di Antonino D'Anna
su «Italia Oggi»
Posso dirlo? A me che Madre Teresa di Calcutta avesse un megaconto allo Ior, l'Istituto per le opere di religione, può solo fare piacere. Perché vuol dire che poteva aiutare migliaia di disperati, prima di tutto; e perché lo Ior stava facendo onore alla sua ragione sociale o mission se preferite: finanziare opere di religione.
«Nessuno si ricorderebbe oggi del buon Samaritano per quello che ha fatto: aveva anche dei soldi», disse Margaret Thatcher che era figlia di un pastore protestante e che s'insediò a Downing Street parafrasando la Preghiera Semplice di San Francesco. Non fa una piega: il Samaritano pagò l'albergo al tizio bastonato raccolto per strada. E non è che nella Palestina di allora i Samaritani fossero molto amati dal resto dei compatrioti. Anzi.
Insomma, il fatto che Madre Teresa avesse un sacco di soldi in banca vale un sano chissenefrega. La diretta interessata viveva in povertà coi suoi poveri; e i soldi le servivano come mezzo, non come fine. Perché se devi costruire un orfanotrofio in Africa servono soldi; per dare da mangiare ai bambini servono soldi; e così per pagare le bollette. Tanti soldi, se sei una congregazione diffusa in tutto il mondo come quella di Madre Teresa. Dove tenerli? Allo Ior in Vaticano che te li fa fruttare perché esiste per questo scopo, o in qualche banca più o meno discussa o fallita fuori dalle Mura Leonine?
E andiamo avanti. I Legionari di Cristo, discussa congregazione cattolica con fondatore pedofilo e commissariamento della Santa Sede alle spalle, mettevano i soldi in un paradiso fiscale. Ma, come nell'intervista a ItaliaOggi del 10 novembre ha spiegato il numero due dell'Ocse, il direttore del centro di politica e amministrazione fiscale Pascal Saint-Amans, il paradiso nasce da lacune normative. Di chi è la colpa? Dei Legionari? E chi paga il personale che lavora per loro?
E che dire dell'Opus Dei, per la quale il successo imprenditoriale e sul lavoro sono benedizioni divine? Che ha ragione: se un devoto di Sant'Escrivà guadagna soldi a palate (ci sono anche quelli che non ne guadagnano a palate, comunque) e ci paga le tasse sopra, può finanziare più opere di beneficenza di quante ne possa finanziare io. Se l'azienda rende bene può pagare meglio i dipendenti e migliorare la loro vita e quella delle loro famiglie. Si chiama bene comune, tema fondamentale della Dottrina Sociale della Chiesa. Già: anche i ricchi vanno in Paradiso, se coi loro soldi aiutano i poveri.
Scusate, ma le docce per i barboni messe in San Pietro con che cosa sono state pagate da Papa Francesco secondo voi? E sapete chi dà i soldi a Jorge Mario Bergoglio? Lo Ior, che fa fruttare i soldi che ha in deposito e gli passa fondi per la carità del Papa. E se gli impiegati vaticani ricevono uno stipendio, sapete chi glielo paga? l'Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Che gestisce il patrimonio immobiliare e i soldi che la Santa Sede ha facendoli fruttare. Aveva proprio ragione l'arcivescovo Paul Marcinkus: «You can't run the Church on Hail Marys», non puoi mandare avanti la Chiesa a forza di Ave Maria. Perché anche i poveri hanno la bocca: e devono mangiare. Strano ma vero.