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Pakistan, 16enne cristiano accusato di blasfemia. Imam: «Condannatelo o lo uccidiamo»
NEWS 21 Luglio 2017    

Pakistan, 16enne cristiano accusato di blasfemia. Imam: «Condannatelo o lo uccidiamo»

di Leone Grotti su Tempi

 

 

Un cristiano di 16 anni è stato accusato di blasfemia in Pakistan per presunti insulti nei confronti di Maometto e ora rischia la vita. Il giovane Shahzad, che lavora come spazzino nell’ospedale della città di Dinga, nel Punjab, è stato portato dagli agenti in un luogo sconosciuto per paura che la stazione di polizia venga assaltata dai musulmani inferociti.

LA DENUNCIA. A denunciare il 15 luglio il giovane cristiano per blasfemia è stato Nadeem Ahmed, proprietario musulmano di un negozio di articoli elettrici. L’uomo non ha visto né sentito nulla, ma ha sporto denuncia dopo che un amico l’ha informato che Shahzad avrebbe pronunciato parole blasfeme. Poiché i casi di blasfemia sono estremamente sensibili in Pakistan, il giorno stesso la polizia ha arrestato il giovane e quello successivo l’ha portato in una località sconosciuta.

CONVERSIONE FORZATA. Secondo l’accusa, durante una discussione a sfondo religioso con un musulmano di nome Ishtiaq Qadri, Shahzad avrebbe esternato commenti blasfemi, cosa che non aveva mai fatto in precedenza, a detta della famiglia. Secondo i familiari e gli amici di Shahzad, la discussione è avvenuta il 13 luglio, quando Qadri ha cercato di convertire a forza il giovane all’islam. L’uomo, che appartiene al gruppo estremista Tehreek-e-Tuhafaz, dopo la discussione ha trascinato a forza il ragazzo in una madrassa dove, in seguito a un pestaggio, Shahzad avrebbe confessato la blasfemia. Una folla di musulmani, tra i quali l’accusatore Nadeem Ahmed, è subito corsa alla polizia denunciando il giovane.

«CONDANNATELO O LO UCCIDIAMO». Dopo l’arresto un imam di Dinga, Gazi Saqib Shakeel, è stato intervistato in televisione e ha dichiarato: «La giustizia deve comminare a Shehzad la peggiore punizione possibile, così che in futuro nessuno osi commettere più blasfemia. Se il governo non lo punirà come si deve, noi di Tehreek-e-Tuhafaz abbiamo già giurato di ucciderlo con le nostre mani perché non possiamo sopportare che il Profeta venga insultato».
Il 17 luglio la famiglia di Shahzad, che vive insieme agli altri 150 cristiani in una colonia degradata di Dinga, che conta in tutto 80 mila abitanti, è dovuta scappare. Nonostante l’arresto del ragazzo, dagli altoparlanti di una moschea locale l’imam ha chiamati a raccolta i musulmani per uccidere Shahzad e la sua famiglia. Nel frattempo il fratello dell’indagato ha chiesto alla polizia dove abbia portato Shahzad, senza ottenere risposta.

LEGGE SULLA BLASFEMIA. In Pakistan l’accusa di blasfemia può essere punita anche con la pena di morte. Dal 1986 al 2010 sono state accusate 993 persone, in maggioranza musulmani. La legge è usata in modo strumentale, come nel caso di Nadeem, per vendette personali o per vantaggi economici. Non a caso, la stragrande maggioranza dei casi finisce con un nulla di fatto processuale. Ma la semplice accusa è sufficiente per innescare orde di musulmani pronti a punire il blasfemo. Nel 1997 centinaia di case di cristiani e quattro chiese sono state bruciate nel villaggio di Shanti Nagar, nel 2009 otto cristiani sono stati bruciati vivi, 40 case e una chiesa distrutte a Gojra, nel 2014 una coppia di cristiani è stata bruciata viva in un forno a Kot Radha Kishn da islamisti. Per non parlare del caso di Asia Bibi, in carcere dal 2009 per aver bevuto un bicchiere d'acqua.