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1527 Sacco di Roma. Le Guardie svizzere contro i lanzichenecchi che inneggiavano a Lutero
NEWS 2 Novembre 2017    

1527 Sacco di Roma. Le Guardie svizzere contro i lanzichenecchi che inneggiavano a Lutero

Dal sito della Guardia Svizzera Pontificia

 

1527 Sacco di Roma

La mattina del 6 maggio 1527, dal suo quartiere generale nel convento di S. Onofrio sul Gianicolo, il capitano generale Borbone diede il via agli assalti. In uno di questi, alla Porta del Torrione, mentre dava la scalata alle mura, egli stesso fu colpito a morte. Dopo un momento di esitazione, però, i mercenari spagnoli sfondarono la Porta del Torrione, mentre i lanzichenecchi invadevano Borgo S. Spirito e S. Pietro. La Guardia Svizzera Pontificia, compatta ai piedi dell’obelisco che allora si trovava vicino al Campo Santo Teutonico, e le poche truppe romane resistettero disperatamente. Il comandante Kaspar Roist, ferito, sarà trucidato dagli spagnoli a casa sua sotto gli occhi della moglie Elisabeth Klingler, e dei 189 svizzeri se ne salvarono solo quarantadue, cioè quelli che all’ultimo momento, al comando di Hercules Goldli, avevano accompagnato Clemente VII nel suo rifugio di Castel Sant’Angelo.

Il resto cadde gloriosamente, massacrato, assieme a duecento fuggiaschi, sui gradini dell’altare maggiore di S. Pietro. La salvezza di Clemente VII e dei suoi uomini fu resa possibile dal «Passetto», un corridoio segreto costruito da Alessandro VI sul muro che collegava il Vaticano e Castel Sant’Angelo. L’orda selvaggia aveva premura per paura che le forze della Lega tagliassero la via della ritirata. Attraverso Ponte Sisto, lanzichenecchi e spagnoli si riversarono sulla città, e per otto giorni diedero libero sfogo a ogni sopruso, ruberia, sacrilegio e massacro; furono manomesse, perfino, le tombe dei Papi, compresa quella di Giulio II, per rubare quanto vi era dentro: forse dodicimila furono i morti e il bottino sui dieci milioni di ducati.

Non c’è da meravigliarsi di tutto questo, perchè l’esercito imperiale e, in particolare, i lanzichenecchi di Frundsberg erano animati da uno spirito di crociata antipapista. Davanti a Castel Sant’Angelo, sotto gli occhi del Papa, fu imbastita una parodia di processione religiosa, con la quale si chiedeva che Clemente cedesse a Lutero vele e remi della «Navicella» di Pietro. Allora la soldataglia gridò: «Vivat Lutherus pontifex.» Per sfregio, il nome di Lutero fu inciso con la punta d’una spada sull’affresco «La Disputa del Santissimo Sacramento» nelle Stanze di Raffaello, mentre un altro graffito inneggiava a Carlo V imperatore. Conciso e esatto il giudizio del priore dei canonici di S. Agostino emesso allora: «Mali fuere Germani, pejores itali, Hispani vero pessimi» – I tedeschi furono cattivi, peggiori gli italiani, pessimi gli spagnoli.

Oltre al danno irreparabile della distruzione di reliquie, praticamente con il Sacco di Roma è andato perduto anche un tesoro d’arte inestimabile, ossia la maggior parte dell’oreficeria artigiana di chiesa. Il 5 giugno Clemente VII si doveva arrendere e accettare pesanti condizioni: abbandono delle fortezze di Ostia, Civitavecchia e Civita Castellana, la cessione delle città di Modena, Parma e Piacenza e il pagamento di quattrocentomila ducati; inoltre, per avere liberi i prigionieri, se ne doveva pagare il riscatto. La guarnigione papale fu sostituita con quattro compagnie di tedeschi e spagnoli; alla soppressa Guardia Svizzera Pontificia, subentrarono duecento lanzichenecchi. Il Papa ottenne che gli svizzeri sopravvissuti fossero inclusi nella nuova Guardia, ma di essi solo dodici accettarono, tra cui Hans Gutenberg di Coira e Albert Rosin di Zurigo; gli altri non vollero avere niente a che fare con gli odiati lanzichenecchi.