Un giorno un signore andò dal parroco e gli disse: “Non sono convinto di voler battezzare mio figlio; non sarebbe meglio chiedere il suo parere quando sarà grande?”. Il parroco rispose: “Ha chiesto il suo parere prima di dargli la vita del corpo?” “No”. “E perché teme dì dargli quella dello spirito?”
Gesù fu assai esigente per quanto riguarda il Battesimo: “In verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5). Fu Gesù stesso a chiedere che fossero battezzate “tutte le nazioni” (Mt28,19). E nel Catechismo leggiamo il perché: “Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio” (CCC 1213), laddove il termine “rigenerati” significa “generati di nuovo”. Si diventa “figli nel Figlio”. Chi è battezzato “rinasce dall’alto” (Gv 3,3), da legno secco diventa legno vivo, innestato nella vite di Cristo che gli infonde la linfa soprannaturale. Il Santo Battesimo modifica l’origine dell’uomo, lo rende originato da Dio. La filosofia si chiede da dove veniamo, la Fede risponde alla domanda modificando la provenienza di chi se la pone. Trasforma la natura dell’essere umano, lo divinizza, ne muta in sostanza la connotazione ontologica.. E questo avviene così profondamente che l’io non se ne accorge, perché tutto accade a livelli assai più profondi di quelli del pensiero. Anzi, rimangono nel battezzato le conseguenze temporali del peccato: le sofferenze, le malattie, la morte, o le fragilità inerenti alla vita come le debolezze del carattere, ed anche un’inclinazione al peccato che la Tradizione chiama concupiscenza (CCC 1264). Ma quest’ultima, lasciata per la prova, non può nuocere a quelli che non vi acconsentono o vi si oppongono. Il Santo Battesimo cancella la colpa derivata dal peccato originale e restituisce all’anima lo stato di grazia, simboleggiato dalla veste bianca consegnata al battezzato. Anticamente, il rito del Battesimo si svolgeva nella notte di Pasqua, affinché il catecumeno (in genere adulto) potesse far morire l’uomo vecchio immergendolo (baptizein in greco significa immergere) nella morte di Cristo: ci si seppelliva con Lui per poi risorgere con Lui.
I tre gradini a scendere di cui era provvisto il bordo della vasca battesimale indicavano i tre giorni della Passione; prima di farli il catecumeno si voltava un’ultima volta verso ovest e rinunciava a Satana sputando verso le tenebre (sacra sputatio); poi si girava (conversione) verso la luce dell’alba, e cioè verso oriente (da orior, sorgere/nascere, ove il Sole è simbolo del Cristo Risorto) e si immergeva integralmente nell’acqua con la sua veste bianca.
I battisteri erano di forma ottagonale, aricordo dell’ottavo giorno (il primo dopo la creazione) ma soprattutto in memoria della Risurrezione, compiutasi “il giorno dopo il sabato”, che per gli ebrei era il settimo giorno. Rialzatosi e “rivestitosi di luce”, professata col Credo la sua fede, il catecumeno era così diventato un “illuminato”. San Giustino amava chiamare tale lavacro illuminazione “perché coloro che ricevono questo insegnamento [catechetico] vengono illuminati nella mente” (Apologiae, 1,61,12), in quanto hanno ricevuto il Verbo, la “Luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9), che li ha resi “figli della luce”, “luce” essi stessi (Ef 5,8). Emerge qui il ruolo particolare dello Spirito Santo, di cui il battezzato diviene tabernacolo vivente.
L’unzione con il sacro crisma significa appunto il dono dello Spirito Santo, tanto che nelle chiese orientali l’unzione post-battesimale costituisce già il sacramento della Cresima, mentre nella liturgia romana questo crisma “annunzia” quella seconda unzione che verrà impartita dal Vescovo a conferma (Confermazione) della prima che viene così portata a compimento (CCC 1242). Questa partecipazione a Cristo (che è unto sacerdote, profeta e re) rende i cristiani Sue membra, “incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione”.
IL TIMONE N. 17 – ANNO IV – Gennaio/Febbraio 2002 – pag. 59