La rivoluzione puritana inglese del ‘600 fu il primo successo di sovversione gnostica del mondo e il paradigma delle rivoluzioni successive, cioè la chiave per comprenderle.
Una lunga tradizione storiografica ci ha ormai abituato a pensare la guerra civile inglese del '600, meglio conosciuta come rivoluzione puritana, come il grande momento di avvio di un processo di modernizzazione del mondo politico destinato a coinvolgere tutta l'Europa. Questa lettura ottimistica e luminosa del più importante evento della storia inglese moderna è però del tutto fuori luogo, ed è possibile viceversa proporne una molto più attenta ad una serie di aspetti chiaroscurali normalmente non evidenziati.
La storia inglese cinquecentesca ruota sul piano religioso, come noto, sullo scisma dalla Chiesa Cattolica provocato dall'approvazione dell'Atto di Supremazia di Enrico VIII del 1534, un atto più politico che religioso nelle motivazioni, in quanto mirato a permettere al re di ripudiare la moglie, Caterina d'Aragona, nipote dell'imperatore Carlo V, ed a consentirgli di avere un erede maschio da Anna Bolena. La Chiesa di stato anglicana, che aveva nel re il suo capo supremo, dall'iniziale mantenimento di aspetti, quantomeno esteriori, del tutto simili a quelli della Chiesa romana, attraverso successive riforme (e in modo particolare la riforma liturgica del 1549, che provocherà una rapida e profonda «protestantizzazione» del popolo inglese, che fino a quel momento aveva continuato a «sentirsi» in qualche modo cattolico, in virtù del mantenimento della liturgia di sempre) scivola lentamente verso forme di religiosità di stampo sempre più chiaramente luterano-calviniste, anche se disciplinate all'interno dalla moderatezza di fondo dell'anglicanesimo episcopaliano. È interessante notare, a proposito delle problematiche religiose, che la storiografia inglese protestante ha creato la «leggenda nera» del regno di Maria I (1553-1558) detta «la Cattolica» o, più spesso, «la Sanguinaria», perché cercò di riportare l'Inghilterra al cattolicesimo perseguitando gli eretici (si ebbero circa 300 roghi in tutto durante il suo regno); naturalmente, come tutte le leggende nere anticattoliche, anche questa serve a nascondere e a far dimenticare ben altri misfatti, e nel caso specifico il numero impressionante di 70.000 cattolici sterminati dalle persecuzioni durante il regno di Elisabetta I (1558-1603), soprattutto a partire dal 1570, anno della sua scomunica.
Dopo il regno di Elisabetta, con l'avvento della dinastia Stuart, si ha un deciso aumento della presenza di calvinisti in Inghilterra, sia ispirantisi al modello presbiteriano scozzese di Knox (dove gli anziani o gruppi di notabili guidano e controllano la comunità locale, come nel caso del Concistoro ginevrino); sia congregazionalisti o non-conformisti (sono le sette dove i gruppi e le comunità si auto organizzano senza alcun tipo di gerarchia istituzionalizzata). I calvinisti inglesi assumono il nome di puritani, in virtù della loro richiesta fondamentale, dello scopo che loro stessi si attribuiscono: purificare la chiesa anglicana dai residui papisti, da tutti gli aspetti, in particolare, che potevano ricordare in qualche modo la messa cattolica. La critica dei puritani si rivolge però ben presto anche alla struttura episcopale e gerarchica della chiesa d'Inghilterra, mettendo in tal modo in crisi tutta la struttura del potere civile e religioso inglese.
Quando nel 1642 scoppia la Rivoluzione inglese, per un intreccio di motivi religiosi, fiscali e politici che hanno alloro centro lo scontro fra le pretese modernizzatrici in senso assolutista di Carlo I (1625-1649) e le rivendicazioni «feudali» dei propri diritti da parte del Parlamento, i puritani sono la guida e l'anima delle forze parlamentari.
Per i nostri scopi assume un'importanza particolare, a questo punto, capire chi sono i puritani stessi e quale struttura spirituale ed ideologica li guidi. Infatti la Rivoluzione puritana è la prima delle grandi rivoluzioni dell'età moderna (Americana, Francese, Russa) e capirla significa impadronirsi degli elementi geneticamente originari anche delle altre. Nell'interpretazione della Rivoluzione inglese sviluppata da Eric Voegelin nel suo testo La nuova scienza politica si possono trovare a tal proposito indicazioni molto interessanti: il grande filosofo del diritto legge infatti questo evento come il primo successo significativo della gnosi nel moderno; per la prima volta alcuni attivisti gnostici (tali sono infatti, nella sua lettura, i puritani) sovvertono l'ordine costituito e prendono il potere. E la visione gnostica della storia e della società, che durante tutto il Medioevo era rimasta ai margini del corpo sociale, in ristretti gruppi ereticali, trionfa pienamente, potendo dispiegare tutta la sua carica distruttiva e nichilista. La parola «gnosi» in questo contesto indica il rifiuto della realtà storica e sociale e la fuga in un mondo di sogno basato su progetti utopistici di redenzione dal male e di trasformazione radicale della società. Questo utopismo consiste, in altre parole, nell'idea di raggiungere la salvezza dell'uomo nella storia, attraverso la lotta politica e l'imposizione a tutti della conoscenza («gnosi») o ideologia che conduce a questa nuova «salvezza» intramondana e anticristica. Questa concezione puritana della politica e della storia è dimostrato come sia legata, in ultima istanza, alla tradizione di pensiero aperta da Gioacchino da Fiore (1130-1202).
