Nuovi documenti dell’Archivio Segreto Vaticano dimostrano l’attenzione del futuro Pio XII verso gli ebrei, la tempestività dei suoi interventi in loro favore e l’avversione del prelato verso Adolf Hitler.
Per esplicito volere di Giovanni Paolo II, dallo scorso febbraio storici e studiosi hanno la possibilità di consultare i documenti del!’ Archivio Segreto Vaticano relativi ai rapporti fra la Santa Sede e la Germania tra il 1922 e il 1939, cioè durante il pontificato di Pio XI. La decisione di anticipare di qualche anno la disponibilità dei documenti è stata presa da Papa Wojtyla per venire incontro alle tante richieste seguite alle ben note polemiche sulla figura di Eugenio Pacelli. Tre giorni dopo l’apertura dell’ Archivio, ha fatto scalpore la pubblicazione, avvenuta prima in Germania e poi su un quotidiano italiano, della lettera con la quale il12 aprile 1933 l’ebrea Edith Stein, futura suora carmelitana che morirà in campo di concentramento nel 1942, chiedeva a Pio XI di intervenire in favore degli israeliti denunciando la pericolosità dei nazisti. Si è detto e scritto che quella lettera rimase senza risposta, ma questo è falso.
Nuovi documenti contenuti nelle buste dell’ Archivio Segreto provano che la Santa Sede, e specialmente il cardinale Eugenio Pacelli, si mossero per aiutare gli ebrei. E lo fecero persino prima che la comunicazione di Edith Stein arrivasse in Vaticano. Lo prova, ad esempio la comunicazione numero 915/33 datata 4 aprile 1933, scritta dal cardinale Pacelli appena settantadue ore dopo la “giornata del boicottaggio” contro i negozi e le attività ebraiche in Germania, che precede di qualche giorno l’emanazione delle leggi razziali che bandivano gli ebrei tedeschi dai pubblici uffici e dalle professioni. Si tratta di un dispaccio del Segretario di Stato indirizzato al nunzio apostolico di Berlino, Cesare Orsenigo: “Alte notabilità israelite si sono rivolte al Santo Padre per invocare un intervento contro il pericolo di eccessi antisemitici in Germania. E poiché è nelle tradizioni della Santa Sede svolgere la sua universale missione di pace e di carità verso tutti gli uomini, a qualsiasi condizione sociale o religione appartengano, interponendo anche, ove sia necessario, i suoi caritatevoli uffici, il Santo Padre incarica l’Eccellenza Vostra Rev.ma di vedere se e come sia possibile interessarsi nel senso desiderato”. Questa nota, firmata dall’uomo che qualche anno dopo sarebbe diventato Pio XII, sta a significare che la Santa Sede era bene informata su quelli che allora venivano definiti” eccessi antisemitici” nazisti, in un momento in cui l’antisemitismo è vivo, oltre che in Germania, anche in altri Paesi d’Europa, quali la Francia, l’Italia, la Gran Bretagna e l’Austria.
Dopo la sua ascesa al potere, il 10 aprile 1933 Adolf Hitler inizia la sua persecuzione sistematica degli ebrei, ma gli altri Paesi continuano a firmare trattati con la Germania nazista. La decisione del Vaticano di intervenire in favore degli israeliti ha dunque un valore maggiore di quello che possiamo attribuirgli oggi.
