Può una guerra essere moralmente giusta? E a quali condizioni? Ecco le risposte del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Qual è la dottrina cattolica sul pacifismo? È vero, come sostengono i pacifisti, e talvolta anche dei sacerdoti, che nessuna guerra è mai ammissibile, per nessun motivo? Diciamolo subito: non ci si può mai rallegrare quando le relazioni tra gli uomini sfociano nella guerra. Tuttavia, la dottrina cattolica, codifica nel Catechismo, sulla scorta di grandi filosofi cristiani, come S. Agostino e S.Tommaso, ha delineato i requisiti per individuare una guerra giusta, che è moralmente giusto combattere. Precisiamo che questi requisiti sono astratti, cioè debbono essere riscontrati in concreto, caso per caso, in ogni guerra. Supponiamo per es. che io voglia comprare una casa e che i requisiti che essa deve soddisfare siano il costo abbordabile, una metratura media, la vicinanza alla metropolitana, la tranquillità della zona, ecc.
Ebbene, questi requisiti sono astratti e debbono essere riscontrati in concreto, caso per caso, quando valuto le case che io vado a vedere prima di procedere all’acquisto. In questo senso la dottrina della guerra giusta delinea dei requisiti, delle caratteristiche astratte, e ogni volta che scoppia una guerra è necessario verificare in concreto: a) se queste caratteristiche sono soddisfatte oppure no; b) se sono soddisfatte simultaneamente.
Rimandando alla bibliografia per approfondimenti filosofici, ci limitiamo a riportare questi requisiti dal Catechismo, commentandoli brevemente. Il lettore potrà applicarli alla situazione attuale, se ritiene di disporre delle informazioni necessarie sui fatti avvenuti in questi mesi.
Una guerra è giusta a patto che:
1. sia combattuta per legittima difesa, con una difesa proporzionata, infatti “L’amore verso se tessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio iritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto infliggere al suo aggressore un colpo mortale” (Catechismo n. 2264). Anzi, di più: “La legittima ifesa può essere non soltanto un diritto, ma un grave dovere, per chi è responsabile della vita di ltri, del bene comune della famiglia o della comunità civile” (2265).
Perciò, un governante ha il dovere morale di intervenire se è in pericolo la vita del suo popolo: una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai overni il diritto di una legittima difesa” (2308). Ad es., quando Hitler invade la Polonia è giusto e overoso che la Polonia combatta la guerra contro Hitler. Perciò, “Coloro che si dedicano al ervizio della patria nella vita militare sono servitori della pace e della libertà dei popoli. Se ettamente adempiono al loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al antenimento della pace” (2310).
Peraltro, la pace “non è la semplice assenza di guerra [.. .], la pace non si può ottenere sulla terra enza la tutela dei beni e delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto ella dignità delle persone e dei popoli”, essa “è frutto della giustizia” (2304). Al contrario, la pace mposta da una dittatura è una pace che è frutto dell’ingiustizia, che restringe le più fondamentali ibertà offendendo la dignità umana. E, siccome “la solidarietà internazionale è un’esigenza di rdine morale” (1941), a certe condizioni può essere lecito un intervento di liberazione di un popolo oppresso, anche perché per resistere ad un potere oppressivo si può in certi casi ricorrere alle armi (2243).
2. “il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave certo”, cioè il danno deve essere consistente ed essere accertato con sicurezza.
3. “tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci”, cioè se sono state ercate soluzioni alternative senza risparmiare nessuno sforzo ragionevole.
4. “ci siano fondate condizioni di successo”, vale a dire se si prevede che la guerra sarà efficace che riuscirà in qualche misura a ostacolare il nemico.
5. “Il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella alutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di istruzione”, cioè se le conseguenze prodotte dall’uso delle armi (e tanto più di armi potenti come uelle attuali) non sono peggiori dell’ingiustizia che si vuole eliminare.
6. vengano rispettati i principi morali fondamentali, in quanto “né per il fatto che una guerra è […] isgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto”, il che vuoi ire che ci sono alcuni principi morali di etica della guerra come “rispettare e trattare con umanità non combattenti”, cioè non colpire direttamente i civili, rispettare “i soldati feriti e i prigionieri”, le tregue e gli armistizi, ecc. (2309). Quando si colpisce un obiettivo militare purtroppo è spesso inevitabile che anche dei civili restino coinvolti, però è moralmente tassativo che l’uccisione dei civili non sia mai ricercata direttamente, bensì (cfr. il cosiddetto “principio del duplice effetto” a cui allude il 2263) consegua come sgradita e tragica conseguenza collaterale per aver colpito obiettivi militari (come quando prendiamo una medicina che ha effetti collaterali, anche pesantissimi, non vogliamo gli effetti collaterali, bensì colpire una patologia del nostro corpo).
Ribadendo che queste condizioni debbono verificarsi tutte, il Catechismo aggiunge che “la valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune”, cioè ai governanti (2309), che rispondono davanti a Dio delle loro scelte. È ovvio che un Papa può autorevolmente pronunciarsi sulla legittimità di una guerra, però non si dimentichi che in questa valutazione non è impegnata la sua infallibilità. È vero, come sostengono alcuni, che Giovanni Paolo Il ha sconfessato la teoria della guerra giusta? No, perché, pur avendo pronunciato la sua autorevole condanna del conflitto in Iraq (con una valutazione in cui, lo ribadiamo, non è impegnata la sua infallibilità), ha ribadito che “l’uso della forza rappresenta l’ultimo ricorso, dopo aver esaurito ogni altra soluzione pacifica”, “che non è possibile la pace ad ogni costo” (Angelus del 163-2003) e che” la guerra come strumento di risoluzione delle contese fra gli Stati è stata ripudiata […], fatta salva la liceità della difesa contro un aggressore” (Discorso ai cappellani militari del 24-32003).
RICORDA
“La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa”.
(Concilio Vaticano Il, Gaudium et spes, n. 79).
BIBLIOGRAFIA
Catechismo della Chiesa Cattolica.
Per un approfondimento filosofico:
S. Agostino, Epistula 138.
Idem, Contra Faustum, cap. 75.
Idem, De civitate Dei, cap. 19, 13.
S. Tommaso d’Aquino, Somma teologica, Il-Il, q. 49 e q. 64, a. 7, ad 2.
E. Anscombe, War and murder, in W. Stein (ed.), Nuclear Weapons and Christian Conscience, Merlin Press, London 1961.
J. Finnis, J. Boyle, G. Grisez, Nuclear deterrence, Morality and realism, Oxford University Press, Oxford 1987.
J. Finnis, Intention and side-effects, in R. Frey, C. Morris, Liability and responsability, Cambridge University Press, Cambridge 1991, pp. 32-64.
M. Ricciardi, L’autodifesa in Tommaso d’Aquino, in “Divus Thomas” 2 (2001), pp. 63-89.
IL TIMONE N. 25 – ANNO V – Maggio/Giugno 2003 – pag. 48 – 49