Un acutissimo osservatore cattolico del movimento puritano citato da Voegelin, Hooker, nella sua opera Ecclesiastical Polity, ci ha lasciato una straordinaria descrizione di prima mano della fanatica ideologia messa in opera dai rivoluzionari, vero modello di ogni successiva aggressione gnostica alla realtà: a) in primo luogo si ha la presenza di una causa da far avanzare e il leader denuncia i mali sociali e le colpe del ceto al governo con veemenza; la frequente ripetizione delle accuse rafforza l'idea che chi protesta sia moralmente integro; b) il popolo viene aizzato contro il governo e si prospetta nello stesso tempo una nuova forma di governo come soluzione a tutti i mali; c) il linguaggio viene manipolato per spingere gli ascoltatori ad associare passi della Bibbia alla nuova dottrina politica; d) i più creduli vengono convinti di essere degli «eletti» che comprendono ciò che ai più rimane oscuro o celato; i «santi» (o «godded mano», uomo deificato: così si autodefiniscono i puritani) ritengono del resto di avere un covenant (patto) esclusivo e personale con Dio che ha predestinato loro soli alla salvezza: da questa elezione particolare trae forza il loro slancio sovversivo; e) si coinvolgono come apostoli e propagandiste efficientissime le donne; f) chiusura a ogni verifica razionale e argomentata della propria posizione e a ogni dialogo; assoluta autoreferenzialità settaria fondata sull'adozione di uno o più testi di riferimento come vero e proprio «Corano» ideologico (ad esempio i sermoni del proprio predicatore, un libello o i testi di Calvi no, etc.); conseguente interdizione di ogni strumento di critica alla dottrina gnostica ed eliminazione di chi ha una visione antagonista; g) convinzione nichilista che la propria visione vada imposta a tutti anche con la forza e anche se ciò implicasse di scardinare dalle fondamenta il mondo reale e presente; h) continua prospettazione utopistica di un futuro mondo di pace e di perfezione messianica implicante però un mutamento antropologico radicale per essere raggiunto.
Penso non vi sia chi non veda come siamo di fronte agli elementi di base di tutte le rivoluzioni moderne successive, già qui ritratti e identificati perfettamente da Hooker.
L'esito della rivoluzione gnostico-puritana è prima la Repubblica (Commonwealth) fondata sul primo regicidio rivoluzionario moderno (decapitazione di Carlo I nel gennaio 1649), e successivamente il Protettorato, di fatto una dittatura militare di Cromwell che impone il fanatico regime teocratico dei maggiori-generali a tutta l'Inghilterra, con un controllo moralizzatore dei cittadini ossessivo e occhiuto simile al modello della Ginevra calvinista, con una totale ridivinizzazione della sfera politica e l'elaborazione di una theologia civilis fondamentale per la rappresentazione successiva del proprio ruolo «imperiale» da parte dell'Inghilterra, che inizia a pensarsi come «britisch Israel». Gli esiti ultimi della Rivoluzione, ovvero del definitivo smarrimento delle proprie radici cattoliche e romane, saranno innanzitutto le stragi e le aberranti vessazioni dei cattolici irlandesi continuate per secoli; a partire dal Test Act (1673) l'esclusione dei cattolici dai diritti politici per più di due secoli (nella patria presunta della democrazia moderna!); la tragedia del commercio degli schiavi gestito da Bristol e da Liverpool; i genocidi (che non hanno musei dell'olocausto o «leggende nere» a ricordarceli) degli indiani d'America e del resto dell'impero coloniale (40 milioni di morti in India a causa delle carestie provocate dalle riforme fiscali e amministrative degli inglesi, che distruggono l'agricoltura di villaggio); infine un paese, l'Inghilterra, a torto idealizzato da Voltaire e dagli illuministi in genere, dove fino al 1908 l'incesto non fu considerato reato (al padre bastava affermare che la figlia non si era difesa energicamente) e dove ancora nel 1856 il Prison-Act incoraggia l'uso del gatto a nove code contro i detenuti.
RICORDA
«A smentire l'abituale tendenza a considerare il puritanesimo come un movimento cristiano sta il fatto che non c'è nessun passo del Nuovo Testamento che incoraggi il ricorso all'azione politica rivoluzionaria; e neppure l'Apocalisse di san Giovanni, benché arda dell'attesa escatologica del regno che libererà i santi dall'oppressione di questo mondo, affida ad un esercito puritano la realizzazione di questo regno».
(Eric Voegelin, La nuova scienza politica, Boria 1999 [1952], pp. 220-221).
Bibliografia
Eric VoegeIin, La nuova scienza poIitica, Boria 1999 (1952).
M. Revelli, (a cura di), Putney. Alle radici della democrazia moderna, Baldini e Castoldi 1997.
Ugo Bonante (a cura di), I puritani. I soldati della Bibbia, Einaudi 1975.
IL TIMONE – N.39 – ANNO VII – Gennaio 2005 pag. 22 – 23 – 24