Ma a rendere ridicola l’accusa di “filonazismo” rivolta oggi da certa pubblicistica contro Eugenio Pacelli sono anche altre carte che emergono dall’Archivio Segreto. Le ha studiate il professor Matteo Luigi Napolitano e dimostrano in che modo il futuro Pio XII correggesse i discorsi che il nunzio apostolico a Berlino doveva pronunciare alla presenza di Hitler. Dalle bozze che monsignor Cesare Orsenigo – un sacerdote lombardo amico di Papa Ratti che non aveva mai frequentato l’Accademia dei Nobili ecclesiastici e non aveva dunque un curriculum da diplomatico – inviava a Roma per l’approvazione, Pacelli con l’autorità di Pio XI cassava tutte le frasi che potevano apparire accondiscendenti verso il Fuhrer. Il 25 novembre 1933, ad esempio, Orsenigo invia in Vaticano la bozza di discorso (catalogata come posizione 604, p.o, fascicolo 113) che avrebbe pronunciato il gennaio successivo davanti al presidente del Reich, von Hindenburg e al nuovo cancelliere, Adolf Hitler, che aveva ricevuto dal Parlamento poteri speciali. “I nostri cuori – si legge in un passaggio – sempre pronti, in virtù della nostra stessa missione diplomatica, a servire la causa della pace, si sono particolarmente rallegrati, quando gli uomini, ai quali Vostra Eccellenza ha confidato i destini di questo Paese, hanno solennemente dichiarato di essere disposti a regolare le eventuali divergenze fra la Germania e le altre nazioni, tenendosi sul pacifico cammino di una intesa amichevole”. Un accenno dedicato proprio a Hitler. Il cardinale Pacelli risponde il 10 dicembre 1933, cassando l’intero paragrafo e suggerendo, a nome del Papa “che gli elogi contenuti nel discorso” devono “essere indubbiamente temperati, in considerazione delle gravi difficoltà alle quali la Chiesa è esposta ora in Germania”. Nella bozza di discorso per il Capodanno 1936, Orsenigo definisce Hitler “Duce del popolo tedesco” e aggiunge: “Noi facciamo voti che il tenace programma di ostra Eccellenza per diminuire sempre più il numero di coloro che, a causa della grave crisi che ncora incombe sull’umanità, sono costretti a rimanere involontariamente inerti, si realizzi ampiamente, otalmente!”.
Nella risposta, che Pacelli invia al nunzio utilizzando un codice cifrato, si ordina di “annullare” le parole “Duce del popolo tedesco” e di “sopprimere” l’intero periodo elogiativo dell’attività del Fuhrer. Nella bozza di discorso per il Capodanno 1937, Orsenigo aveva inserito un accenno alle Olimpiadi che si erano svolte a Berlino nell’agosto 1936 scrivendo: “Memorando spettacolo – ahi! Troppo fugace – di una pacifica intesa mondiale”. Ma Pacelli lo fa cancellare. Il ’37 è l’anno della pubblicazione dell’enciclica Mit brennender Sorge, che contiene un duro attacco contro il regime nazista.
Pochi giorni dopo, il 21 aprile, è il compleanno di Hitler, che invita a un ricevimento l’intero Corpo diplomatico. Il nunzio chiede se deve intervenire. “Il S. Padre – si legge nel commento manoscritto di Pacelli a margine del dispaccio – pensa di no. Anche per l’attitudine di questa Ambasciata”.
Sono soltanto alcuni degli esempi. Che testimoniano come il futuro Pio XII non fosse assolutamente accondiscendente con il cancelliere del Terzo Reich, che anzi considerava un vero e proprio indemoniato.
RICORDA
“Subito dopo la morte di Achille Ratti (Papa PIO XXII, ndr), la stampa tedesca aveva imbastito una campagna per evitare l’elezione di Pacelli, il quale, evidentemente, non doveva essere considerato così “amico”dai maggiorenti del Reich. Il giornale nazista “Das Reich”, pochi giorni prima del conclave, scriveva: “Pio XI era un mezzo ebreo, poicè sua madre era una giudea olandese, ma il cardinale Pacelli è interamente ebreo”. Il 3 marzo 1939 il “Berliner Morgenpost” fa osservare che “l’elezione di Pacelli non è accolta favorevolmente in Germania, perché egli è sempre stato ostile al nazionalsocialismo” (…).
L’organo ufficiale delle SS, “Das Schwarze Korps” è meno diplomatico: “Il nunzio e cardinale Pacelli ci ha dimostrato scarsa comprensione, ed è la ragione per la quale noi gli accordiamo poca fiducia; Pio XII non seguirà certamente una strada diversa”.
(Andrea Tornelli, Pio XII il Papa degli Ebrei, Piemme, Casale Mon.to 2001, pp. 136-137).
BIBLIOGRAFIA
Andrea Tomielli, Pio XII il Papa degli Ebrei, Piemme, Casale Mon.to 2001.
Matteo Luigi Napolitano, Pio XII tra guerra e pace, Città Nuova, Roma 2002.
Margherita Marchione, Il silenzio di Pio XII, Sperling & Kupfer, Milano 2002.
IL TIMONE N. 25 – ANNO V – Maggio/Giugno 2003 – pag. 12 – 13