandola al più puro pragmatismo. Così la libido cancella i comportamenti altruistici, generosi o spontanei, cioè l’amore o l’amicizia come dedizione, dono di sé e promozione dell’altro in quanto altro, e le sue espressioni di apparente altruismo nascondono sempre delle motivazioni autointeressate, dei calcoli utilitaristici, dei fini reconditi.
Insomma, chi condanna la violenza farebbe bene e con maggior forza a deplorare la pornografia, la quale:
1) conduce chi la consuma a trattare l’altro come una cosa, in modo utilitaristico;
2) a lungo andare può facilmente (per fortuna non sempre) condurlo ad atteggiamenti aggressivi e violenti. Non c’è da stupirsi che uno scrittore di testi osceni come de Sade abbia giustificato persino l’omicidio.
Ricorda
«Mentre tutta una tradizione vitalistica presenta mistificatoriamente l’eccesso sessuale come esuberanza della vita, de Sade collega lucidamente sregolatezza sessuale, omicidio e morte. In de Sade, come nell’Al di là del principio del piacere di Freud, “la combinazione con Eros si pone come condizione per la presentazione di Thanatos”».
(Massimo Introvigne, Le origini della rivoluzione sessuale nella prospettiva della IV rivoluzione, cfr. bibliografia).
Augusto Del Noce. L’erotismo alla conquista della società, in AA.VV., Via libera
alla pornografia?, Vallecchi, 1971, pp. 3-40.
Idem,Alle radici della crisi, in AA. VV., La crisi della società permissiva, Ares, 1972, pp. 110-142.
Massimo Introvigne. Metafisica dell’amore e Rivoluzione sessuale, in Cristianità, n. 71, marzo 1981.
Idem, Socialismo e rivoluzione sessuale
http://www.geocities.com/CapitolHill/Lobby/2843/Socialismosessuale.html Idem, Le origini della rivoluzione sessuale nella prospettiva della IV rivoluzione ,
www.rassegnastampa.totu-stuus.it/modules.php?ame=News&file=article&sid=1028, Paul Ricoeur, La meraviglia, la devozione, l’enigma, in AA. VV., Problematica della sessualità, Borla, 1966, pp. 9-22.
Giacomo Samek Lodovici, Etica sessuale, in Il Timone, n. 54 (2006), pp. 3233
e n. 55 (2006), pp. 32-33
www.cinemainfamiglia.net/?Riflessioni_sul_cinema:Apocalypto
IL TIMONE – N.61 – ANNO IX – Marzo 2007 pag. 32-33